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Carlo Savinelli avvisa le nuove leve: “Le singole shottate non bastano, oggi bisogna studiare tanto!”
Nei giorni scorsi Carlo Savinelli, noto regular soprattutto del cash game, sia live che online, e recente vincitore della tappa numero 14 dell’IPO, si è fatto notare sui social network per una uscita ben diretta e assestata.
Dal suo profilo Facebook il player campano ha scritto un monito alle nuove leve: non fatevi trascinare dall’entusiasmo di un singolo grande risultato, oggi il field si è indurito e per avere successo nel lungo periodo bisogna studiare tanto.
Abbiamo approfondito lo spunto con Carlo, che per iniziare ci ha spiegato i motivi del suo post: “Ho soltanto voluto fare una riflessione viste le tante domande che proprio su Facebook mi vengono rivolte. Esistono due categorie di giocatori, quelli che vogliono iniziare da zero e quelli che stanno valutando la possibilità di far diventare quello che è un hobby un vero e proprio lavoro. Nel mio post le ho toccate entrambe.
IPC: Quanto ritieni importante ottenere un singolo grande risultato per diventare un PPP?
CS: La singola shottata è qualcosa che può arrivare oppure no. Se non sei pronto è più una condanna che una fortuna, come ho scritto su Facebook. Ci sono diversi miei amici che non hanno shottato in maniera grossa, ma sono diventati top regular sul .it: due nomi su tutti, Antonio Bernaudo e Gianluca Petrone. Quindi non bisogna fare affidamento sulla shottata per prendere decisioni, specialmente per chi gioca prevalentemente live.
IPC: Com’è cambiato il poker rispetto all’esempio che hai fatto nel post?
CS: Il poker oggi ha uno scenario molto diverso rispetto agli anni passati. Fino a tre anni fa, sia per gli MTT che per il cash game, bastava giocare ‘abc’ per fare un discreto profitto, mentre oggi lo scenario è cambiato. Giocare high-stakes live corrisponde al 10/20€, che si gioca occasionalmente in Italia quando ci sono le persone interessate. Ci sono sempre meno giocatori che possono perdere grosse cifre, e ci sono molti perdenti e regtard che popolano “l’acquario”, quindi tutto sommato è una situazione accettabile. Online i fish sono solo il 30% dei giocatori complessivi, mentre il 60% dei giocatori sono dei regular o degli pseudo-regular, se non addirittura dei regtard. Il 5% sono dei regular vincenti e mediamente dei giocatori migliori della restante parte, l’ultimo 5% è composto dai top regular. Quindi si può capire bene che le cose si sono complicate. Vivere guadagnando grosse cifre con il poker è ancora possibile, ma necessita di tanto studio, approfondimento confronto.
IPC: Che consiglio ti senti di dare ai giovani che vorrebbero avviare una carriera da PPP?
CS: Un ragazzo che si avvicina ora al poker deve pensare che sta andando incontro ad un ibrido tra un’università e un corso di formazione al lavoro, perciò deve letteralmente buttarci il sangue perchè, come in tutti i lavori altamente remunerativi, ci vuole il massimo impegno.
IPC: Puoi raccontarci la tua storia di sei anni fa, a cui hai fatto cenno nel post?
CS: Sei anni fa stavo completando l’università e avevo il poker come hobby. Ai tempi fui bravo e fortunato a fare secondo in un PGP e presi 50k. Mi sentivo ricchissimo, vivevo con 50 euro a settimana dei miei e iniziai a vivere al di sopra delle mie possibilità. Sono sempre stato un po’ folle e competitivo, ma a quei tempi prevaleva la follia (ride, n.d.i.). Così, sentendomi forte e con l’intenzione di confrontarmi con i più forti, feci i biglietti per il PCA, che per chi non lo sapesse è il programma MTT -EV per eccellenza. Neanche il tempo di arrivare, e subito mi sono reso conto che non ero nemmeno a metà strada per essere tra i più forti: giocai senza paura e fiducioso in me stesso, ma in certi tavoli mi sentivo preso a “pallonate”. Avevo preso 50k a settembre, e a febbraio ne avevo speso il 90% in live di vario genere, ma mi servì da lezione: da quel momento, e ancora oggi, non mi sento mai arrivato in questo giochino in continua evoluzione, e mi sprono per migliorarmi tutte le volte, quindi so bene quale sia il lato oscuro del Texas Hold’em.
IPC: Credi che in Italia ci sia la giusta cultura del poker? E come potrebbe essere diffusa per equipararci ad altre realtà mondiali?
CS: In Italia la cultura del poker sta migliorando, ma siamo ancora lontani dagli Stati Uniti. Di consigli sulla diffusione della cultura del poker ce ne possono essere tanti, come può non essercene nessuno, di sicuro bisogna spingere sul fatto che il poker non è quello da bisca, ma che live si incontrano tante belle persone, si stringono amicizie e si fanno conoscenze. E soprattutto è giusto sapere che giocare a poker è un lavoro come altri, in cui sei imprenditore di te stesso.
IPC: Hai fatto dei programmi live per il futuro prossimo?
CS: Sto valutando la possibilità di andare a Barcellona a giocare l’EPT, ma sono ancora indeciso. In realtà sto cercando una scusa reale da dire al mio divano (ride, n.d.i.).