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Talento o Tenacia, due stili a confronto
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Se il talento fosse una materia acquistabile, molti ne prenderebbero in abbondanza.
Avere il talento è considerato comodo, una strada per riuscire senza sforzo. A volte è considerato addirittura l’unico modo per riuscire. Spesso si sente dire “per arrivare a certi livelli ci vuole talento”, altrettanto spesso si aggiungono anche altre peculiarità ma il talento è considerato una sorta di prerequisito fondamentale.
Noi parliamo di poker e anche questo settore non fa eccezione. Spesso assistiamo a delle letture impeccabili del campione di turno e le attribuiamo in gran parte al talento.
La notizia è che decenni di studi psicologici ci dicono che non è esattamente così. Il talento non è un prerequisito fondamentale per raggiungere il successo, anzi potrebbe essere addirittura un intralcio. Quest’ultima affermazione suonerà strana per molti di voi, quindi cerchiamo di analizzare bene il concetto.
Vediamo molte persone di talento ai massimi livelli in diversi campi e pensiamo che il talento sia fondamentale, tuttavia non sappiamo nulla di tutte quelle persone talentuose che non sono riuscite a farsi strada. Il talento che fallisce non fa rumore, mentre il talento che ha successo produce un boato.
In molti ora staranno ancora storcendo il naso quindi è il momento di andare a vedere qualche studio scientifico.
Gli studi in materia vanno avanti dagli anni ‘60 ma preferisco citare le pubblicazioni più recenti.
Nel 2003 furono analizzati i rendimenti di 128 matricole in medicina impegnate in un corso di chimica generale. I risultati migliori venivano raggiunti dai soggetti vogliosi di imparare la chimica rispetto a quelli preoccupati di dimostrare la loro intelligenza.
Tradotto in termini assimilabili al poker raggiungevano un risultato migliore coloro che si applicavano con tenacia rispetto ai soggetti che cercavano di dare sfoggio del proprio talento.
Passiamo ora a uno studio che ritengo più interessante, riferito a un’altra tipologia di studente.
Nel 2007 Dweck e collaboratori hanno analizzato 373 studenti dei primi 2 anni della scuola media inferiore. Hanno osservato le reazioni degli studenti rispetto a un voto basso ricevuto.
Gli studenti che credevano che l’intelligenza fosse una caratteristica statica e non incrementale non riuscivano a reagire bene e giudicavano il fatto di dover aumentare l’impegno come una sconfitta: secondo loro l’applicazione era segno di scarsa intelligenza e soffrivano molto la situazione.
Al contrario, i soggetti che vedevano l’intelligenza come una caratteristica incrementale da sviluppare ogni giorno tramite l’impegno prendevano il voto basso come una sfida da affrontare, un modo per mettersi alla prova e crescere intellettualmente lavorando maggiormente o cambiando strategia di lavoro. Seguendo la carriera scolastica di questi ragazzi si è notato che i voti inizialmente erano simili ma con il passare del tempo i ragazzi con una visione incrementale dell’intelligenza ottenevano voti migliori e inoltre il divario aumentava con il passare degli anni. Tradotto: i ragazzi che si affidavano al loro talento intellettivo erano mediamente inefficienti rispetto a quelli che si affidavano alla tenacia.
La cosa più interessante è però un’altra. È stato osservato che gli studenti che vedono l’impegno e la tenacia come la cosa più importante davanti a una difficoltà si applicano maggiormente e avendo una grande motivazione a migliorare riescono alla fine a superare l’ostacolo. Al contrario, i ragazzi che si affidano alla loro intelligenza come un dono da sfruttare e non da incrementare davanti alle difficoltà tendono a evitare il problema dopo i primi insuccessi.
Tutto questo ci riporta al tavolo da poker.
Il parallelo è piuttosto elementare: lo studente che ha una visione incrementale dell’intelligenza è il giocatore tenace che crede nell’applicazione e nello studio mentre lo studente che vede l’intelligenza come un dono non incrementabile è il giocatore che basa il suo livello di gioco sul talento che possiede.
Davanti a delle difficoltà il giocatore talentuoso rischia l’abbandono, non sopportando magari la frustrazione della sconfitta e la conseguente lesione della sua immagine di giocatore talentuoso a cui non serve l’impegno per riuscire. Questo perché per questi soggetti il doversi impegnare può diventare un’umiliazione insostenibile che li porta a cercare altri campi di applicazione. Al contrario, il giocatore che non si sente talentuoso davanti a una difficoltà accetta volentieri la sfida prendendo la sconfitta come un’opportunità di crescita, aumenta il suo impegno, studia di più, prova nuove strategie elevando così il suo livello di gioco.
Ora che il concetto è chiaro cerchiamo di estremizzare meno il discorso.
Chiaramente il vero problema non è l’avere il talento quanto piuttosto il riuscire a gestirlo. Bisogna innanzitutto aver chiaro che spesso il talento da solo non basta.
Se abbiamo la fortuna di essere talentuosi, non culliamoci specchiandoci nelle nostre doti, questo ci può portare nella peggiore delle ipotesi all’abbandono e nella migliore a impiegare molto più tempo del necessario per raggiungere i nostri livelli ottimali. D’altro canto sappiamo ora, anche, che il talento non è indispensabile. Non avere talento ci obbliga a dover moltiplicare gli sforzi ma questo non significa che il successo ci sia precluso. Anzi, affrontare man mano le difficoltà che ci si pongono davanti, spesso sotto forma di sconfitte, ci renderà più sicuri nei nostri mezzi una volta superate.
