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Eros Ganzina raggiante per la sfida di Venezia: “E’ un sogno poter dirigere un casinò italiano!”
Il Casinò di Venezia ha ufficializzato nei giorni scorsi il nuovo direttore generale, che si insedierà in laguna dal 1° aprile.
A succedere a Vittorio Ravà, dunque, sarà il bolzanino Eros Ganzina, attuale direttore del Casino Portomaso di St. Julian’s (Malta).
Soddisfatto per questo rientro in Italia dopo un lungo girovagare, poco fa lo abbiamo raggiunto telefonicamente per sapere qualcosa in più, appunto, riguardo la sua scelta.
“E’ un sogno che si avvera poter dirigere un casinò italiano – esordisce raggiante Ganzina – dopo tante esperienze in giro per l’Europa, finalmente lavorerò nel mio paese. Ci tengo a sottolineare che sono stato scelto attraverso un bando pubblico, quindi il mio curriculum, costruito con fatica, ha pesato”.
Il 46enne lavora dal 1994 nel settore del ‘gaming’ e si è fatto le ossa tra Londra, dove è stato per 8 anni, Lugano (4 anni) e infine Malta, dove risiede tuttora. L’esperienza, quindi, non gli manca.
“Non sono spaventato, piuttosto la vedo come una bella sfida. Venezia nel 2015 ha registrato 30 milioni di turisti, quindi le potenzialità, con un bacino del genere e due distinte sedi, sono elevate. La location è importante, perciò l’idea è quella di portarci eventi di rilievo. Anche al poker, certo, sarà dato grande spazio”.
Non siamo riusciti a far sbilanciare più di tanto il direttore, ma ci ha fatto capire, comunque, che in testa il da fare è già ben chiaro.
“Ho tre/quattro idee molto interessanti, ma per adesso non posso dir nulla. Tutte le novità verranno comunicate pian piano, senza fretta. D’altronde mi insedierò solo tra qualche mese…”.
La sfida è bella perché a Ganzina è stato proposto un contratto di un anno e mezzo, un lasso di tempo lungo, ma non infinito, per provare a rilanciare il casinò veneziano, che già nel 2015, comunque, ha visto aumentare gli incassi. Una boccata d’ossigeno, insomma.
“Ci sarà tutto il tempo necessario per lavorare al meglio. L’unica cosa che mi spaventa dell’Italia, però, è la poca propensione al cambiamento, come se da noi ci fosse timore a cambiare marcia…”.