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Tre miti da sfatare sui tornei di poker
Il poker è un gioco nel quale solo l’1% dei giocatori fa soldi, mentre il restante 99% pensa di essere bravo e al tempo stesso sfortunato.
Come è possibile? Beh, forse perché la maggior parte dei giocatori non ha un approccio abbastanza umile al gioco. Oppure perché c’è troppa gente che è convinta di cose profondamente sbagliate sul gioco stesso…
Parliamo di tecnica e lo facciamo grazie a Miikka Anttonen, il quale ha scritto un’interessante articolo su PokerNews per la nota scuola Upswing Poker. Quella di Doug Polk, per intenderci.
Anttonen ci spiega alcuni strani miti e alcune false credenze legate specialmente ai tornei di poker. In particolare si parla di stili di gioco e dimensioni degli stack… Buona lettura!
Mito n° 1: un gioco aggressivo richiede un big stack
Alcuni giocatori pensano che sia necessario un grosso stack per mettere pressione sugli avversari. Pensano che il chip leader del tavolo sia spesso quello che deve prendere il controllo e che gli altri sono costretti a subire. “Nonsense!
Prima di tutto, ogni mano è una sfida singola. Il poker non è il calcio, in cui puoi fare un piano distruibuito su 90 minuti.
Nel poker ti consegnano due carte, devi giocarle al meglio e poi ripetere. Quando decidi durante una mano, ci sono miriadi di fattori da considerare. La size dello stack è uno di questi, forse il più importante. Ma ci sono volte in cui bisogna giocare loose da short stack e tight da big stack“.
Esempio 1. Sei vicino alla bolla di un torneo. Il big stack alla tua destra rilancia ogni mano. Tu hai 15-20 bui. Quale strategia è la migliore? Foldare ogni mano o attaccare con 3-bet?
Esempio 2. Siamo al Day 2 del WSOP Main Event. Hai un grosso stack e vieni spostato di tavolo. Alla tua sinistra siedono Petrangelo, Chidwick e Ivey che hanno meno chips di te. Che approccio devi adottare? Attaccare i loro blind any two o giocare un poker solido evitando mani difficili contro avversari tosti?
In entrambi gli esempi la seconda opzione è quella migliore. Il tuo piano di gioco deve sempre dipendere dagli avversari e dal contesto della mano.
Mito n° 2: ero short e committato
“Qualche anno fa ero al final table di un torneo turbo in Australia. L’unico avversario decente era una giocatrice locale che giocava in modo tight-aggressive.
C’erano sette left al tavolo e io ero uno dei tre giocatori corti, con 4 bui di stack o anche meno. L’average era di 12 bui. Il chip leader (che stava giocando quasi ogni mano) ha aperto x3 da UTG con A-K, la giocatrice locale ha shovato dieci bui da UTG+2 con 5-5 e la coppietta non ha retto il flip. La donna è uscita settima per la mia gioia. Al suo posto avrei foldato perfino una coppia come 9-9. Ma lei lo ha definito un cooler, spiegando che aveva solo dieci bui e con una coppia non poteva foldare.
Il resto del tavolo era d’accordo. Ma lei doveva giocare tight e lasciare che altri venissero bustati prima. Invece ha rispettato una regola inesistente che dice di pushare con le coppie se sei corto.
Al suo posto avrei preferito shovare con 7-2 off in guerra di bui contro il nit alla sua sinistra che stava soffocando sotto la pressione ICM. Meglio che pushare con 5-5 contro il chip leader“.
Ci sono situazioni in cui è corretto pushare 7-2 con dieci bui e altre in cui devi foldare 7-7 con lo stesso stack. Sono esempi estremi ma capitano.
Generalizzando, se sei corto con meno di 15 bui e non hai una monster, devi guardare due cose prima di pushare: la tua fold equity e il dead money nel piatto.
Vediamo un altro esempio. Nel Mid-Stage di un torneo Hero ha 10BB di stack. Spilla 55 da big blind. MP apre a 2BB, il cutoff chiama, il bottone chiama, lo small blind folda. Hero che deve fare? Se pusha verrà chiamato probabilmente sempre e dovrà sperare nel coin flip. Però il dead money nel piatto giustifica il push perché hai una chance di triplicare lo stack con un equity del 50%.
Se il raise fosse stato maggiore di 2BB o se non ci fossero stati overcaller, il push con 5-5 sarebbe meno bello perché ci sarebbe meno dead money.
Mito n° 3: non puoi difendere il buio con meno di 10 BB
Tanta gente pensa che non bisogna mai chiamare un raise se hai meno di un determinato numero di big blinds. “Probabilmente lo pensano perché ciò stava scritto in antichi libri del 1998.
Non bisogna più credere agli insegnamenti del 1998. Oggi la size di apertura è diminuita. Dal big blind contro un min-raise, per esempio, hai bisogno solo del 20% di equity per giocare. E la maggior parte delle mani ha almeno il 30% contro un range generico di apertura.
Si può pensare che poi si dovrà foldare su molti flop. È vero. Ma è giustificabile la difesa con mani giocabili.
Concretizzare l’equity quando siamo fuori posizione è più facile da short stack perché non abbiamo molte mosse possibili post-flop. Esempio. Un cutoff fa min-raise, tu hai sei bui e difendi con 108. Non sbaglierai mai post-flop. Se hitti farai all-in. Se il flop ti dà due undercards e niente draw, farai check-fold, conservando gli ultimi bui.
Se hai 30 bui, sarà più difficile concretizzare l’equity perché l’avversario ti potrà mettere pressione su più strade. Quando il tuo stack si accorcia diventa più facile giocare post-flop. Ciò ti permette di difendere con un range più ampio di quel che immagini“.