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il 27 Nov 2009

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Accidia o vanità? Umiltà!

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Chi di noi, svegliandosi alle 7 del mattino, ogni sacrosanto giorno, guardandosi allo specchio non ha pensato una frase tipo “sono sereno ma…avrei bisogno di qualcosa in più”? Probabilmente nessuno.
E questo stato d’animo, muove l’uomo verso grandi imprese o pesanti sconfitte.
Questo piccolo, silenzioso, tarlo nella mente può farci sprofondare nella totale accidia e “…co la mente alienata.”, scriveva Jacopone da Todi, o scoprire la Melencholia rappresentata da Dürer.

Ma è sempre questa frase a stimolare nei più ambiziosi il cambiamento, nei più conservativi l’amore per ciò che li circonda.

Ed un mattino, Mario, Andrea, Carlo, e Simone poggiando i piedi sui propri scendiletto provarono quella sensazione di fiele, di amaro in bocca ed iniziarono così a guardarsi intorno, ognuno a suo modo.

Mario, come sempre, stretto nella sua cravatta se ne andò in ufficio, ma quel mattino vide la collega del primo piano in una luce diversa, e in pochi mesi rovinò il suo matrimonio.

Andrea, decise che quel mattino non sarebbe andato a lavorare, e così fu per il successivo, ed i seguenti ancora, fino a spegnersi nella totale indifferenza del mondo.

Carlo invece, capì che era arrivato il momento di fare qualcosa che lo stimolasse nuovamente, qualcosa che potesse divertirlo, permettendogli al contempo di sognare; di sognare un po’ di gloria e di celebrità, di libertà e spensieratezza. Fu quel giorno che Carlo, sulla quarte di copertina della sua rivista preferita, scoprì il Texas Hold em.

Non appena rientrò a casa dal lavoro, si iscrisse a quella stessa Poker Room della pubblicità vista al mattino, versò i suoi pochi soldi ed iniziò a giocare. Forse per fortuna o schernito dal destino, Carlo vinse subito un torneo e non ci mise molto ad alimentare il proprio ego di una smisurata forza.

Da quel giorno ai passanti raccontava di essere un giocatore di poker capace e professionista, agli amici di aver battuto più di mille avversari, e mentre il mondo continuava a girare, la sua testa faceva lo stesso.

Non ci mise molto, quel suo stesso ego, tronfio di vanità, a rovinargli la vita.

Dopo quel torneo, Carlo inizio a giocare tornei più importanti, con buy-in sempre più alti, alternando a una vittoria, migliaia di sconfitte, ma pensava: “se l’ho fatto una volta sono capace di farlo di nuovo”. In pochi mesi, tasche e materassi diventarono aridi deserti rossi.
Carlo perse il suo posto di lavoro in officina, forse non eccellente ma sicuro e dignitoso, per tener calda una sedia del Casinò più vicino. Di lui adesso non abbiamo più notizie certe. Qualcuno dice di averlo visto entrare in casa di uno strozzino e non uscirne più, altri di averlo visto ubriaco dormire su una panchina, nessuno di averlo visto felice!

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Simone, quella stessa mattina, uscì di casa per andare all’università, e fu lì, che chiacchierando con un suo compagno scoprì il THE. Appena tornò a casa accese il suo pc, ed iniziò a batter la rete per accaparrarsi quante più informazioni possibili. Scoprì facilmente l’esistenza di migliaia di appassionati, centinaia di forum, decine di libri e strategie. Investì così i suoi pochi soldi da studente in due libri usati, scritti da un certo Harrington, che su internet dicono sia un bravo giocatore.

Li lesse con avidità ed entusiasmo, per poi scambiarli con altri libri. Dopo un mese di letture ed approfondimenti Simone decise che era il momento di provare sul campo ciò che aveva imparato.

Vinse pochi spiccioli in un torneo gratuito, e il giorno successivo altri pochi spiccioli, ed il seguente ancora.

Scoprì in quei giorni che anche il suo amico Carlo dell’officina giocava a THE, ma si vergognava a confessarglielo perché Carlo raccontava di grandi imprese e grosse vincite, mentre lui, ancora, era alle prese con dei “miseri” freeroll.

In pochi mesi però, Simone mise da parte qualche migliaio di euro, collezionando anche un buon piazzamento ad un evento live. Con quei soldi riuscì a comprarsi la sua prima automobile, a portar finalmente in vacanza la sua ragazza ed a pagarsi la successiva retta dell’università.

Non trovò mai il coraggio di raccontare come avesse guadagnato quei soldi finchè un giorno, amici e genitori, accendendo la TV lo riconobbero dietro un paio di occhiali scuri.

Era seduto ad un strano tavolo verde ed ovale con su scritto Las Vegas.

E mentre aveva tra le mani tutte le sue chips, alzò gli occhi al dealer, e con voce pacata ma decisa, sussurrò: all-in.

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