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Candio vs Cheong: la mano più vista della storia del poker! Perché secondo Candio è così speciale?
Forma e sostanza.
Appagare l’immagine che gli altri hanno di noi o assecondare la propria natura fino in fondo, e chi se ne frega del giudizio altrui?
E’ su questo piano che si è giocata la mano più vista nella storia del poker, quella giocata tra Filippo Candio e Joseph Cheong al Main Event delle WSOP 2010, almeno secondo uno dei due protagonisti.
La considerazione che un pokerista moderno ha per giocatori come Pippo Candio, Dario Minieri e compagnia cantante, esula dai normali schemi di giudizio: è grazie a loro che molti di noi si sono appassionati al Texas Hold’em e, siano stati o meno nostri beniamini, sempre loro ci hanno fatto vivere il gioco come nessun’altro prima d’ora.
Le vacanze in terra sarda sono state un’ottima scusa, da parte di chi scrive, per incontrare uno dei personaggi più amati, o detestati, dall’Italia del poker. Uno che per via della storia, o della sua stessa natura, non riesce proprio a passare inosservato.
E così, in un raro pomeriggio piovoso cagliaritano, ci sediamo accanto a Filippo e riavvogliamo il nastro schiacciando nuovamente play, per la 16milionesima volta o giù di lì:
“In quella mano c’è tutto. Ci sono gli estremi opposti di ogni tipologia di sentimento che si può provare nel poker: da un lato la mano invincibile per molti, che altri considerano un incubo per paura di esser scoppiati, dall’altra una infida, beffarda, l’incognita della vita. Ognuno tende a vedere in questa mano una parte di sè e l’effetto si amplifica ancor di più tra i pokeristi, data la loro naturale predisposizione a identificarsi totalmente col gioco.”
Quante volte l’hai rivista?
“Poche. Chiedimi piuttosto quante volte mi hanno chiesto di parlarne…Ci credi che ancora oggi, almeno una volta a settimana, qualcuno mi fa domande su questa mano?”
Il video prosegue e si arriva allo showdown…
“Guarda qua! Soldi enormi, esultanza incontenibile, pietrificazione. Da una parte la personificazione della gioia, dall’altra una delusione così forte da non lasciar spazio a esternazioni corporee. Cosa vuoi di più da una mano di poker?”
A distanza di tempo, che emozioni ti dà questa mano da spettatore?
“Io stesso, come tutti gli altri, ci ho visto qualcosa…Ma solo dopo, perché nel momento stesso in cui ho cominciato a parlarne ho smesso di capirla per quello che è realmente stata. Ho avuto la fortuna di viverlo, quel momento, ecco perché parlo così: al contrario degli altri ho potuto osservarla anche da dentro. E se devo dire la verità, non c’è stato un singolo momento in questa giocata in cui ho pensato a qualcosa…In termini di conseguenze si intende, nel senso ‘cosà succederà se esulto o chissà se vincerò o perderò’, l’ho vissuta a pieno in base alle mie conoscenze del gioco in quel momento, come va vissuto il poker.”
I più maliziosi sostengono che fossi cosciente del rischio e che tu abbia giocato d’impulso, come se stessi cercando di auto-sabotarti…
“Sabotarsi sarebbe stato foldare! Il mio calcolo dell’equity rispetto all’history precedente, come ho spiegato in diverse occasioni, mi diceva che il range di mani con cui poteva fare quella giocata era più ampio di quanto potesse sembrare. Prima di chiamare ho riflettutto una decina di minuti, ora non ricordo di preciso ma qualcuno ha chiamato il clock e mi son deciso a metà time-bank anche se dal montaggio sembra che abbia chiamato all’istante.
La vera domanda da farsi qua era un’altra: Io questo torneo voglio vincerlo o ho paura di vincerlo? Quando mi ricapita un’altra occasione di avere un’equity così alta contro un giocatore così forte? Mi son preso i miei rischi e ho scelto di andare fino in fondo. Poi magari verrò visto come un cretino da tutto il mondo, ma che importa? Se invece avessi foldato, tenendo conto delle considerazioni che avevo fatto sul momento, avrei passato tutta la vita nella cosapevolezza di essermi ‘cagato addosso’ nel momento più significativo della mia carriera.
Nella vita ci sono cose che capitano una volta sola e tutte le regole del mondo in quel frangente vanno a farsi benedire. Sono occasioni che anche se succederanno di nuovo non accadranno mai nello stesso modo. E’ una cosa personale, molto pratica, dove la matematica c’entra poco. La percezione interiore è razionale e in questa mano si può razionalmente sia chiamare che passare. Diciamo che, da un’analisi esterna, al 90% puoi foldare e al 10% chiamare, ma a scovarlo c’è sempre un buon motivo per fare qualsiasi cosa. Qui tutti hanno ragione e tutti torto: io l’ho vissuta a modo mio, non come gli altri avrebbero voluto per me.”
L’immagine si ferma un istante prima del river, con Filippo appeso alla transenna e il dealer pronto a girare l’ultima carta. ( LEGGI QUI il divertentissimo racconto dell’accaduto visto dalla prospettiva di Gabriele Lepore)
Dicci a verità, arrivati a questo punto hai pensato di ‘scularlo’ o no?
“Guarda la mia faccia, è ovvio che io qui sapessi già che avrei vinto!”
A questo punto, non potevamo far altro che riproporvi il video: