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il 17 Feb 2017

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Il coach Ed Miller spiega il significato di un check: “Di solito indica debolezza, ma non sempre”

Il coach Ed Miller spiega il significato di un check: “Di solito indica debolezza, ma non sempre”

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Cosa significa un check al tavolo da poker?

Non poniamo ovviamente la domanda da un punto di vista regolamentare, ma pensiamo al check inserito all’interno di un ragionamento strategico.

Ci aiuta a fare chiarezza il coach e autore americano Ed Miller, che in un suo articolo prova a spiegare quanto può essere diverso un check in varie situazioni.

Miller introduce la lezione così: “Quando le persone mi chiedono pareri sulle loro mani, c’è un’idea fraintesa che torna ripetutamente“.

Ecco l’esempio di una storia tipica che Miller ha sentito molte volte: “Dopo un limp ho rilanciato a 25$ trovando il call del big blind e del limper. Su un flop king-high entrambi hanno checkato. I loro check mi hanno suggerito debolezza e così ho puntato per provare a vincere il pot“.

L’idea chiave qui sta nell’ultima frase. Il giocatore dice di puntare al flop perché gli avversari hanno checkato mostrando debolezza.

Miller sentenzia: “L’idea è in parte corretta e in parte sbagliata“. Analizziamola, allora.

In generale, il check è una mossa debole. Questa parte è corretta. Miller spiega che “se l’avversario checka e tu punti, nella maggior parte dei casi farà fold o call. Il check-raise è relativamente raro e usato per deception, per mascherare la forza di una mano“.

I check sono deboli in quasi tutte le situazioni o almeno più deboli delle puntate. Ma non tutti i check sono ugualmente deboli. Alcuni sono molto deboli, altri meno. Come capire la differenza?

La prima cosa da chiedersi, secondo Miller, è: “Quanto spesso il mio avversario punta in questa situazione?“.

Se in uno spot supponiamo che l’avversario dovrebbe puntare spesso e invece checka, il check va valutato come molto debole. Miller dice: “Se pensi che punterà molte mani forti e invece checka, difficilmente ha una mano forte“.

Viceversa, se una puntata avversaria sarebbe una stranezza, il check non è così debole. Questo si verifica quando un oppo checkerebbe sia mani forti che mani deboli, per abitudine o per nascondere la forza della mano. Di solito per entrambe le ragioni, secondo Miller.

Cerchiamo allora di indivuduare varie situazioni in cui i check assumono valenze potenzialmente molto diverse. Ecco un utile elenco da prendere come promemoria:

 

Checking to the raiser

Fare check aspettando l’azione di colui che ha rilanciato preflop è una strategia comune. È quello che è successo nella mano portata a esempio. Poiché è comune, quei check non ci danno molte informazioni, gli avversari lì checkano sia mani forti che mani deboli.

Probabilmente sono deboli, ma solo perché solitamente si è deboli sulla maggior parte dei flop. È difficile hittare qualcosa di buono. Ma non sono deboli perché hanno checkato. Il check significa poco perché lo fanno con molte mani.

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Quindi puoi considerare debole chi checka al flop, ma devi cambiare subito idea quando danno segnali di vita successivi.

Il check nei piatti multiway

La logica cambia quando nei piatti ci sono più giocatori. Se hai un solo avversario, puoi aspettarti un suo ‘check to the raiser’ sulla maggior parte dei flop. Contro due avversari, accade di solito lo stesso. Quando però hai tre o quattro avversari, la dinamica cambia. Questo perché i giocatori fuori posizione non si aspettano più molto spesso una puntata del preflop raiser.

Se in un piatto ci sono sette giocatori, per esempio, pochi di loro pensano che tu punterai anche senza aver hittato nulla. I giocatori fuori posizione allora punteranno le loro mani di valore, non faranno check.

Quindi, più giocatori ci sono nel pot e più deboli sono i loro check, anche se sono dei ‘check to the raiser’.

Quando il raiser checka

Quando il raiser checka al flop, solitamente è molto debole. Puoi arrivare a questa conclusione seguendo una logica precedente. Ci si aspetta una puntata dal raiser. Una sua puntata però non sarebbe necessariamente molto forte. Ma punterebbe tutte le mani forti. Un check di solito indica mani molto deboli, a volte una mano forte giocata per deception.

Chi checka in posizione al flop dopo che un raiser ha checkato, di solito è molto debole. Questi giocatori non stanno facendo un ‘check to the raiser’, perché il raiser ha già checkato. Quasi tutti i giocatori qui punterebbero una mano di valore, quindi un check è molto debole.

 

Applichiamo questi concetti

Miller fa diversi esempi utili: “Sei sul bottone in un piatto con quattro giocatori. Il preflop raiser è seduto alla tua destra. Ci sono dei check e al flop e anche il raiser checka. È uno spot buono per bluffare. Tutti i check mostrano debolezza in questa mano.

Sei sul grande buio contro un limper e un raiser. Al flop checkano tutti. Dovresti bluffare al turn. Fai però attenzione al limper perché il suo check al flop non è per forza debole.

Un giocatore limpa e tu rilanci. Il grande buio chiama e chiama anche il limper. Il grande buio punta mezzo pot al flop. Potresti chiamare o rilanciare. La puntata indica debolezza.

Due giocatori limpano a tu rilanci dal bottone. Chiamano i bui e i limpers. Scende un board non coordinato. Tutti checkano fino a te. Questa è una situazione in cui puntare e bluffare eventualmente al turn. I check qui sono più deboli dei soliti ‘check to the raiser’. Troverai un call al flop ma una bella puntata al turn ti farà vincere“.

 

In conclusione, possiamo dire che il check indica debolezza ma con i concetti spiegati da Miller si può andare più a fondo della questione.

Alcuni check sono davvero molto deboli, altri sono ‘procedurali’ e non significano molto. Con un po’ di logica possiamo distinguerli e capire quando puntare!

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