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il 26 Set 2012

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La storia di Antonio Esfandiari: da Tehran a Cannes passando da Las Vegas

La storia di Antonio Esfandiari: da Tehran a Cannes passando da Las Vegas

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Amir (poi Antonio) Esfandiari nacque l’otto dicembre 1978 in una città dell’Iran. Tehran. Fortunatamente durante i suoi primi anni di vita la famiglia riuscì a mettere da parte fondi sufficienti per scappare dalla guerra che scoppiò nove anni dopo la nascita del piccolo Amir. Località scelta: Stati Uniti d’America, la terra dove tutto è possibile. Probabilmente arrivarono a bordo di una nave, come hanno fatto parecchi italiani salpati in braccio all’Atlantico, solo, lui arrivò dall’altra parte degli States, sull’altra costa. Direzione: San Francisco.

Quella è gente che da sempre c’aveva già quell’istante stampato nella vita. E quando erano bambini, tu potevi guardarli negli occhi, e se guardavi bene, già la vedevi, l’America, già lì pronta a scattare, a scivolare giù per nervi e sangue e che ne so io, fino al cervello e da lì alla lingua, fin dentro quel grido (gridando), AMERICA, c’era già, in quegli occhi, di bambino, tutta l’America.   
Lì, ad aspettare. (Alessandro Baricco, Novecento)

Antonio è un ragazzo che sa darsi da fare. Sa arrangiarsi. Inizia con il telemarketing, roba di bassa lega. Il suo compito è quello di vendere copie del San Francisco Chronicle, un quotidiano distribuito principalmente nei quartieri della baia. Qualche lettore lo racimolava anche nel nord della California, poca roba a dire il vero, ma comunque sufficiente per tirare avanti.

Esfandiari però non sta fermo, non ci riesce. Cambia lavoro e finisce nelle sale di un ristorante a recapitare le pietanze ai legittimi affamati. È qui, tra posate e bicchieri, che trova la prima vera occasione, la prima ispirazione. C’era un collega, un bertender, che non appena le porte del locale chiudevano attaccava con numeri da illusionista. Antonio guardava estasiato quei numeri di piccola magia appassionandosi fino al punto da voler emulare il collega. Diventò egli stesso un mago, esibendosi nei locali della città nei buchi tra un servizio e l’altro. Era bravo — Amir ha sempre imparato tutto molto in fretta — ma di lì a poco avverrà l’incontro destinato a cambiare per sempre la sua vita.

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Antonio Esfandiari durante i festeggiamenti al Big One for One Drop

Basta girare per librerie per rendersi conto che ce ne sono di vari tipi. Ci sono quelle ordinate e pulite, con tutti i libri nuovi presentati a dovere, quelle in cui non troverai mai nulla di particolare. Le catene sono così, non vogliono stupire, fanno il loro lavoro e tanto basta. A Esfandiari serviva dell’altro. I libri di illusionismo più belli erano in un altro genere di negozi. Dovevi girare per librai, quei tipi con gli occhialini spinti sul naso, ricurvi dietro a un bancone troppo alto; di quelli che se entri in negozio li di disturbi, ché devi avere un buon motivo per interrompere la lettura. Antonio era in uno di quei negozietti impolverati, con i libri accatastati nelle scaffalature ormai stracolme di volumi. Un po’ di libri in verticale, finché non termina lo spazio sulla mensola, e il resto sopra, orizzontali; così si recupera spazio.

In un posto così è semplice che qualche volume finisca fuori posto. Cerchi un libro di magia e trovi Winning Low-Limit Hold’em di Lee Jones. Sempre carte sono. Però qui si parla di poker.

Negli Stati Uniti chiedere a qualcuno se sa giocare a poker è come entrare in un bar della pianura padana e domandare a un vecchio se conosce la briscola. Risposta scontata. Ovvio che sì. Esfandiari però a un americano ci assomigliava soltanto, sempre più fedelmente, ma ancora non del tutto. Il poker non lo conosceva per niente. Portò a casa quel tomo e si mise a sfogliarlo. C’era un mondo da scoprire. Qualcosa di nuovo. Anno 2000: millennio nuovo, passione nuova.

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Antonio Esfandiari durante le premiazioni alle WSOPE 2012

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Antonio inizia con i microlimiti cash nei club del suo quartiere. È bravo e il suo bankroll cresce in fretta. I risparmi messi da parte grazie agli impieghi precedenti servono per cominciare, ma in appena due anni è già pronto per i primi tornei importanti. Chiaramente anche per le prime affermazioni: nel 2002 mise le mani sul terzo premio del 3rd Annual 49’er Gold Rush Bonanza, un evento WPT giocato a San Francisco. Incassa 44 mila dollari e mette il turbo alla carriera.

Nei due anni successivi ottiene diversi risultati. Per citare i più importanti: primo alla Los Angeles Poker Classic nel 2004, braccialetto all’evento $2,000 Pot Limit Hold’em delle WSOP nello stesso anno, terzo alla Third Annual Five-Star World Poker Classic nel 2005 a Las Vegas e secondo al Monte Carlo Millions. Un palmares invidiabile che solamente pochi altri giocatori al mondo possono vantare. Antonio però non si accontenta.

Il suo lavoro gli piace, lo soddisfa sempre di più e forse per la prima volta nella sua vita si sente pienamente realizzato. Il poker online gli regala altre innumerevoli soddisfazioni oltre a garantirgli la possibilità di gestire meglio la propria vita privata. Ma le maggiori soddisfazioni sono nei grandi MTT live.

Nel dicembre 2011 mette di nuovo le mani sul primo premio di un torneo WPT, il Doyle Brunson Five Diamond World Poker Classic giocato a Las Vegas. La sua popolarità è alle stelle e qualche mese più tardi decide di partecipare alle WSOP 2012 tentando il colpo della vita.

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Antonio Esfandiari ai tavoli del Big One for One Drop

C’è un torneo, dicono sarà il più ricco della storia di tutto il poker. C’è da crederci visto che il buy-in è di un milione di dollari. Antonio quei soldi ce li ha, certo non è in bankroll, nessuno al mondo potrebbe esserlo, però è in vena di magie. Forse è il suo carattere che lo spinge, quell’irriverenza gentile che lo ha sempre sospinto in tutte le cose della sua vita; quella sfacciataggine che gli hanno insegnato gli americani, che si sentono sempre capaci a far tutto. Tutto è possibile, dicono, e Amir ormai è uno di loro. Ci crede.

Sembra un film, un’americanata in pieno stile. La storia del piccolo iraniano che scappa dalla guerra e arriva negli Stati Uniti. Già il fatto che per scappare da un conflitto armato si debba attraversare un oceano che si chiama Pacifico la dice lunga. Eppure è tutto vero: Antonio gioca il Big One for One Drop e vince oltre 18 milioni di dollari. È primo al torneo più ricco mai giocato nella storia del poker.

Se fosse un film partirebbero i titoli di coda, non puoi aggiungere nulla a questa storia, rischia di diventare incredibile. La vita però molto spesso è più inverosimile della fantasia e Antonio continua la sua run incredibile. Deve attendere qualche mese e le WSOP Europe di Cannes per il suo terzo braccialetto, questa volta all’evento 1.100€ NL Hold’em, quello del terzo posto di Salvatore Bonavena. Siamo ai giorni nostri insomma, e di far calare il sipario Antonio Esfandiari proprio non ne ha voglia.

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