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il 24 Gen 2015

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Lo ‘sfogo’ di Simone Raccis: “Alcuni colleghi talvolta dimenticano che rappresentano un’intera categoria!”

Lo ‘sfogo’ di Simone Raccis: “Alcuni colleghi talvolta dimenticano che rappresentano un’intera categoria!”

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Qualche giorno fa tra i commenti al post di ‘addio’ a Poker Club di Giuliano Bendinelli è comparso quello di Simone ‘Ilcreativo85’ Raccis, che tra tanti ‘flamer’ ha esposto il proprio pensiero sulla figura del ‘professionista’ in maniera davvero lucida.

Senza lanciarci in interpretazioni, lasciamo a voi la possibilità di farlo:

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Incuriositi però da quanto scritto dall’esperto grinder milanese, lo abbiamo contattato con l’intento di approfondire la cosa.

“L’immaginario comune del professional poker player – spiega Simoneè quello dato da chi ci rappresenta, vuoi con una patch vuoi per risultati di rilievo. Coloro che, di conseguenza, hanno un buon numero di ‘fan’. Quello che ne emerge e che riscontro nella quotidianità, sia online sia nella vita reale, è che noi o siamo visti come dei nerd senza vita sociale o come delle copie più o meno ben riuscite di Dan Bilzerian, diventando oggetto di scherno per chi il poker lo guarda. Per me, invece, esiste una categoria di player che sta nel mezzo a questi due estremi…”.

Simone, poi, si sofferma sulla questione della responsabilità sociale, con un giudizio piuttosto severo sulla condotta tenuta da alcuni suoi colleghi.

“Ognuno fa ciò che vuole e un aspetto positivo dell’essere professionisti è che si sta facendo la vita che abbiamo scelto. La serenità è fondamentale per fare bene sul lavoro. I lati negativi ci sono, quelli odierni sono legati al giudizio che ha di noi il ‘mondo reale’. In Italia il poker player già deve combattere il luogo comune di giocatore d’azzardo (e, ahimè, per il comportamento e la gestione del bankroll di alcuni è anche legittimo pensarlo). Poi, per via dell’atteggiamento di alcuni miei colleghi particolarmente noti, che avrebbero la responsabilità di rappresentare tutta la nostra categoria, ci troviamo ad affrontare il pensiero comune che conduciamo vite come quelle che ho descritto nel commento. Se questo è quello che emerge di noi è perché davvero qualcuno vive in tal modo. Attenzione, non sono qui per giudicare queste persone, ognuno ha il diritto di sentirsi libero, ma voglio solo ricordare loro che hanno la responsabilità di rappresentare una categoria, quindi non dovrebbero esagerare nell’ostentare davanti al grande pubblico, perché rischiano di cadere nei tranelli adescati da amatori e professionisti frustrati, i quali sui social network danno il via a discussioni osservabili da chiunque. Spesso, infatti, ne sono usciti dei teatrini desolanti, di qualità pessima, che non hanno fanno altro che sporcare ulteriormente il nostro movimento”.

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Il grinder meneghino ci spiega, infine, cosa intende per giocatore della ‘categoria di mezzo’. Un profilo, dunque, in cui si rivede appieno, andandone fiero.

“‘La terza categoria’ è composta da player che ‘cliccano’ al computer nelle stesse ore in cui altre persone fanno mestieri diversi. Il nostro lavoro è molto complesso sia tecnicamente sia perché, essendo imprenditori di noi stessi, dobbiamo saper gestire finanze e investimenti. In terzo luogo, il mindset gioca un ruolo decisivo. Chi non è troppo misurato perché gioca e vive fuori bankroll rischia maggiormente di andare ‘broke’. Chi, invece, ‘clicca’ troppo, magari scoppia e lascia il giochino dicendo ‘finalmente torno a vivere’. L’equilibrio è importante, credo che possedendo solide basi questa attività possa esser portata avanti per diversi anni”.

Simone, per chiudere, lancia un monito ai ‘patchati’ o, comunque, ai colleghi più conosciuti.

“Serve che non tirino troppo la corda e che si rendano conto di avere un ruolo importante, quindi una grande responsabilità: quella di rappresentare anche chi lavora più nell’ombra ma che, come loro, ha un confronto quotidiano col pubblico sui social network e nella real life. C’è un’immagine da ripulire. Tra multi-account, side-bet folli e teatrini intellettualmente poveri che si leggono quotidianamente su Facebook, c’è tanto da lavorare…”.

 

 

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