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il 10 Gen 2013

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Tassazione sulle vincite all’estero: parla l’Avv. Max Rosa

Tassazione sulle vincite all’estero: parla l’Avv. Max Rosa

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Negli ultimi giorni gli “addetti ai lavori” del poker si sono interessati nuovamente al rapporto tra poker e legge. Dopo il “via libera” alle 1000 nuove sale da poker, arrivato attraverso l’approvazione della Legge di Stabilità da parte del governo Monti, sembra si possa aprire un altro spiraglio positivo per i poker player italiani.

L’argomento è tra i più scottanti: la tassazione sulle vincite nei casinò esteri, e in particolare quelli europei.

Il Dottor Sebastiano Cristaldi, iscritto all’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Trieste, si è rivolto alla Commissione delle Comunità Europee, riguardo ad un caso che sta trattando: un giocatore che ha vinto ben 700.000 € di “jackpot” al Casinò Perla di Nova Gorica in Slovenia.

La Corte di Giustizia Europea si era già pronunciata contro la doppia imposizione delle tasse sui cosiddetti “redditi diversi”, di cui fanno parte anche le somme vinte nei Casinò esteri (caso Lindman). Potrebbe significare la fine dei problemi per i poker player che hanno maturato vincite importanti in Europa e stanno avendo disagi dal punto di vista fiscale?

Come sempre, la situazione non è semplice. Per fare chiarezza sulla situazione ci siamo rivolti all’Avvocato Massimiliano Rosa, collaboratore della rivista Poker Sportivo. Ecco la sua analisi e le sue conclusioni:

 

Avv. Rosa: Innanzitutto devo premettere che conosco molto bene il dott. Sebastiano Cristaldi di Trieste, persona estremamente preparata, che gode della mia massima stima professionale e umana; dopo averlo contattato per un confronto tecnico sulla materia, oggi collaboriamo fattivamente nell’assistenza di molti giocatori italiani, lavorando gomito a gomito.

La violazione del diritto comunitario, ed in particolare dei principi di non discriminazione e di doppia imposizione, costituisce uno degli elementi difensivi più forti nella confutazione delle assurde pretese del fisco in questa materia, quantomeno per le vincite conseguite in Europa; nei ricorsi ad oggi già presentati, questa linea difensiva è stata ampiamente esercitata attraverso lo strumento dell’eccezione pregiudiziale (pregiudiziale comunitaria), che comporta la sospensione del giudizio ed il rinvio interpretativo alla Corte di Giustizia dell’UE: specifico che tale eccezione verrà accolta dai giudici di primo o di secondo grado, solo se “non se la sentiranno” di dare ragione immediata al contribuente, come io auspico, mentre “dovrà” necessariamente essere accolta dalla Corte di Cassazione, quale Magistratura di ultima istanza.

La recente notizia avente ad oggetto il caso del dott. Cristaldi, è stata riportata in modo piuttosto scorretto, nel senso che non si tratta di un ricorso diretto alla Corte di Giustizia, tecnicamente impossibile, ma, bensì, di una denuncia alla Commissione delle Comunità Europee, riguardante inadempimenti del diritto comunitario.

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È una procedura che, in sostanza, consente al singolo cittadino di denunciare il proprio Stato per violazione di norme e principi comunitari. Una volta presentata la denuncia, la Commissione deve innanzitutto dichiarare se la stessa è ricevibile e, qualora l’esito delle indagini ne confermasse la fondatezza, a quel punto dovrebbe intraprendere una procedura di infrazione contro l’Italia.

Nel caso di specie, dopo aver dichiarato ricevibile la denuncia, la Commissione ha deciso di tenere in stand by la propria decisione, in attesa di quella del giudice di appello (Commissione Tributaria Regionale).

Se il giudice di appello confermasse la decisione di primo grado, tuttavia, otterremmo unicamente un nuovo precedente giurisprudenziale a favore dei giocatori (il secondo), e potete star certi che il Fisco non farebbe minimamente marcia indietro, vuoi perché procederebbe con un Ricorso per Cassazione, vuoi perché due precedenti sono troppo pochi; sono pochi, aggiungo, anche per indirizzare le decisioni di altre Commissioni Tributarie.

Per questi motivi, sarebbe auspicabile che tutti i giocatori vessati dal Fisco procedessero a loro volta con una denuncia alla Commissione, la quale pensa che il caso al suo esame sia isolato, ignorando completamente la reale portata del fenomeno: personalmente, proporrò a tutti i miei assistiti di utilizzare questo strumento che, se esperito in massa, potrebbe sensibilmente incidere sia sulle vittorie processuali, sia sulla rapida emanazione di una riforma fiscale organica ed equa nel settore del gioco.

È bene specificare come la denuncia alla Commissione, e l’eventuale instaurazione di una procedura di infrazione contro l’Italia, non incida direttamente sugli atti di accertamento già notificati, ovvero sui ricorsi pendenti (a differenza del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE descritto in precedenza), i quali seguirebbero il loro corso ordinario; la procedura di infrazione, infatti, si sostanzia nel multare lo Stato, ammonendolo circa la necessità di abrogare determinate norme e/o di interrompere l’interpretazione e l’applicazione delle stesse in modo non conforme al diritto comunitario.

I tempi di intervento dello Stato, inoltre, per quanto scadenzati dalla Commissione, non sarebbero certo brevi e, nel frattempo, tutto rischierebbe di procedere esattamente come prima (come già accaduto in innumerevoli circostanze similari): con ciò intendo affermare che tale strumento non porta il singolo cittadino ad aver ragione immediata e diretta contro le pretese del fisco, ma lo farebbe certamente in modo indiretto, mettendo una notevole pressione sia sui giudici che si trovano a dover decidere i ricorsi pendenti, sia sulla stessa Amministrazione, tenendo inoltre presente il potenziale accorciamento dei tempi rispetto alla conclusione dei procedimenti tributari nazionali.

 

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