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Quanto conta la fortuna nel poker secondo Nicola Cappellesso?
Cinque luglio 2019.
Sul profilo di Nicola Cappellesso compare un ricordo di qualche anno fa che stuzzica la nostra curiosità.
Col Main Event allo start e le mille e una news di cronaca che hanno dominato la scena per tutto il tempo delle World Series, abbiamo preferito tenere in cantina questo argomento per sviscerarlo meglio a WSOP terminate.
Eccoci qua quindi, a tre settimane di distanza. Ed ecco il post del buon Cap:
Quanto conta la fortuna?
Una volta che vi sarete ripresi dallo shock nel sapere che nessuna di queste storie ha alcunché di veritiero al suo interno, essendo state inventate tutte di sana pianta come ci ha confermato lo stesso Nicola, proviamo a trovare un filo logico.
In che modo? Rivolgendo, ad esempio, la medesima domanda proprio al diretto interessato:
Io, a differenza di tanta altra gente, penso che la fortuna abbia un ruolo assolutamente principale in questo gioco e, più in generale, nella vita. La fortuna conta davvero troppo in tutto, specie in una disciplina come gli MTT.
Forse per quanto concerne il cash si potrebbe fare un discorso leggermente diverso, anche se non eccessivamente. Ma se fin dall’inizio non hai la fortuna di avere un gruppo con cui confrontarti e crescere o la fortuna di centrare uno shot (o perlomeno avere dei buoni risultati da subito) per crearti un bankroll non potrai mai pensare di fare il poker player per professione, a meno che non abbia una famiglia dietro che te lo permette.
Insomma, anche nelle piccole cose la fortuna è troppo determinante per cominciare a fare di questo gioco un lavoro e poi è indubbio che nei tornei i colpi singoli spostino davvero troppi soldi da una parte o dall’altra.
Se si trattasse di giocare soltanto il Big 10 e solo quello, 100 volte a giorno per tutta la vita, forse a quel punto la fortuna non conterebbe così tanto. Ricordo di aver perso un colpo al Million – Assi contro Kappa con l’avversario che prende il Kappa su un pot da 100 bui a 20 left con 360K al primo – che avrebbe sicuramente dato una svolta alla mia carriera, perché io uno shot così (ma nemmeno uno da 100) non l’ho mai fatto.
Come si fa a dire che la fortuna non conti nulla? Io poi mi ritengo anche uno fortunato, altrimenti non sarei ancora qua a fare questo di lavoro, vincendo comunque parecchio tutti gli anni. Poi certo lo studio, e io sono uno che studia, il talento o la capacità di adattarsi e migliorarsi sono tutte caratteristiche importanti, quasi al pari della fortuna.
Ma chi sostiene che nel poker conti solo il talento o lo studio, sinceramente, mi fa ridere. Vedo molta gente poco preparata che vince e altra gente, decisamente più preparata, che non ha gli stessi risultati. Uno può obiettare che ci siano persone più o meno in grado di tradurre nella pratica quanto appreso, ci sarebbero mille discorsi da fare a riguardo.
Sicuramente nella tua vita pokeristica la fortuna fa più del 50%, anche se va da sé che le percentuali dovrebbero avere una base empirica per esser sciorinate con questa leggerezza. Ma se potessi dirne una a caso, direi sicuramente un numero superiore al 50 percento.
La fortuna nei dettagli
Nicola ha le idee ben chiare a riguardo e, considerata la complessità del mondo e la molteplicità sconfinata delle variabili che la vita ci propone in ogni singolo istante, non ci sentiamo affatto di ribattere. Preferiamo invece continuare a sentire il suo pensiero su un argomento da sempre oggetto di gran dibattito tra giocatori e semplici appassionati:
Puoi essere bravo quanto vuoi nel gioco, ma se in certe situazioni la run non ti sorride rimarrai sempre deluso dalle tue aspettative.
C-bettare e vincere il pot per cinque volte su cinque nella fase finale di un torneo con uno stack risicato è bravura? O forse su un board Ace High è più semplice portarlo a casa rispetto a quando casca 3-5-6 monotone a Cuori e tu hai A-Q a Picche in mano.
Il fatto che le stesse situazioni capitino al primo livello del Big 10 o a 20 left in un torneo importante, in modo totalmente indipendente dalla nostra volontà, non può tradursi in una maggiore o minor abilità del giocatore così a prescindere.
Tante volte non è una tua scelta vincere lo Special, incassare 20mila euro, prenderti un coach e cambiare lavoro per dedicarti al professionismo a tempo pieno. E’ la vita che ti impone delle scelte in base a ciò che accade.
Uno si rompe una gamba, non può andare a lavoro per qualche settimana e in quel lasso di tempo riscopre la passione per il poker, magari proprio nel periodo del boom, centra uno shot importante e molla il lavoro per fare il professionista: “Che fortuna essermi rotto la gamba”, potrebbe pensare.
Quanto conta il talento nel poker?
Dalla fortuna al talento, altro tema ampiamente trattato nelle migliori conversazioni tra pokeristi alle pause di un torneo qualsiasi, il passo è breve. Sentiamo cosa ne pensa Nicola a proposito:
Mentre tempo fa avrei dato molto più risalto al talento, al momento penso che conti in misura ridotta nel poker. Parlo ovviamente dell’online, perché nel live penso che proprio grazie al talento (che tenderei a considerare più come istinto o capacità di leggere l’avversario) molti giocatori della vecchia scuola continuino ad andare avanti.
Tante persone con gravi lacune tecniche riescono a ottenere buoni risultati basandosi prevalentemente sulla loro sensibilità, sull’impostazione al tavolo, sulla capacità di cavarsela nelle situazioni più complesse. Ma allo stesso modo credo che gli stessi che possiedono queste caratteristiche nel live, nell’online perderebbero costantemente.
Se vi trovate d’accordo col pensiero del Cap nazionale, date uno sguardo a cosa ci ha raccontato tempo fa in merito alla liquidità condivisa cliccando QUI.