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Che fine ha fatto Andrea Dato?
Parlare di Andrea Dato, con Andrea Dato, è un privilegio, ve l’assicuro.
Per quelli come me che hanno conosciuto il poker (anche) grazie alle sue brillanti analisi su Come Giochi, assieme a Genovesi e Zumbini – so che state pensando alla Leotta ma adesso non c’azzecca – Datino rappresenta una certezza.
Misurato nei modi e nelle parole ma tagliente e duro quando necessario, Andrea era un po’ la voce della verità e non escludo in passato di aver sentito nella mia testa un suo rimprovero dopo qualche cappellata in un bel torneo.
Negli ultimi tre anni, forse quattro, ha praticamente disertato la scena live che per anni lo ha visto protagonista con ottimi risultati. La comparsata a Vegas di quest’estate non poteva esser causale e infatti lo abbiamo ritrovato a Barcellona, in occasione della tappa dell’European poker tour più affollata della storia.
Non sono mai sparito
Ci incontriamo quasi per caso appena fuori dal Casinò ed è sempre un piacere. L’ultimo incrocio a Nova Gorica, quando al termine della cena c’era stata anche l’occasione per fare una piccola suonatina al pianoforte.
“Che fine hai fatto, che fine ha fatto Andrea Dato? I lettori vogliono sapere!” Chiedo scherzosamente ad Andrea che risponde: “Andrea Dato non è mai andato da nessuna parte, è sempre stato qua. Anzi sai cosa? Ora facciamo proprio una bella intervista per spiegare cosa è successo in questi anni in cui sono stato un po’ meno sotto la luce dei riflettori…”
L’appuntamento è fissato al giorno seguente, subito dopo pranzo. Verso le dieci di sera riesco finalmente a raggiungerlo nella sala cash-game riservata agli stake più alti. Andrea è impegnato in un bel piatto, 9-8-2-7-2 sul board, altri due giocatori nella mano e tante chip nel mezzo. Dopo un giro di check la dealer spinge i gettoni nella sua direzione, lui comincia a raccogliere le sue cose e io lo attendo al bar di fronte:
“Avrei potuto puntare…” mi dice quasi stizzito riferendosi alla mano appena giocata “avevo J-10, ma con quel 2…” Sappiamo entrambi che parleremo poco di poker giocato nel corso dell’intervista e infatti il racconto della mano muore alla domanda della barista: “Due Espressi, corti, a metà…” Insomma, se avete ordinato un caffé in un qualsiasi bar al di fuori dell’Italia avrete capito, noi ci abbiamo provato.
Piacere, sono Andrea
“Andrea Dato, 3 anni e mezzo fa, ha dato un po’ una botta al suo stile di vita. Ho giocato un po’ meno a poker, sono uscito da una lunga relazione e ho cominciato a dedicarmi un po’ di più a me stesso, a lavorare su di me soprattutto. Spiritualmente più che psicologicamente.
Ho sempre continuato a giocare a poker, o meglio, non ho mai smesso. Solo con ritmi molto più blandi. Ho smesso di viaggiare, comunque con questo lavoro su di me è sceso un po’ il mordente del successo, del riconoscimento sociale, del rispetto degli altri giocatori…Mi interessava più che altro giocare per non avere il problema dei soldi, ecco.
E poi poter avere del tempo libero da dedicare a me stesso: ho cominciato a suonare, ho cominciato a fare meditazione, cose che continuo a fare tutt’ora. Ho giocato sempre di più online, su tutte le ‘punto it’ tranne PokerStars, con risultati discreti: mi permettono di vivere con un tenore di vita anche al di sopra delle mie necessità. Comunque, mi basta poco per vivere bene.
Quest’anno diciamo che dopo Las Vegas mi è rivenuta voglia di giocare live. A Vegas mi sono divertito, ho giocato bene e qui a Barcellona sono venuto esclusivamente per giocare live, così come nelle prossime trasferte.
I tornei? Non dico che non li giocherò mai più ma non rientrano nel palinsesto, sia perché non ho lavorato sul mio gioco da torneo, sia perché mi sto dedicando tanto al cash come studio. Per chi ne capisce un po’ sono due mondi così differenti che switchare completamente dall’uno all’altro non è facile. Trovo anche che la mia personalità si sposi meglio col cash che col torneo, soprattutto una volta che la voglia di ‘alzare al coppa’, diciamo così, è un po’ scemata.”
GTO o exploitative? La chiave sta nell’equilibrio…Con se stessi
La discussione si fa terribilmente interessante e vi prometto che nei prossimi giorni pubblicherò qualcosa a riguardo. Quel che riesco a percepire è un senso di calma profonda, dote che tra le altre cose non gli è mai mancata. Chiacchierarci è rilassante e anche la conversazione si snoda senza frenesia. Perché anche i silenzi hanno il loro peso, è che a volte non c’è tempo per loro:
“Questo osservare me stesso mi permette di vedere le mie emozioni mentre sto al tavolo e capire che ruolo giocano: la paura la voglia di vincere, l’essere money scared…tutto quello che queste sensazioni fanno è inquinare la stima del range avversario che ti sei fatto.
Hai voglia di recuperare? Tenderai a mettere più bluff nel range avversario di quelli che realmente ha, oppure tu hai paura? Tenderai a mettere meno bluff nel range avversario. Quando ti accorgi che stai avendo una reazione di paura sai che la tua mente sarà sporcata e di conseguenza aggiusterai il tiro. Se stai prendendo la mira e sai che c’è del vento da sinistra, automaticamente mirerai un po’ più a destra e viceversa.
Detto ciò, credo che il GTO sia fondamentale. Oggigiorno pensare di essere un giocatore cash game vincente ad alti livelli senza conoscere il GTO è impossibile e nei prossimi anni sarà ancora peggio. Solo una volta che lo conosci puoi parlare di exploit, perché sai come deviare dalla strategia ottimale in base a chi hai di fronte. Quindi parlare di exploit senza GTO è come sparare alla cieca, conoscerlo invece ti impedisce di fare errori gravi, che sono quelli che più incidono alla lunga.”
Se vi siete persi la chiacchierata con Dario Sammartino e il suo racconto della cavalcata al Main Event, DATE UNO SGUARDO QUI.