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Mauro Tarantini tra poker e teatro: e se la miglior strategia di gioco fosse…una battuta?
Il poker come metafora della vita?
Può darsi. In tanti credono che le analogie siano tante e tali da pensare che si, il Texas Hold’em possa in un certo qual modo racchiudere sotto un’altra forma le caratteristiche di una persona, il suo essere al mondo, la sua vita.
Di sicuro qualcosa di magico deve esserci in questo gioco che tanto ci appassiona. Più di quanto avremmo potuto immaginare, perlomeno la prima volta che ci siamo seduti a un tavolo verde.
Se, parafrasando Shakespeare, ‘la vita è come un teatro’ quale miglior palcoscenico per recitare il proprio personaggio se non il tavolo da gioco. Perché ciò che conta non è sempre avere la mano migliore dell’avversario, piuttosto convincersi e convincere gli altri di averla. Recitazione, come in teatro appunto.
Chi quindi, meglio di un attore comico come Mauro Tarantini, nonché grande appassionato delle due carte, poteva dirci qualcosa a riguardo:
“Cerco sempre di unire il poker al cabaret – racconta Mauro durante la pausa cena del Phase 1 – ma non solo al tavolo da gioco. Probabilmente sono l’unico comico al mondo ad esser riuscito a portare uno spettacolo in un casinò, lo scorso anno, a Campione. Quest’anno ci riproverò assieme a Mike Rollins, comico di Philadelphia, ma negli States e precisamente a Las Vegas.”
Così come nel poker, anche nel mondo della recitazione carpire i segreti del mestiere non è sempre così facile come potrebbe sembrare. Mauro ci ha svelato come si costruisce una battuta riuscita e i parallelismi con l’Hold’em sono davvero impressionanti:
“C’è una regola, la regola del tre: per rinforzare la battuta principale si usa farne altre per poi arrivare alla bomba finale. Un esempio? I miei nonni ai tempi del proibizionismo gestivano una distilleria di alcool e io sono astemio. Nonno beveva whisky e una volta era così ubriaco che ha visto la madonna..che fortuna! La madonna gli dice: ‘Chiedimi qualunque cosa…’ ‘Maria, un doppio whisky per piacere!’ Invece mia nonna beveva rum, tantissimo rum, quando l’abbiamo cremata è esplosa…Boom, pareva un babà! Mia mamma invece beveva solo vino e ve lo giuro, la prima frase che ho imparato da bambino è stata: ‘Mamma, questa tetta sa di tappo…’ E lei:’Pow!’ Me ne ha stappata un’altra […] Perché ridi forte in terza? Perché grazie a questa costruzione crei un’aspettativa nello spettatore per poi depistarlo con un espediente, in questo caso il tappo. Non te lo aspetteresti ma lo spiazzamento, l’immagine e la visualizzazione del bimbo che ciuccia una tetta da cui esce del vino, contribuisce a creare questo effetto.”
A pensarci bene una mano di Texas Hold’em si divide appunto in tre fasi. E per raccontare una storia convincente occorre preparare il terreno per ‘spararla grossa in terza’, al river appunto. D’altronde cosa sono i giocatori se non dei teatranti? Più o meno abili certo, ma pur sempre tali: il tavolo è il set dell’azione nel quale noi (i protagonisti) mettiamo in scena la nostra performance per aver la meglio sull’avversario (l’antagonista) mentre gli altri giocatori non coinvolti nel colpo assistono, come fa il pubblico, a ciò che accade davanti ai loro occhi.
“Nell’Hold’em c’è il sogno, le bugie, la verità, il bluff, la tensione, la passione, la speranza – prosegue Tarantini – insomma c’è davvero tanta roba in questo gioco. Ad esempio io odio quando mi chiamano i bluff perché significa che sono stato prevedibile. Anche se è facile bollare l’avversario come un incapace, perché magari ha azzardato la chiamata, in realtà il somaro sei tu. Perché sei tu che devi capire con chi parlare, con chi misurarti. E questo il poker te lo insegna. Insomma, la sensazione che ne scaturisce è come quella di una battuta non riuscita.”
E uno scoppio?
“Uno scoppio? Beh, equivale a una battuta rubata!”
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