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Gambler o Amministratori? Alioscia Oliva: «Basta fare scelte EV+ sul lungo periodo»
Nel poker, come nella vita, le dicotomie spesso non sono indice di errori di una o dell’altra fazione. Vecchia scuola e nuova scuola, TAG e LAG; in fondo hanno ragione tutti e proprio per questo potremmo continuare ad argomentare all’infinito. Ci sono opinioni, stili, vocazioni che si contrastano e talvolta addirittura si contraddicono, ma quasi mai le cose si possono riassumere usando le tinte forti del bianco e del nero. Le cose stanno così anche quando si parla di gambler e giocatori ligi al bankroll?
IL CASO HANSEN-DEEB — L’esempio più lampante di questa dicotomia richiede un salto nel passato recente. Siamo alle World Series of Poker durante l’heads up del satellite per il Big One for One Drop, quel torneo da un milione di dollari che tanto ha fatto discutere gli appassionati di tutto il mondo. Al tavolo sono rimasti solo Shaun Deeb e Gus Hansen, praticamente pari stack. I due si alzano dal tavolo e fanno una chiacchierata e, una volta tornati al tavolo, terminano il testa a testa in due mani. Nella prima Shaun tribetta l’apertura di Hansen tenendosi dietro appena 5 mila chip. Gus chiama e dopo il flop mette l’avversario ai resti. Fold. La mano dopo è finita. Primo posto a ‘Crazy’ Hansen.
SCELTE DIVERSE, PERSONALITÀ DIVERSE — Shaun vince comunque un ticket da un milione ma, al contrario di Hansen che sarà direttamente iscritto al torneo, rimarrà in waiting list e molto difficilmente potrà giocare. Tradotto in soldoni: Deeb cerca in questo modo di convertire il premio in denaro pensando più al milione che già potrebbe avere in tasca piuttosto che agli oltre 18 che potrebbe vincere partecipando al Big One. Hansen al contrario vuole prendere parte all’evento rischiando il tutto per tutto. L’accordo tra i due rivela così due personalità radicalmente diverse: l’una più azzardata e attratta dalle grosse vincite, l’altra più amministratrice e attratta dalla crescita più lenta e a basso rischio. Chi ha ragione? Tastiamo il polso ai giocatori italiani.
ALIOSCIA OLIVA — «Credo che la decisione di Shaun sia molto saggia» spiega Alioscia Oliva, pro di Glaming Poker «Per come sono, credo che in quel frangente probabilmente avrei fatto la stessa cosa. Può comunque capitare di fare scelte EV- come ad esempio sfidare in heads up qualcuno molto forte; mi dirai che dal punto di vista del profit non ne vale la pena ma ci sono due cose da tenere in considerazione: primo, lo stimolo ad affrontare un giocatore molto forte (e quindi si guadagna in esperienza, un po’ come un investimento a lungo termine); e secondo, bisogna considerare che la scelta magari è EV- ma commercial EV+ e quindi ci permette di guadagnare in termini di ritorno di immagine.»
SPORT O BUSINESS? — Si è parlato spesso del poker associandolo al termine sport, ma alla luce delle considerazioni fatte sin qui sembra che i concetti del business siano più pertinenti a descrivere le dinamiche che possono determinare le scelte dei giocatori. Dello stesso avviso Filippo Candio: «Occorre sempre ragionare sulle parole. Si dice “giocare a poker” in egual modo come si dice giocare a calcio o a tennis ma spesso e volentieri ci si dimentica che si “gioca” anche in borsa. Il poker non è uno sport e non ci si avvicina nemmeno. È una disciplina matematico/statistica che tende più alle dinamiche economiche. Di più, andrebbe approfondito nelle università».
Alessandro ‘Bubukonan’ Fasolis centra il discorso sul guadagno: «Più che uno sport è un lavoro dove l’obiettivo primario è guadagnare. Certo, c’è una componente che ti porta a voler primeggiare, ma non è di principale importanza.» È d’accordo anche Gabriele ‘Sicilya79’ Valenti: «Io attualmente penso più al business. Forse un giorno in altre situazioni potrei ritenere più importante il prestigio di certe prestazioni, ma sarà sempre e comunque per il possibile ritorno economico che ne potrebbe derivare.»
BUSINESS PLAN — Se dunque è vero che le dinamiche del poker ricordano molto più da vicino quelle del mondo degli affari che non quello dello sport, vero è anche che le percentuali di rischio che i giocatori scelgono di accollarsi rientrano perfettamente all’interno delle dinamiche di gioco. Così anche la dicotomia che divide parsimoniosi e gambler è destinata a non trovare una soluzione definitiva. Stili, predisposizioni, tutto qua. Tuttavia, il concetto basilare è il guadagno e dunque, alla fine di tutto, avrà ragione chi si metterà in tasca più soldi. Meno romantico di una coppa dei campioni, più reale delle parole di tanti pseudocampioni.