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il 7 Giu 2012

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WSOP 2012 – L’altra faccia di Vegas

WSOP 2012 – L’altra faccia di Vegas

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Da noi la chiamano “crisi”, qua “depression”. Quando sono venuto a Las Vegas in occasione delle WSOP 2010, ricordo molta meno gente, meno attività nei casinò, alcuni dei quali addirittura non avevano tavoli da poker aperti la notte. A distanza di due anni, le cose sono cambiate.

Me lo conferma anche la tassista: “Sembra che ci stiamo riprendendo pian piano”. “E come va in Italia?”, mi chiede poi lei, “Sono venuta l’anno scorso, c’era della gente che protestava, non so per cosa…”. Per la crisi forse, che starà pur passando qua negli USA, ma dovremmo stabilire il significato della parola “crisi”, perché così tanti “homeless” in Italia non li ho mai visti.

Mentre mi dirigo a piedi verso il Rio, dove quest’anno si giocherà un torneo dal buy-in di 1.000.000$, non posso fare a meno di notare, in più occasioni e in più posti, persone senza un tetto che dormono ai cigli della strada, nelle aiuole, sotto le piante che danno un po’ d’ombra per combattere il sole e i 40°.

Alcuni si avvolgono dei pezzi di stoffa sul volto, perché si sa che al buio si dorme meglio. Non tutti gli homeless chiedono soldi, e loro sono fra questi. Quando passo in tarda mattina li vedo che dormono. A volte uno, a volte due, a volte in tre. A qualche metro di distanza l’uno dall’altro. Altre volte, invece, li ho trovati svegli, ma non chiedevano elemosina: stavano lì a chiacchierare, fra amici, ogni tanto ci scappava anche una risata.

Visibilmente provati dalla vita di strada, col volto sporco ma comunque sempre con la preoccupazione di preoccuparsi, assomigliano a degli zombie quando camminano, anche per via dei loro vestiti stracciati. Sembra abbiano trovato la loro normalità in una nuova vita che non ha un punto di riferimento se non il cemento, perché una volta steso al suolo non puoi cadere più.

Sulla strada del Rio, questa volta dal finestrino del bus che mi accompagna, scorgo invece un homeless col cartello: è un veterano del Vietnam, a quanto dice. Gli homeless solitamente chiedono qualcosa. Di solito soldi ma altre volte invece sui cartelli si legge “Anything helps”.

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Questa sera ho avuto occasione di girare a piedi Vegas, dove ad un certo punto puoi percorrere la strada passando all’interno dei casinò: molti di quelli che stanno sulla Strip sono collegati internamente tra loro, così invece di usare le strisce pedonali, si usa prendere le scale mobili collegate ad un tunnel che passa sopra la strada, e porta le persone da un Casinò all’altro. Ci sono addirittura le indicazioni dentro il casinò che indicano come raggiungere gli altri casinò.

Su questi ponti all’aperto dove la gente transita da un casinò all’altro, ci sono molti homeless, oltre ad artisti di strada e gente che cerca di darti bigliettini di night club o di prostitute a domicilio. Spesso i mendicanti sono giovani. Ne ricordo particolarmente due. Il primo era un ragazzo con la barba trascurata che sul cartello aveva scritto “Am I visible?”.

Mi ha dato l’impressione di essere uno di quelli rimasti senza lavoro da un giorno all’altro per colpa della crisi. Del secondo homeless invece ricordo il pancione: era una ragazza incinta agli ultimi mesi di gravidanza, il cartello recitava, fra le altre cose, “I’m hungry”. Leggeva un libro mentre stava seduta a terra con le spalle sul muro del ponte.

Qualche metro dopo, quasi arrivato al Tuscany, incrocio una donna senza una gamba che camminava con le stampelle e teneva un bicchiere per i soldi in mano.

E’ un volto di Vegas che non si vede nei film. Associamo questa città al gioco e al divertimento, ma c’è anche chi ha perso tutto, e non si può fare a meno di notarlo.

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