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Successi, fallimenti, e il downswing del mindset
I downswing sono particolarmente difficili da recuperare perché ci sono molteplici forze che lottano contro di noi. Il problema principale è che siamo bloccati ed abbiamo la necessità di vincere per recuperare ciò che si è perso.
La semplice perdita finanziaria è solo la punta dell’iceberg. Come secondo problema, vi è il fatto che, questa perdita, ci crea molta frustrazione e stress (soprattutto per chi lo fa come principale, o unico, lavoro), se non abbiamo ancora consolidato il mindset.
A questi primi due problemi, se ne aggiunge un altro: la perdita della fiducia nelle proprie capacità. Il pensiero che tutte le nostre azioni, e il nostro gioco, siano sbagliate, arriva inevitabilmente. Tutto ciò, non farà altro che peggiorare ancora di più una situazione già critica.
Come l’utilizzo di più farmaci contemporaneamente, gli effetti di questi problemi si moltiplicano e possono arrivare ad essere veramente catastrofici; il fatto di pensare che con il duro lavoro si “ritornerà in pari”, non è affatto rassicurante.
Qualsiasi player finirà, almeno una volta nella vita, col pensare che ha “runnato” peggio di quello che pensava fosse possibile. La differenza tra un grinder vincente ed un perdente si evidenzia anche in questi casi: quest’ultimo, penserà che non se lo merita.
Sentirsi dispiaciuti per se stessi, è la cosa peggiore che possa accadere quando si vive un periodo di downswing. Vediamo tutti i giorni sui forum come IPF (ItaliaPokerForum) dei giocatori che whinano (si lamentano) su quanto la run stia incidendo negativamente sul loro winrate o sulla loro scalata al successo. Vengono postati continuamente “per simpatia” dei grafici in perdita e si fa il confronto (o ci si sfida proprio) su chi è stato più sfortunato.
Tutto ciò, viene fatto esclusivamente per un goffo tentativo di dimostrare a noi stessi che le capacità ce le abbiamo e che i recenti dubbi sul nostro gioco, dovuti allo swing, sono semplicemente delle disgrazie che ci son capitate. Se la sessione della giornata non è positiva, si inizia ad insidiare nella mente il pensiero d’essere “un perdente“. Da questo momento in poi inizia la spirale discendente.
Viviamo in una società che ci ha abituati ad etichettare le persone come “vincitori e vinti“. Nessuno di noi è uguale ad un altro; siamo tutti diversi ed abbiamo differenti potenziali. A livello di base, prima di arrivare ad essere vincenti, bisogna capire che cosa stia impedendo il successo. Spesso e volentieri, la differenza tra un vincitore ed un perdente, sta nel fatto che, quest’ultimo, non riesce a superare la delusione che deriva dai downswing.
Il mondo del poker funziona su questo principio. Ai perdenti, viene data la possibilità di “assaggiare la vittoria“, ma è solo un piacere ingannevole.
Che tipo di mentalità dobbiamo avere, dunque, per combattere la “delusione post swing”?
Imparare a non abbatterci in queste occasioni è importante quanto bilanciare il preflop 4bet range. Un atleta che perde una partita a tennis, per esempio, difficilmente può dare il merito della sconfitta alla sfortuna. Molto spesso, farà i complimenti all’avversario in quanto avrà giocato meglio di lui.
Il match, molto probabilmente, è stato perso per delle lacune dell’atleta stesso (limiti suoi fisiologici o un cattivo piano d’allenamento prima dell’incontro). Quando un giocatore di poker perde contro un altro, tendenzialmente, va sempre a screditarlo e a dire che è stata tutta colpa della varianza.
Ciò che bisogna fare, per non abbattersi in questi momenti di downswing (che fanno parte integrante del gioco), è affrontarli come in qualsiasi altro sport. La “sfortuna” è un elemento che fa parte di questo gioco e, se non possiamo far si che “scendano sempre le nostre“, dobbiamo recuperare aumentando la nostra preparazione tecnica. Dobbiamo riuscire a perdere 10 buy-in/stack e parlare con un amico come se avessimo vinto alla lotteria.
Dobbiamo trattare la varianza come un’entità che ha come unico scopo quello di sconvolgerci. Arriva fino al punto di farci inginocchiare e piangere come un bambino di 4 anni che, guardando con occhi socchiusi il suo schermo, vede una linea rossa che rappresenta l’EV ma, in verità, è solo il sorriso soddisfatto della varianza.