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Super-Dario in intimità: il racconto della cavalcata al Main Event WSOP
E’ il numero uno in Italia e il vice-campione del mondo.
Con la sua incredibile cavalcata ha dato una scossa a tutto l’ecosistema pokeristico nazionale, risvegliando l’entusiasmo degli appassionati come non accadeva dai tempi di Filippo Candio, quando il poker era al suo apice.
Da sempre considerato uno dei migliori cash-gamer in circolazione, ha appena fatto il suo ingresso nella Top 50 dei torneisti più vincenti di sempre.
Ma se ce l’aveste davanti, cosa chiedereste a Dario Sammartino?
Cosa gli chiedereste se poteste sentirvi completamente a vostro agio, seduti comodamente su un divano a chiacchierare come se fosse sempre stata la cosa più naturale del mondo?
“Nu sacc’ e soooooord!!!”
Barcellona, 29.08.2019
La risata é contagiosa, e la battuta di ‘Gennarì’ serve a sdrammatizzare quel che nei minuti successivi si trasformerà in una delle interviste più sincere ed emotivamente coinvolgenti che mi sia capitata.
Non sono solo, siamo in quattro. Federico è il primo a rispondere seriamente al mio invito. E la prima domanda che gli rivolge è forse quella che, per quanto scontata, tutti noi appassionati avremmo desiderato fargli: “Cosa si prova, cosa hai provato in quei momenti?”
Quattro amici al Club
L’aura che sprigionava Dario al Main Event, che probabilmente avrete percepito anche voi seppur dietro a uno schermo (noi sì!), era vera. È vera. E la avvertiamo tutti e tre sin dalle prime parole.
Il racconto comincia da un momento preciso: mancano due ore allo start del tavolo finale del Main Event, Dario sta ancora sotto le coperte, col lenzuolo tirato fin sopra il naso quasi volesse scappare dalle sue responsabilità.
Dalle responsabilità di affrontare il passaggio più importante della sua carriera pokeristica e forse della sua vita, ma questo non lo sapremo mai.
Non è questione di codardia, ma una reazione naturale alla paura dell’ignoto: attrazione e repulsione sono due forze che in quel momento coesistono e spingono nella stessa direzione. E’ il momento di andare incontro al proprio destino.
Scorrendo gli ultimi post su Instagram scorgiamo questa frase, postata poco prima di entrare in scena:
“La tua forza non aspetta altro che quella paura eccitante che le permetterà di esprimere tutto il tuo valore.”
Ora ha tutto molto più senso, anche queste parole.
Tutti abbiamo seguito le gesta di Dario al Main Event, abbiamo rivisto le mani chiave, abbiamo scorto le sue espressioni facciali nei minimi dettagli, abbiamo gioito e sofferto con lui.
Tutti con l’orecchio teso a caccia di una battuta a caldo, di un’impressione, di una lacrima da catturare in presa diretta.
In pochi però, compreso il sottoscritto, hanno dato il giusto valore a quanto ha scritto sui social.
Per lui, che social non lo è mai stato per davvero, un messaggio scritto di proprio pugno da rendere pubblico equivale a una assunzione di responsabilità.
Deve essere pregnante, anche nella sua semplicità. Deve arrivare al cuore delle cose e, possibilmente, nel cuore della gente.
C’è una grande differenza tra fare qualcosa esclusivamente per sé stessi e farla con la consapevolezza di avere sulle spalle le aspettative altrui. Amici, parenti, appassionati o forse una nazione intera.
Ecco perché anche un semplice messaggio assume altri connotati e da ordinario diventa straordinario, proprio come la cavalcata di cui è stato protagonista.
Here comes the Sun King
“Eravamo tutti a cena, alla fine del Day6, avevo 8 bui, ero 104° di 105. Potete chiedere a chi stava con me, io in quel momento ho preso coscienza della mia forza. Ho capito che per quanto fossi short stack dipendeva tutto da me.
Sono stato in silenzio per qualcosa come un’ora e mezza, poi ho preso la parola: ‘Ragazzi ve lo dico, io domani faccio subito double-up e poi vinco tutti i soldi a Esfandiari. L’ho scelto e l’ho deciso. Appena finito di dire questa cosa, come in un film, ho visto una stella cadente. Datemi pure del romantico, ma sapete tutti com’è andata il giorno dopo”
A rivivere quei momenti sprigiona un’energia cui solo il silenzio può esserne degno compagno. Infatti eravamo tutti zitti.
La sigaretta adagiata sul posacenere si consuma lentamente, da sola. Dario non sta raccontando quel che gli è accaduto in quei momenti, ci sta letteralmente prendendo per mano e ogni altra cosa passa in secondo piano. Ci sta guidando attraverso il suo travaglio emotivo: non è un’impresa semplice, non sembra nemmeno più si stia parlando di poker.
