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il 5 Lug 2018

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Cosa succede se non viene attivata la procedura UE di ‘Stand Still’ per il divieto totale di pubblicità sul gaming?

Cosa succede se non viene attivata la procedura UE di ‘Stand Still’ per il divieto totale di pubblicità sul gaming?

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Nel discorso video successivo alla approvazione, il vice-presidente del Consiglio Luigi Di Maio ha detto che il divieto totale di pubblicità sul gaming entrerà in vigore non appena il presidente Mattarella firmerà il decreto dignità (che, lo ricordiamo, deve poi essere trasformato in Legge entro 60 giorni pena la sua decadenza).

Ma in realtà le cose non starebbero affatto così. Secondo una fonte di alto profilo che in passato ha regolamentato il nostro settore, infatti, per il decreto dignità deve essere attivata la procedura comunitaria di “Stand Still”: come succede per ogni misura che può alterare la libera circolazione di beni e servizi nei confini europei, il decreto deve essere comunicato alla Commissione Europea, dove resta “in pausa” per 90 giorni per permettere agli altri Stati membri di prenderne visione ed, eventualmente, eccepire sui suoi contenuti.

Solamente dopo questo passaggio, se gli altri Stati non hanno di che eccepire, il provvedimento può entrare in vigore.

In materia di gaming la procedura è stata sempre attivata: ultimi in ordine di tempo, i casi della nuova legislazione sul gioco di Malta, e il Portogallo quando ha modificato i propri regolamenti per aderire alla liquidità condivisa.

Anche AAMS, ogni volta che c’era un nuovo regolamento su qualche gioco o qualche modifica tecnica, ha sempre proceduto a notificare le modifichea Bruxelles. E in passato, quando non lo ha fatto, ci sono stati strascichi

 

Cosa succede se non viene attivata la procedura di ‘Stand-Still’?

Uno dei casi più lampanti nella nostra nicchia riguarda la modifica della legge che bloccò i siti illegali dopo la partenza del sistema concessorio italiano.

In quella occasione – ormai si parla di tanti anni fa – l’Italia non notificò la modifica alla UE, che aprì un pre-contenzioso mettendo in mora il nostro paese.

Un anno dopo il provvedimento venne regolarmente notificato e dopo i 90 giorni a Bruxelles la legge entrò in vigore. Se l’Italia non avesse attivato lo ‘stand-still’ dopo la messa in mora da parte della UE verosimilmente sarebbe partita una procedura di infrazione con sanzioni salatissime, nell’ordine dei milioni di euro.

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Non che ciò abbia sempre fatto da deterrente per i nostri governanti: negli anni le infrazioni alle disposizioni UE sono costate alle casse dello stato italiano la bellezza di 180 milioni di euro (di cui 79,8 milioni per le direttive su discariche e rifiuti, e 53 milioni per i contratti di formazione lavoro).

Ma si capisce bene come in mancanza dello ‘Stand-Still’ il divieto totale di pubblicità sui giochi potrebbe aver bisogno di coperture finanziarie che a oggi non sono state messe in conto dal Governo.

 

Chi può denunciare la mancanza dello ‘Stand-Still’ per il divieto totale di pubblicità sui giochi?

Tutti i soggetti interessati da un provvedimento che modifica la libera circolazione europea di beni e servizi possono denunciare alla Commissione UE la mancata attivazione del dispositivo ‘stand-still’.

Va da sè che per questo divieto totale di pubblicità sui giochi i primi soggetti interessati sono i concessionari, e non solo quegli 80 che di recente hanno ottenuto una delle nuove concessioni erogate da AAMS.

La modifica degli orizzonti pubblicitari sul gaming, infatti, snatura il contratto sottoscritto con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato, che nell’articolo 5 prevede espressamente iniziative promozionali e pubblicitarie da parte dei concessionari, che sono tenuti“A porre in essere attività di informazione ai consumatori, relativamente ai regolamenti dei giochi, alle condizioni generali di offerta contenute nello schema di contratto di conto di gioco, nonché alle prescrizioni e disposizioni vigenti per la tutela del gioco lecito e per la promozione del gioco sicuro, legale e responsabile, anche in attuazione di specifiche campagne di comunicazione istituzionale di AAMS”, oltre a “comunicare preventivamente ad AAMS le iniziative e le campagne pubblicitarie di livello nazionale, organizzate dal concessionario stesso, anche al fine di consentire il necessario coordinamento con quelle previste da AAMS”.

In tal senso si sta già muovendo il combattivo manager di LeoVegas Niklas Lindahl, che contro questo divieto ha già annunciato ricorsi in tutte le sedi se Di Maio non accetterà il suo invito ad aprire un tavolo di lavoro a Roma per regolamentare la pubblicità sul gaming.

Staremo a vedere se altri concessionari seguiranno la posizione dello svedese, o se invece preferiranno attendere nella speranza che il divieto totale di pubblicità sul gioco venga modificato dal Parlamento al momento di trasformare il decreto in Legge.

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