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Marco Della Tommasina, l’ultimo dei Rounders
I professionisti, quelli che a prescindere da sponsorizzazioni più o meno convenienti, vivono di poker, sono ormai completamente identificati con i grinder, i ragazzi dell’online, quelli che si lanciano ogni giorno in una corsa lunga qualche migliaio di mani su una decina di tavoli, anche peggio se si considerano alcuni temerari.
Eppure si partiva da un’altra dimensione, da quei giocatori che attendevano al varco di un tavolo di casinò i turisti in vena di buttare qualche banconota di grosso taglio; i rounders, quelli sempre in giro per il mondo e gli altri, più sedentari, che potevi persino confonderli con le tappezzerie di certe loro poker room preferite.
Erano quelli di cui si parla in Rounder — Il giocatore, quelli che pagavano le bollette e gli affitti giocando a carte mentre attendevano il colpo grosso. Quelli che ormai non ce ne sono più, quelli che in Italia — se c’erano — hanno smesso dopo il blocco. I sognatori, i romantici, i nostalgici, gli allergici al mouse, ai monitor, ai software e alle quindici mila mani al giorno. Quelli che «Me ne frego e giro il mondo», o quelli che «Col cazzo che mi chiudo in casa». Quelli come Marco Della Tommasina.
Marco a sentire quello che racconti sembra quasi che i grinder esistano ancora.
Sì, esistono, ma non sono tanti. Ti dico, io ho fatto la scelta di giocare live in giro per l’Europa o al limite a Las Vegas, per un motivo piuttosto semplice: il gioco online in questi ultimi tempi si è fatto molto duro; i tavoli live cash in giro per l’Europa sono nettamente più semplici, specialmente — e sembra un paradosso — a livelli alti.
E il paragone con i tavoli cash live dei casinò italiani com’è?
Lo gioco, ma è chiaro che durante gli eventi il livello si alza parecchio. C’è gente brava che gioca. Quando non ci sono tornei il livello è molto molto basso, come dico spesso «C’è molta anzianità in giro», ma il vero problema è il traffico, praticamente assente. A Barcellona, per di più, ho trovato ogni giorno un tavolo Omaha €5/€10 aperto; in Italia è difficilissimo trovarne uno aperto anche durante un torneo.
Credo che uno degli aspetti più affascinanti e insieme pericolosi del gioco live sia l’amicizia. Puoi chiaramente volgerla a tuo vantaggio, ma puoi, altrettanto facilmente, perdere EV su un amico. Tu come ti comporti?
Lo dico sempre agli amici con cui faccio le trasferte: o non ci sediamo al tavolo insieme, oppure giochiamo, e sul serio. Senza aggiungere che giocare mani con persone che conosci bene è bellissimo perché diventa tutta questione di metagame, di thinking process. Bello è anche ritrovarsi dopo la sessione e analizzare insieme gli spot, quelli giocati contro, in modo da comprendere la linea di pensiero dell’altro. Si impara da queste cose.
L’intervista a Marco Della Tommasina è ancora lunga, ma per leggerla al completo dovrete attendere il prossimo numero di Poker Sportivo. A ottobre sarà in edicola, non perdetelo!