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il 1 Ago 2013

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Il Wall Street Journal parla della “scienza del poker”

Il Wall Street Journal parla della “scienza del poker”

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Sono giorni di intenso dibattito negli Strati Uniti per quanto riguarda  il concetto del gioco del poker. Da un lato ci sono  le lobbies più conservatrici, che continuano a parlare di “gioco d’azzardo” e arrivano persino al punto di paragonarlo alla pornografia in una commissione del Senato. Poi ci sono anche alcuni imprenditori, come Sheldon Adelson, che cavalcano queste tendenze per proteggere i propri casinò dalla “minaccia” del poker online, un assunto che ha portato qualche giorno fa a un boicottaggio del Venetian, uno dei casinò più emblematici di Las Vegas.

Non tutto, però, sono accuse ideologiche che poco hanno a che vedere con i fatti e con una realtà del poker attuale che ormai è lontana anni luce dalle scene più cinematografiche, come la stanzetta scura e piena di fumo dove i giocatori tentano il “one shot” per risolvere i propri problemi economici.

Qualche giorno fa il prestigioso Wall Street Journal pubblicava nella sua versione cartacea (e poi in quella digitale) un interessante articolo di Christopher Chabris, psicologo dell’Union College e maestro di scacchi che quest’anno ha giocato per la prima volta proprio il Main Event delle World Series of Poker.

Chabris affronta gli argomenti che molti ancora continuano a ignorare (a volte volutamente): che dietro al poker contemporaneo esiste una game theory e tutta una parte scientifica che deriva dalla matematica che ha contribuito a portare questo gioco molto più vicino al sempre rispettato gioco degli scacchi che al bingo.

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Per spiegare ai non addetti questa rivoluzione nel modo di pensare il poker Chabris abbozza due dei concetti più basilari del gioco, aiutandosi di due teorici come David Sklansky e Phil Galfond: prima parla dell’equity e dell’importanza del lungo termine, cioè, dell’importanza di prendere la decisione corretta indipendentemente del risultato immediato. Poi Chabris fa riferimento al concetto di range e a come il bluff sia un istrumento prezioso per bilanciarlo e non diventare prevedibili.

Per concludere l’autore sottolinea due punti che aiuteranno a portare il poker definitivamente fra i giochi più apprezzati da tutti come gli scacchi o il backgammon. Chabris spiega come lo sviluppo di programmi di computer e di apps abbiano aiutato a far crescere la teoria e la matematica sottostanti al poker, esattamente come hanno fatto anche i siti internet dove i giocatori e i teorici si sono confrontati per elaborare nuove teorie o confutare quelle vecchie.

Insomma, un ottimo articolo che faremmo bene a far leggere ai detrattori di questo bellissimo gioco che prima o poi perderà l’etichetta di “gioco d’azzardo” malgrado alcuni interessi politici e privati.

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