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Chi sono gli italiani che hanno giocato il tavolo finale del Main Event WSOP?
Il main event ha appena mandato agli archivi l’edizione 2019 delle WSOP. Festeggiato il mezzo secolo di vita nel migliore dei modi e per noi italiani poteva chiudersi davvero con il botto. In parte lo è stato, anche se c’è un pizzico di rammarico per il bracciale sfuggito a Dario Sammartino al tavolo finale del main event. Una seconda piazza che vale comunque 6 milioni di dollari e il ringraziamento del tifo azzurro per le grandi emozioni vissute.
Emozioni alle quali ci stiamo abituando con una certa frequenza nel main event, visto che per la terza volta in 9 anni un giocatore italiano raggiunge l’ultimo atto del campionato del mondo. Va da se che la cavalcata di Dario Sammartino è completamente differente dalle altre, ma tutte hanno accesso le speranze italiane per il trionfo finale.
Da Filippo Candio a Dario Sammartino appunto, passando per Federico Butteroni. Ognuno a suo modo a contribuito a scrivere pagine indelebili in questo torneo per i nostri colori. E allora riviviamo le tre cavalcate nei rispettivi tavoli finali non prima di aver rinfrescato la memoria con una grafica riassuntiva.
2010 – Filippo Candio
In principio fu “Drive On“. Filippo Candio tenne sveglia una comunità intera nel corso del day 7, nella discesa al tavolo finale. Una prima storica che diventa doppia considerando l’era dei “November Nine“. Siamo negli anni in cui una volta formato il tavolo finale, i magnifici 9 imbustano, incassano il nono premio e torneranno a giocarsi il bracciale a quattro mesi di distanza. Un format bellissimo e del quale sentiamo la mancanza. Ma torniamo a Filippo Candio.
Il sardo è una scheggia impazzita nella settima giornata del main event: crolla, risale, lotta, esulta, scoppia Cheong e poi fa urlare di gioia. Per la prima volta abbiamo un giocatore italiano al tavolo finale. Quattro mesi dopo il sogno si alimenta, con i double up che scatenano la gioia azzurra nel teatro dei sogni e per chi lo sta seguendo da casa. Chiuderà al quarto posto Filippo Candio, consapevole di aver fatto il massimo e di aver regalato spettacolo senza sosta. In fondo Filippo è uno di quelli che lo schermo lo buca a prescindere.
In quel main event in 7.319 ci provarono e se per Candio ci sono oltre 3 milioni di dollari, il campione del Mondo Jonathan Duhamel metterà le mani sulla prima moneta da 8.944.310$. Il più bel final table di sempre per molti, con Joseph Cheong che si condanna quasi da solo al terzo posto e John Racener runner up. Tutto questo senza dimenticare la quinta posizione di Michael “The Grinder” Mizrachi e l’ottava di Matt Jarvis. Gente che ha fatto e continuerà a fare la storia di questo gioco, anche dopo quel tavolo finale.
2015- Federico Butteroni
L’exploit che non ti aspetti. Cinque anni dopo Filippo Candio, spetta a Federico Butteroni provarci. Il romano fino a quel momento è un nome poco conosciuto: ha iniziato negli anni pioneristici del poker in Italia, poi emigra per qualche anno in Australia. Tornato dalla terra dei canguri, si ferma nel suolo natio, ma solo il tempo di stendere il programma personale in vista delle WSOP 2015. Vola a Las Vegas e dopo un paio di deep run in altri eventi, punta deciso nel mondiale.
Una corsa folle, fra alti e bassi, fino a mettere in tasca l’ambito pass per il final table. Per la seconda volta nella storia del poker azzurro, c’è un altro italiano al tavolo finale del main event. Giocatore completamente all’opposto di Candio, meno scenico e spregiudicato, non buca lo schermo come il sardo: eppure ci è arrivato con pieno merito, con il suo stile schivo ed efficace. C’è solo un problema sulla strada che conduce al bracciale: uno stack molto corto.
Serve l’ennesimo “Miracolo Italiano” per un Butteroni che nel day 7 di colpi di reni ne ha messi a segno parecchi. Quattro mesi di attesa, ma al final table le carte non girano come devono e in ottava piazza si arena il sogno del romano e di tutti gli azzurri pronti a sostenerlo. Incassa 1.097.056 dollari, mentre si laurea campione lo scatenato Joe McKeehen: da leader aveva iniziato l’americano e con il successo mondiale chiuderà i giochi per $7,683,346, mettendo in fila 6.419 rivali.
2019 – Dario Sammartino
Con la nostra virtuale macchina del tempo arriviamo ai giorni nostri. Dario Sammartino non ha bisogno di presentazione. Lui e Mustapha Kanit rappresentano l’eccellenza del Made in Italy nel poker mondiale. Eppure il main event è sempre il main event. Per la gloria, per la storia, per il fascino e per i soldi, non ha uguali nel globo. E’ il Torneo per eccellenza. Dunque non importa se sei un professionista affermato o l’ultimo dei giocatori occasionali. Se lo vinci entri nell’olimpo.
Dario Sammartino nel corso del tempo ha vinto e stravinto, soprattutto nel circuito degli high roller, dove i suoi avversari oltre a considerarlo un top player, lo temono. Perché è forte e imprevedibile, perché ha un qualcosa che gli altri non hanno. Basti pensare quando è ripartito penultimo nel count con appena 10 big blinds: in molti avrebbero alzato bandiera bianca. Lui no. Ha attaccato come se non ci fosse un domani e a suon di raddoppi e bluff è andato a prendersi la sedia per l’atto finale.
Il resto della storia la conosciamo e se il finale può risultare in parte amaro, non dimentichiamo che Dario Sammartino ha chiuso al secondo posto in mezzo a 8.569 player. Il main event più grande di sempre, dopo quello del 2006 ovviamente. E’ mancato il guizzo finale, o se preferite la lode ad un voto accademico già di per se perfetto. I 6 milioni incassati sono un’ottima medicina per cancellare la delusione di un trionfo che sarebbe stato monumentale. Onore ad Hossein Ensan, giocatore per passione, con 10 milioni di dollari in più sul suo conto corrente.