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Si riapre il caso sull’arresto di Paul Phua: indagini illegali da parte di FBI e Ceasars Palace?
L’estate appena trascorsa è stata particolarmente movimentata per Paul Phua, famoso giocatore nonché animatore dei tavoli cash game high stakes in quel di Macao, arrestato nello scorso luglio assieme ad altri sette personaggi a causa di un giro di scommesse illegale messo in piedi per i Mondiali di calcio.
Il 50enne malese ha ricevuto tanto sostegno dopo la diffusione della notizia del suo arresto, e in particolare giocatori del calibro di Phil Ivey ed Andrew Robl hanno provato a darsi da fare per garantire l’innocenza di Phua, il quale non è comunque riuscito a sfuggire all’umiliazione dell’arresto e della detenzione in carcere.
Tuttavia, per Phua e per i suoi sette “compagni di scommesse” potrebbe aprirsi uno spiraglio nei prossimi giorni, visto che i suoi legali sono pronti al contrattacco nei confronti della FBI e dei vertici del Ceasars Palace, dove gli otto imputati alloggiavano, in lussuose ville da 25.000 dollari per notte, nei giorni in cui è avvenuta l’operazione e la conseguente pioggia di arresti.
Secondo la difesa, infatti, la polizia statunitense avrebbe agito insieme alla security del noto albergo di Las Vegas in maniera illegale, forzando le autorità a fornire un mandato di perquisizione all’interno delle ville in cui alloggiavano gli otto imputati ma mascherando alcune azioni illegali con cui questo mandato è stato ottenuto.
In sintesi, un tecnico del Ceasars è stato inviato a controllare il flusso dei dati Internet tra le ville e i computer di Phua e degli altri imputati, e alcuni dati anomali hanno fatto sì che scattasse l’allarme prima tra i vertici della struttura, e poi nell’FBI che ha fatto scattare l’indagine.
Secondo i legali degli imputati, la seguente irruzione condotta dall’FBI su permesso concesso dalle autorità e dai vertici del Ceasars sarebbe stata svolta in maniera illegale:
“Le vite dei nostri imputati non avranno più alcun aspetto privato – si legge nelle motivazioni della difesa – se ogni singolo accesso a Internet può diventare il pretesto per l’FBI per condurre un’indagine segreta. La Costituzione non ci costringe a troncare ogni collegamento, che sia esso a Internet, alla luce o al gas, per proteggerci dagli occhi indiscreti degli investigatori“.
Il governo federale sta indagando su questa vicenda, che sembrava essere stata chiusa in estate ma che invece potrebbe sollevare il coperchio sull’eccessiva intrusività da parte dell’FBI.