Un’ultima nota: la prossima volta che sediamo al tavolo da poker non abbandoniamoci al pensiero “se devo lavorare e impegnarmi tanto non ho abbastanza talento per giocare con profitto”, chi raggiunge la vetta in molti campi è quasi sempre molto talentuoso ma è anche e soprattutto un gran lavoratore. Fermiamoci a pensare quanti talenti sprecati abbiamo visto e quante persone poco talentuose ma molto tenaci abbiamo ammirato ai massimi livelli.
Dott. Emanuele Posa
Nel momento in cui affrontiamo una sessione di poker sappiamo che dovremo prestare attenzione al gioco per lungo tempo se vogliamo sfruttare al meglio le opportunità che il gioco ci presenterà. Sappiamo molto spesso come affrontare le situazioni di gioco ma altrettanto spesso non sappiamo come gestire le nostre risorse attentive… (clicca QUI per leggere l’articolo)
Di seguito inoltre una risposte del nostro Psicologo a una recente mail di un nostro caro lettore:
Un saluto a tutta la redazione del giornale.
Volevo proporre un mio problema allo psicologo.
Gioco solo sit and go, a limiti bassi, praticamente in ogni poker room parto vincendo. Dopo un po’, anche se so bene quali sono le regole del bankroll, salgo di livello visto che al limite in cui sto non mi diverto più, con il risultato di perdere tutto il mio capitale. So bene che non devo farlo ma dopo un po’ che vinco al livello inferiore non riesco a resistere e passo a quello superiore. Dopo mi sento uno stupido e mi riprometto di non farlo più, ma ormai è troppo tardi. Ho letto che esiste anche un tilt da vincita, è questo? Ci sono strategie per evitare di fare questo errore?Massimo
Gentile Massimo,
non parlerei di tilt da vincita nel suo caso. Piuttosto direi che il suo problema è un problema noto come “compensazione del rischio”. La compensazione del rischio è quel meccanismo psicologico che porta chi si sente sicuro a rischiare di più.
In uno studio su questo argomento, Wilde ha analizzato gli incidenti dei tassisti di Monaco di Baviera. È risultato che a fine anno i tassisti dotati di un sistema frenante ABS hanno avuto più incidenti di quelli senza questo dispositivo di sicurezza. Questi tassisti non hanno pensato coscientemente “ho un sistema di ABS quindi posso andare più veloce e non rispettare i limiti di sicurezza”, ma sono rimasti vittima di un meccanismo psicologico insito nell’uomo.
Sapendo di essere più sicuri hanno spontaneamente rischiato di più provocando quindi più incidenti.
A livello evolutivo questo sistema è utile, basti pensare alle assicurazioni che aiutano per esempio i chirurghi a spingersi al limite tentando interventi pionieristici che aprono la strada a nuove soluzioni per il bene comune. Il problema purtroppo nasce quando le coperture di sicurezza sono solo percepite e non reali. Applichiamo questo concetto al poker e alla sua situazione, caro Massimo.
Chiunque prende confidenza con una disciplina si sente in fretta più sicuro, il problema è che la sensazione di padronanza con la disciplina sportiva cresce più rapidamente della padronanza vera e propria. In pratica, si percepisce una sicurezza che non c’è. Succede cosi che, come lo sciatore appena si sente un po’ sicuro cade nei modi più rovinosi, lei appena prende confidenza con il limite smette di “sentirlo” e cerca emozioni al limite più alto distruggendo il suo bankroll.
Sentendosi sicuro si espone spontaneamente a dei rischi troppo elevati minando così le basi del proprio gioco senza essersi “fatto le ossa” adeguatamente. Non sono io preposto a trattare le regole per una corretta gestione del bankroll, lavoro inutile tra l’altro visto che mi dice di conoscerle, ma posso solo ricordarle che quello di ignorarle è un istinto del tutto naturale.
Purtroppo, essendo delle regole non solo teoriche ma soprattutto pratiche, ignorarle porta a perdere tutto troppo spesso. Ritornando allo sciatore che affronta una discesa per lui troppo impegnativa perché si sente troppo sicuro, è vero che potrà in qualche caso arrivare sano e salvo a valle ma molto probabilmente si ritroverà disteso se non infortunato e anche l’arrivare a valle non farà che aumentare la sua confidenza percepita in modo eccessivo esponendolo a rischi maggiori.
Oltre alle informazioni fornite chiudo la mia risposta con un consiglio: ogni volta che sente l’istinto di avanzare di limite contro il suo bankroll lo prenda come un esame da affrontare per sviluppare una qualità fondamentale per un giocatore di poker e cioè la disciplina. Giocare al limite adeguato sarà quindi un esercizio di disciplina che arricchirà il suo bagaglio di giocatore. Se vuole si faccia risentire per eventuali dubbi o feedback.
In bocca al lupo,
Dott. Emanuele Posa
Inviate le vostre mail all’indirizzo emanuele.posa@pokersportivo.eu
Potete trovare il dott. Posa anche su www.succedeche.it