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Il poker dove non t’aspetti: alla base NATO di Kabul si gioca da anni ogni venerdì!
La location ha poco a che vedere con la Strip di Sin City.
Ma il poker è ormai un vero e proprio fenomeno di massa, e anche negli angoli più remoti del pianeta potreste avere l’occasione di trovare un tavolo verde e delle chips.
Difficilmente, però, ci saremmo aspettati di vedere il nostro amato giochino, in un Paese attanagliato per anni da conflitti armati come l’Afghanistan. E invece – come racconta Pokernews – alla base NATO di Kabul, il Texas Hold’em è ormai una vera e propria istituzione e ogni venerdì, da lungo tempo a questa parte, i militari delle Nazioni Unite si riuniscono in un grosso salone per giocare un vero e proprio torneo di poker.
Nessun premio in denaro in palio, ma solamente tanta voglia di divertirsi e di staccare con i ben più seri accadimenti della vita reale. Douglas Roberts, membro dell’ISAF (International Security Assistance Force) è stato l’uomo che ha sdoganato il Texas Hold’em in questo singolare contesto:
“Sono stato in Afghanistan dal 2001 al 2014 e ricordo ancora quando nel 2007 decisi di organizzare la prima partita. In tanti non avevano ancora mai giocato, ma si sono subito applicati e hanno iniziato ad amare il gioco. Con il passare degli anni siamo arrivati ad organizzare tornei da oltre 80 persone e per dare maggiore brio alla competizione ho creato una leaderboard a punti per stimolare i giocatori.”
In quegli anni il poker si espanse in maniera inarrestabile e Roberts ricorda bene quando la voce di questi home games giunse all’orecchio della base americana:
“Ovviamente erano molto incuriositi e qualche tempo dopo di noi, crearono a loro volta una serata dedicata al poker. Qualche mese dopo decidemmo di condividere questa passione assieme: i migliori 8 del nostro gruppo si scontrarono contro i loro migliori in un torneo memorabile. Fu davvero molto divertente, un modo perfetto per stemperare la tensione che si viveva ogni giorno.”
Il Texas Hold’em è riuscito a far valere quella grande componente d’integrazione sociale insita nel gioco stesso:
“Nelle Nazioni Unite erano arruolati ragazzi francesi, inglesi, americani, macedoni e di tanti altri Paesi. Vederli seduti tutti assieme ad un tavolo è stato un fattore che ha portato a renderli più affiatati tra loro, anche sul campo di combattimento. Inoltre il dover parlare necessariamente inglese al tavolo verde ha ridotto anche le barriere linguistiche. La cosa davvero bella è stata vedere il loro sviluppo come player: in tanti avevano capito che l’Hold’em è prevalentemente un gioco di tattica e strategia, piuttosto che fortuna!”
Roberts, congedato nel 2014, riceve tutt’oggi delle mail dai ragazzi del campo, che lo invitano a creare nuove leaderboard e tornei per far sì che la tradizione non muoia anche ora che la situazione in Afghanistan è certamente meno complessa rispetto a qualche anno or sono.