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Come controllare le emozioni al tavolo da poker? Ce lo spiegano i giocatori
Lo ricordo ancora. Avevo iniziato a giocare da poco, qualche mese al massimo. Mi ero iscritto quasi per scherzo al Daily Dollar Rebuy di Full Tilt, quello vero, quello che adesso ha chiuso con i miei soldi dentro. Ricordo che non so come e perché arrivai a 18 left. Su 5 mila iscritti.
Era un tripudio di sigarette. Un trionfo di maltrattamenti continui all’unico muscolo del mio corpo che non si è addormentato lungo anni di inattività. Il cuore andava a mille a ogni showdown, a ogni bet, call, raise, fold. Niente tregue, solo un incessante perpetrarsi di emozioni forti come un macigno, un fardello intenso eppure piacevole da sopportare. Perché hai il risultato davanti che ti aspetta. Ce l’hai a pochi passi ed è qualcosa di indescrivibile. Emozioni positive mischiate a quelle negative si incrociano e scoppiano, si ritraggono, ti drogano. Chi non c’è passato non può capire.
Può capitare a un torneo da un dollaro o a uno da duecento. Cambia poco, l’importante è che capiti. Poi, quando tutto è finito — il giorno dopo magari — l’unica cosa che ti resta fissa nella mente è una domanda. Come diavolo avrei fatto se davanti al muso avessi avuto i miei avversari invece del monitor? Live non avrei potuto accendere quattro Camel alla volta mentre il time bank scorreva. Non avrei potuto picchiare i pugni, sbattere le mani, urlare di gioia o lanciare maledizioni a tutti. Oddio, forse sì, avrei anche potuto farlo ma, come si dice, non è professionale.
Ai live ti devi contenere. Qualcuno lo fa per lo meno. Una minoranza forse, ma sono quelli che fanno le cose per bene. E come fanno?
Come fanno a giocarsi un colpo da 50 mila euro senza torcere un muscolo? Come, senza morire d’infarto? Esperienza, dicono. Non ci credo. Perché l’esperienza la maturi facendo e rifacendo, vivendo e rivivendo. Esperienza ce l’ha il falegname che cesella ogni giorno. Quanti Final Table live ti capitano in una vita? quante volte ti scoppiano in bolla? quante volte ti ritrovi a un fottutissimo coin flip 12 left? Per quante volte ti capiti non sono mai abbastanza, non puoi venirmi a dire che hai fatto esperienza. Ci dev’essere un trucco, una tecnica; qualcosa di diverso, profondamente, dall’esperienza.
«Io controllo le emozioni cercando di concentrarmi il più possibile sul gioco.»
«E tu chi sei?»
«Eros Nastasi.»
«Capisco, ma quando la mente ti va proprio via?»
«Devi programmare un’àncora. Devi condensare le emozioni positive, quelle che ti provocano senso di benessere, a un’immagine o a qualunque cosa tu possa richiamare in breve tempo se ti occorre. È una tecnica nota nella Programmazione Neuro Linguistica. Oppure puoi tranquillamente appoggiarti alla classica respirazione yoga. Io uso entrambi i metodi. E visto che tanto poi me lo chiederesti, sono Paolo Luini.»
«Già che ci siamo, c’è qualcun altro?»
«Io. Sono Max. Max Scola. A me basta alzarmi durante gli showdown. Lo faccio per potermi allontanare dal tavolo prima di dire qualcosa di spiacevole. Se è una bad beat che mi ha destabilizzato molto mi allontano comunque, per una sigaretta. Mi calmo e poi torno al tavolo.»
«Ci sono anche io!»
«E dove sei? Non ti vedo.»
«Sono qui, guarda più in basso!»
—
«Di più! Non c’ho i tacchi!»
«Ah, Giorgia Tabet!»
«Eh. Comunque: fortunatamente non ho mai avuto necessità di particolari tecniche per controllarmi durante i tornei live. Mi riesce piuttosto naturale rispondere positivamente a bad beat et simila. Credo che la risposta a questo tipo di emozioni dipenda molto dallo stato psicologico con cui le affrontiamo e come si sa i fattori che concorrono a una buona tenuta mentale sono innumerevoli. Ancora ho difficoltà nel rispondere in modo adeguato a circostanze esterne in determinate fasi, ad esempio se mi cambiano di tavolo in fasi delicate non reagisco prontamente. Per quanto riguarda importanti showdown spesso mi è capitato di chiudere gli occhi e riaprirli a colpo chiuso. Se le chip tornano è un buon segno!»
«Nemmeno io — e sono Cristian Petrullo — ho una tecnica particolare per mantenere la calma in occasione di una bad beat. Dipende da come sto mentalmente in quel momento ma di solito cerco di pensare sempre che alla lunga vincerò soldi o chip e che è stato solo un colpo sfortunato. Negli showdown decisivi cerco di chiamare le mie carte mentalmente, chiaramente solo per semplice scaramanzia. Nell’ultimo periodo devo dire che non funziona. Forse devo cambiare tecnica.»
Già, cambiare tecnica. Forse alla fine di tutto non ce n’è una buona per tutti. Forse è giusto che in quei momenti si soffra, si esulti, si goda o si pianga. Perché sono gli attimi più veri e più emotivi, quelli in cui, giù la maschera, siamo davvero noi stessi. Siamo noi e un grande specchio in cui rifletterci; lo specchio del poker, un vetro che forse un po’ ci deforma, ma dal quale ci piace lasciarci guardare.