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il 25 Mar 2013

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Corriere vs. Repubblica, due modi di trattare il Texas Hold’em

Corriere vs. Repubblica, due modi di trattare il Texas Hold’em

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Da una parte scrivono che l’82% dei giocatori è un ludopatico incallito, e ha la possibilità di rovinarsi a colpi di all-in comodamente seduto davanti al pc di casa, “facendo finta di dimenticare che alla fine, sui grandi numeri, il banco vince sempre(sic).

Nell’altra prendono di petto il buco nero normativo del live e la mancata attivazione delle mille sale autorizzate, “che garantirebbe secondo una stima dell’Erario un miliardo di euro di introiti oltre alla creazione di almeno 15 mila posti di lavoro tra dealer, direttori di sala e addetti al bar.

Questo fine settimana Il Corriere della Sera e La Repubblica hanno parlato di texas hold’em in due articoli tra loro agli antipodi per finalità, capacità argomentative e conoscenza dell’argomento.

Mentre davvero poco si può obiettare al pezzo de La Repubblica, che fondamentalmente è un resoconto del convegno “Poker live? Un buco nero nella normativa italiana sui giochi”, organizzato nel corso della Fiera Enada Primavera di Rimini; non altrettanto si può dire dell’articolo pubblicato nell’edizione online del Corriere della Sera a firma di Emanuela Di Pasqua, pieno di strafalcioni e di affermazioni lapidarie prese non si sa bene dove, che fanno trapelare una conoscenza davvero limitata dell’argomento.

Per andare subito al punto, diciamo che fa specie vedere il più venduto quotidiano italiano, solitamente attento nel rispettare i canoni giornalistici di una informazione approfondita e obiettiva, accomunare il texas hold’em a slot machine e videolotterie senza nemmeno accennare alla fondamentale differenza tra giochi di abilità e giochi di azzardo riconosciuta anche dalla Cassazione.

Andando avanti nell’articolo, poi, la sorpresa si trasforma in sconforto, leggendo che nel texas holdem on-line non ci sarebbe un controllo rigoroso sulla vera età dei giocatori (evidentemente l’articolista non sa che per creare un account è necessario sottoscrivere un contratto e inviare un documento di riconoscimento alla room), come pure che “il banco vince sempre”.

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Per non parlare della lapidaria sentenza secondo cui il gioco online sfocerebbe in forme di ludopatia più spesso di slot-machine e videolotterie: “Doversi muovere fisicamente per entrare in una tabaccheria-ricevitoria rispettando gli orari di apertura dell’attività commerciale garantisce un maggiore controllo su possibili comportamenti ludopatici, con il ricevitore a fare da filtro tra giocatore e banco si legge nel pezzo uscito sabato scorso.

Come se le ricevitorie non fossero piene di monitor, pubblicità, cartelloni e quant’altro di invitante al giocatore ci possa essere. E inoltre, avete mai visto un gestore di un bar o di una ricevitoria negare a qualcuno l’accesso alle slot machine o rifiutarsi di vendere un gratta e vinci? Altro che filtro!

In definitiva, l’articolo del Corriere inanella una lunga serie di inesattezze (anche se forse sarebbe più corretto definirle ‘strafalcioni‘) accanto al quale il pezzo de La Repubblica brilla per competenza e professionalità.

E ciò senza bisogno di fare i salti mortali da parte del quotidiano diretto da Mauro: nell’articolo uscito ieri nella sezione ‘Affari e finanza‘, infatti, il redattore si limita a riportare le parole degli addetti del settore, sottolineando il problema economico e il paradosso derivante dalla mancata regolamentazione del gioco live.

A riprova del fatto che a volte, per brillare, basta fare le cose come devono essere fatte, specialmente se il termine di paragone si distingue al ribasso.

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