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Come finirà la querela di PokerStars al multiaccounter? Il parere dell’Avvocato.
La notizia della denuncia penale di PokerStars al multiaccounter dell’ultimo Sunday Million ha sollevato un’ondata di plausi.
L’atto è giustamente visto come espressione di una seria volontà di combattere il nocivo fenomeno del disputare i tornei con più di un account, ma i risvolti concreti della querela depositata dalla picca rossa sono una incognita.
Il motivo sta nelle pieghe della legge, come spiega l’avvocato del poker Max Rosa. Quelle stesse pieghe che rendono la denuncia un atto dovuto:
“In qualità di legale del settore, sono molto lieto che PokerStars abbia compreso come all’interno di un mercato regolamentato non ci si possa fare giustizia da soli, ma sia necessario fruire di norme e procedure, tassativamente previste dalla legge, finalizzate alla repressione di determinate condotte. Se il concessionario ipotizza che un utente abbia messo in atto una condotta penalmente rilevante, non potrà assumere alcuna decisione discrezionale, ma avrà quale unica opzione quella di presentare un esposto in Procura, lasciando svolgere il proprio lavoro alle autorità inquirenti, le sole deputate ad investigare e a decidere se procedere o meno nell’incriminazione. La querela in esame, quindi, per quanto costituisca una novità nel panorama nazionale, rappresenta un atto semplicemente dovuto ed imprescindibile.
Per quanto concerne il congelamento del conto di gioco, invece, in base al contratto standard predisposto dall’AAMS, l’operatore può tenere bloccato l’account, ed il denaro giacente, fino ad un massimo di 180 gg.; personalmente giudico tale clausola vessatoria, e quindi illecita, soprattutto a fronte di una richiesta di estinzione del conto di gioco, ma ipotizzando che essa sia legale, passati i 180 gg, il concessionario non potrà far altro che restituire il denaro all’avente diritto, a meno che non ottenga un provvedimento di sequestro da parte di un giudice penale o civile. In buona sostanza, nessun sequestro del denaro e nessun risarcimento del danno, sia a favore del concessionario, che dei giocatori eventualmente danneggiati, senza passare attraverso un provvedimento dell’autorità giudiziaria competente”.
Qui iniziano le difficoltà della pratica nell’andare a fondo. I motivi che rendono impervio il suo cammino iniziano dal quadro probatorio necessario al rinvio a giudizio, ovvero all’arrivo della causa davanti a un giudice per il dibattimento. Al momento non si conoscono gli elementi che Stars ha portato a supporto della denuncia: nel comunicato la room della picca rossa ha parlato di segnalazioni inviate dagli utenti, e crediamo che ci sia anche un tracciato degli ip (public adress, i numeri che identificano il computer da cui si gioca). Ma per arrivare a un quadro che possa provare ogni oltre ragionevole dubbio il multi accounting, questi elementi rischiano di non essere sufficienti.
“La legislazione italiana in materia penale – prosegue Rosa – esige che le prove suffraghino il reato aldilà di ogni ragionevole dubbio, e provare il multiaccounting in questi termini, quale pratica fraudolenta, appare oltremodo oneroso. Gli elementi indiziari forniti da PokerStars alle autorità inquirenti, dovranno essere verificati e integrati dal pubblico ministero che prenderà in carico il procedimento, il quale potrà ad esempio decidere di sequestrare il pc del sospetto multiaccounter. Visti i meccanismi della giustizia italiana, tuttavia, il procedimento ha delle sorti assolutamente imponderabili, in quanto l’accuratezza dell’indagine, spesso e volentieri, risiede unicamente nel PM che seguirà il caso: se finirà nelle mani di un pm giovane e zelante, ad esempio, o di un magistrato che nutre un particolare interesse verso il settore “gioco”, l’indagine potrà essere accurata e adeguata; se viceversa finirà altrove, magari in un Ufficio sovraccarico di lavoro, le speranze di un esito favorevole rischiano di affievolirsi ulteriormente”.
Infine c’è l’altra incognita, ovvero quella di provare che la pratica del multiaccounting sia assimilabile alla fattispecie di truffa.
“Suppongo che la querela di Poker Stars abbia a oggetto i delitti di truffa e/o di frode informatica – spiega Rosa – se è vero che chi pratica il multiaccounting ha più chance di arrivare in fondo a un torneo, e che può occultare la sua vera identità agli altri giocatori, peraltro un’identità apparente, celata da un nickname, ribadisco tutti i dubbi sulla concreta possibilità di provare che una simile condotta sia assimilabile alle fattispecie astratte previste dalle norme penali: un buon avvocato rischia di avere terreno molto fertile per condurre all’archiviazione del caso in fase preprocessuale, o all’assoluzione in sede dibattimentale.
Sono assolutamente d’accordo sull’iniziativa di PokerStars, nonché sulle doverose modalità utilizzate, ma temo che il problema della “pulizia” nel poker on-line abbia bisogno di normative ad hoc, attualmente del tutto manchevoli”.
In definitiva, la strada per vedere la querela diventare una sentenza di condanna, è ben lunga e costellata da punti interrogativi. Se la truffa dovesse essere riconosciuta dal giudice, il multiaccounter denunciato rischierà da un minimo di sei mesi a un massimo di cinque anni di reclusione.