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La Cuba del gioco raccontata da Gianfranco Preverino: “Anche il dittatore Batista barava…”
Da pochi giorni è morto Fidel Castro e con Gianfranco Preverino, in una piacevole chiacchierata, abbiamo parlato di quanto peso ebbe a Cuba, prima della rivoluzione, il gioco d’azzardo.
“Il gioco era diffuso sull’isola – ci ha raccontato Preverino – già a partire dalla seconda metà del 1800, poi col tempo questo prese sempre più piede perché a Cuba giravano molti americani facoltosi, come fosse una sorta di protettorato degli Stati Uniti”.
Lo switch sostanziale, poi, lo si ebbe nel ‘900, ovviamente ben prima della rivoluzione che pose fine a ogni tipo di velleità.
“Tra gli anni venti e trenta del secolo scorso le case da gioco vennero prese completamente in mano dalla mafia, che le gestivano soprattutto per riciclare il denaro sporco. Non avevano neppure troppo bisogno di ottenerne profitto, anche se ciò avveniva regolarmente data la grande affluenza di pubblico. In quel periodo, tra l’altro, parallelamente al gioco d’azzardo, si tenevano nei club un’infinità di interessanti spettacoli che animavano la vita a Cuba. Uno delle case da gioco più importanti allora era il Montmarte Club…”
Incuriositi da quella Cuba frenetica di inizio XX secolo, abbiamo chiesto a Gianfranco quali fossero i giochi più in voga al tempo.
“Non era molto diverso rispetto a oggi, i giochi preferiti dai ricchi turisti erano la roulette, il black jack, i dadi e le prime slot machine. Erano presenti anche molti bari, i quali si spostano ovviamente laddove l’azione è interessante, e là al tempo lo era. Il controllo in generale era minore rispetto a oggi, dunque questi avevano vita facile. A truffare, talvolta, erano i croupier, quindi persone stipendiate dagli stessi casinò. Legato a questo c’è un aneddoto curioso: nel 1953 la polizia fece irruzione in alcune case da gioco e arrestò 13 mazzieri bari di nazionalità statunitense, i quali vennero estradati nel loro paese d’origine”.
Molte storie interessanti si sono purtroppo perse nel tempo, ma Preverino ci ha raccontato comunque qualcosa di davvero curioso.
“Tra fine ‘800 e inizio ‘900 arrivò a Cuba un baro spagnolo, dal cognome italiano Bianco, il quale portò con sé numerosi mazzi di carte segnate, che vendette a un prezzo concorrenziale alle varie case da gioco. Allora generalmente venivano comprate carte standard, i casinò non se le facevano fare personalizzate come avviene oggi. Il baro, poi, andava a giocare e vincere in quei casinò dove aveva venduto le sue ‘convenienti’ carte. Non solo Bianco, anche il dittatore Batista aveva il vizietto di barare quando giocava a Canasta: i suoi camerieri, sfruttando il fatto di servire bevande e cibo, segnalavano le carte degli avversari allo stesso dittatore…”.
Tornando ai giorni nostri, abbiamo infine domandato a Preverino cosa si aspetta adesso da Cuba, ovvero se senza Fidel Castro potrà tornare in voga il gioco.
“Difficile da dire, intanto bisogna vedere quello che accadrà a livello politico. Credo comunque sarà molto difficile che si sviluppi di nuovo, semplicemente perché oggi la gente predilige il gioco online e non si sposta come un tempo per andare a cercare fortuna al casinò”.
(immagine di copertina fornita da Gianfranco Preverino)