“Guardate che espressione avevo qui.” E ferma l’immagine ai primi secondi del video nel quale si trova all-in contro Ensan, alla ricerca disperata di un double-up per tornare in gioco.
“Quando uno si sta giocando lo showdown più importante della sua vita e sta così… Guardate i primi secondi, l’espressione che ho, la tranquillità: io qua SONO il Sole – e ferma nuovamente l’immagine poco prima del river – Non mi sono curato nemmeno del fatto che quello accanto avesse dichiarato di avere un Asso, ero così maturo mentalmente che… Chi “sente” certe cose le capisce e guarda qua, DONNA!”
Il racconto ha contorni mistici, più che di poker si tratta di metafisica applicata al gioco. Non ci sono più filtri , è tutto un fluire di sensazioni, ricordi, brividi che corrono lungo la schiena. Quelle sensazioni che ognuno di noi ha provato quando il peso della posta in gioco si faceva insostenibile, che si tratti di poker o di vita fa poca differenza.
Appuntamento con la storia
Suonano alla porta, è la colazione. Manca un’ora e mezza all’appuntamento di gala, ma l’abito sembra più stretto del previsto. È solo un’illusione, volere è potere, mai quanto in questo caso. Una doccia per scaricare la tensione, uno sguardo allo specchio e quell’immagine riflessa che incute uno strano timore. Perché quella sera è forse l’unico reale nemico da temere.
“Sapete una cosa? Io ricordo tutto il tavolo finale, ma proprio tutto, ogni singola mano. Dell’heads-up invece, non ricordo niente. Ora date uno sguardo ai replay degli showdown che ho giocato, ricordate che facevo un gesto ben preciso? Tutte le volte che io facevo all-in facevo così – e mima il gesto del triangolino – e tutte le volte che l’ho fatto ho vinto lo showdown. Per me ha un significato speciale e non chiedetemi di spiegarvelo, è qualcosa di molto personale. Ma se osservate l’ultima mano, io quel gesto non lo faccio.”
Ora provate a rileggere un altro suo status, quello postato al termine del Main Event. Noi lo abbiamo fatto a voce alta e vi posso assicurare che nessuna di quelle frasi è stata messa lì per caso.
Quel che a uno sguardo superficiale può sembrare un patetico esercizio di stile è pura energia che fluisce e si trasforma in parole. Me ne accorgo anche perché, verso la fine, scorgo una lacrima sul suo volto. E tutti e tre, quasi istintivamente, lo abbracciamo. Un po’ come hanno fatto i suoi amici nell’immagine qui sotto.
“È impossibile spiegare con le parole le emozioni che ho provato in questi giorni. È stata una delle esperienze più belle e costruttive che abbia mai fatto in vita mia. Un viaggio surreale in cui si alternavano emozioni opposte di un’intensità disarmante: amore e ansia, felicità e paura, tutto dentro di me cambiava così velocemente giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto…
Pensavo “come faccio a sostenere tutte queste emozioni così forti da solo??” Avevo paura, tanta paura, prima di giocare gli ultimi day. Ma poi l’amore di tutti gli amici che erano lì, l’amore della mia famiglia, l’amore di tutte le persone che nel mondo mi hanno supportato, mi ha fatto trovare la forza.
La forza di superare i miei limiti e le mie paure, la forza di non avere vergogna di piangere, perché emozionarsi ed essere sé stessi alla fine è quello che più conta, e perché le emozioni che ho provato non potranno mai essere ripagate da niente, neanche da un primo posto.
Io oggi ho vinto, mi sono liberato, e questo, senza il vostro supporto e il vostro amore, amici miei, non sarebbe mai potuto succedere… Grazie a tutti. VI AMO.❤️ •
Vincere (non) è l’unica cosa che conta
Arrivare al top, in qualsiasi disciplina, è una impresa per pochissimi eletti. Chi ci riesce non ha solamente fatto qualcosa di speciale ma, a suo modo, è una persona speciale.
Come speciale può essere il suo modo di interpretare l’accaduto, in barba a chi pensa che un secondo posto, in un certo qual modo, equivalga a una piccola sconfitta:
“Io oggi ho vinto, mi sono liberato…” scriveva Dario alla fine del torneo più importante al mondo.
In che modo, direte voi? Questione di controllo, anzi di equilibrio. Che è un po’ il tema cardine della serata:
“Dare in modo disinteressato senza farsi aspettative. È quella la vera sfida. Ho raggiunto la consapevolezza di avere dentro qualcosa di grandioso e quando voglio esprimerlo sono inarrestabile. Se sono riuscito ad arrivare all’heads-up del Main Event delle WSOP e ho “scelto” di non vincere, perché siamo noi gli artefici del nostro destino, posso fare davvero qualsiasi cosa.”
Amen.