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il 3 Ago 2018

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“Finchè il fisico me lo permetterà non disdegnerò mai una partita” Doyle Brunson diventa coach e posticipa l’addio al poker!

“Finchè il fisico me lo permetterà non disdegnerò mai una partita” Doyle Brunson diventa coach e posticipa l’addio al poker!

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Doyle Brunson torna in scena.

In realtà, eccezion fatta per qualche annuncio frainteso dai più, Texas Dolly non si è mai realmente allontanato dal tavolo verde.

La dimostrazione più lampante è arrivata proprio nel corso delle ultime World Series Of Poker, dove è riuscito a centrare un clamoroso final table – assime al nostro Dario Sammartino al 2-7 Lowball Championship – chiudendo in 6° posizione per 43.963$.

La gente ha preso l’annuncio del mio ritiro nella maniera sbagliata – ha raccontato Brunson nel corso di una recente intervista rilasciata ai colleghi di Pokernews.com – probabilmente per mia stessa colpa. Ho annunciato di aver chiuso con le WSOP perché fisicamente non riesco a reggere tornei così lunghi, ma finché il fisico me lo consentirà non disdegnerò mai una partita a poker!

Il poker è un ottimo strumento per tenere la mente sveglia” aveva dichiarato in tempi non sospetti e, nonostante i limiti imposti dagli 85 anni di età (li festeggerà il prossimo 10 agosto), la voglia di mettersi in discussione non sembra essersi placata.

Ma se le maratone in formato torneo targate WSOP non fanno più per lui, il discorso cambia quando si parla di vestire i panni del poker coach. Eccolo allora prender parte, assieme al figlio Todd, a un progetto in ballo già da diverso tempo: “Almeno un paio d’anni, – spiega Doyle – ma a causa dei numerosi impegni non ero mai riuscito a dedicarmici a pieno.

Il corso costa 149$ americani e include un libro, un CD-audio, delle flashcard, delle tabelle e un sito di training online: Ci occupiamo di fornire una solida strategia di base, diversi modi per variare il proprio gioco a secona delle esigenze, problemi da affrontare al tavolo con annesse soluzioni e live tells. Insomma, cerchiamo di parlare di poker in tutte le sue sfaccettature.

Sarà per l’avanzare degli anni o per una semplice questione di convenienza, ma i più attenti avranno storto il naso nel vedere Doyle Brunson lanciarsi in questa nuova avventura dopo aver ammonito Negreanu appena qualche mese prima per la stessa ragione, consigliandogli di: “Smetterla subito di fare il coach.

Il bue che dice cornuto all’asino” per usare un’espressione popolare, dal momento che lo stesso ‘Texas Dolly’ (per sua stessa ammissione tra l’altro) fu tra i principali responsabili dell’aumentata aggressività dei giocatori negli anni del boom del Texas Hold’em, grazie al suo “Super/System” (un bel mattoncino da 605 pagine) a cui si è aggiunto un sequel da 672, con contributi di pokeristi illustri quali Bob Baldwin, Mike Caro, David Sklansky, Phil Hellmuth e Daniel Negreanu.

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In occasione dello scambio di battute via Twitter tra le due leggende viventi del poker – ieri Doyle, oggi Negreanu – Daniel tagliava corto rispondendo: “Un conto è insegnare la strategia, un altro è metterla in pratica!

E allora, dato che per Brunson Senior la carriera da torneista pare esser giunta al capolinea, perché non sfruttare la sua enorme popolarità per dar vita a un corso di training pokeristico da vendere online?

Allo stato attuale delle cose vedere padre e figlio occuparsi di poker può sembrare scontato, ma stando al suo racconto l’entrata di Todd – grande amico del nostro ‘Pirata’ Max Pescatori – nel mondo del gambling trovò qualche resistenza in famiglia:

Ricordo che Todd era al terzo anno di università, stava per laurearsi in legge, quando decise di fare il professionista. Studiava in una piccola città nel Texas nota per essere molto attiva dal punto di vista del gambling, ma onestamente non pensavo nemmeno conoscesse le regole del poker fino a qualche anno prima. Dopo aver fatto un po’ di esperienza ai tavoli, un bel giorno tornò a casa e disse: ‘Diventerò un poker player professionista!’ Gli risposi: ‘Tu sei pazzo!’ Nemmeno la madre prese la notizia con entusiasmo…”

Invece di opporsi radicalmente alla sua decisione, papà Doyle decide di mettere alla prova il figlio per vedere se fosse davvero in grado di cavarsela:

“In quegli anni vivevamo in California e una sera decido di portarlo con me in uno dei casinò di zona. Appena l’ho visto in azione ho capito subito che sapeva il fatto suo. Era un talento naturale sebbene io non gli avessi mai insegnato nulla a riguardo. Da quel momento ho cominciato a supportarlo nella sua scelta.” 

I fatti hanno dato ragione a entrambi: con circa 11 milioni di dollari lordi vinti nei tornei live e altrettanti braccialetti – ok 10 portano la firma del papà – i Brunson sono diventati lo spot perfetto per il poker. Riusciranno a sfruttare l’onda affermandosi anche come coach?

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