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Jonathan Little e il corretto utilizzo di A-K nel post flop
A-K, meglio noto come Big Slick. Mai soprannome fu più azzeccato per questa mano: bella, ma dannata. Una mano che spesso inganna e spinge i giocatori stessi a sopravvalutarla, soprattutto nel post flop. Jonathan Little analizza appunto il corretto utilizzo di A-K nel post flop. Secondo il player americano, troppi giocatori si trovano spaesati con questa mano nel post flop, quando non hittano nelle carte comuni.
Fra amatori e in qualche caso professionisti, c’è la tendenza a non giocare nel migliore dei modi A-K nel post flop, rischiando di perdere chips. In certi casi, i players sopravvalutano la mano e mettono a repentaglio l’intero stack. Un errore madornale secondo l’americano, il quale invece traccia una sorta di guida più sicura, specie nelle prime battute di un torneo. Vediamo l’esempio riportato da Little.
La mano
Jonathan Little parla di uno spot giocato ad un evento da 1.000 dollari alle ultime WSOP di Las Vegas. Siamo nella fase iniziale del torneo, esattamente nel primo livello: 25-50. Sia l’americano e sia il suo rivale hanno praticamente lo stack di partenza, vale a dire 7.500 gettoni. Dunque uno stack molto profondo, composto da 150 big blinds.
Dopo il fold generale del tavolo, da bottone Jonathan Little apre a 150 con A K. Calla solo lo small blind, mentre il big molla la presa. Si passa in heads up al flop e scendono nelle tre carte comuni 9 8 2. Il piccolo buio va in check e la parola passa a Little.
“Il check del mio rivale qui può dire molto e può dire niente. Siamo al tavolo da pochi minuti e dunque ho ancora pochissime informazioni su di lui. Potrebbe aver giocato con mani marginali come 10-7, J-10, 6-5, 7-6, K-Q, oppure con qualche asso inferiore al mio. Insomma, in un’altra situazione sarei uscito, ma qui conviene bussare dietro e rivalutare la situazione al turn. Non ha senso ingrossare immediatamente il piatto, con il rischio di prendersi un rilancio in viso e dover mollare il colpo“.
Little opta per il check e al turn cade J . Lo small per la seconda volta di fila opta per un check.
“Il secondo check è un’informazione importante a mio avviso. Mi permette di iniziare a scremare il range in mano al mio rivale. Se avesse hittato una delle tre carte del flop non avrebbe mai fatto check in quarta strada. Tendo ad escludere anche coppie inferiori, mentre coppie superiori le avrebbe 3bettate preflop. 10-10 è probabilmente l’unica coppia con cui c’è la possibilità di flattare pre flop, ma sulle tre carte comuni avrebbe sparato“.
“Dunque tendo sempre a pensare ad un A-Q, A-10, K-Q e anche K-10, oltre ai vari 7-6, 6-5. Insomma non dovrebbe aver legato nemmeno al turn il mio avversario. Il Jack però apre possibili scenari di progetti: due picche in mano sono un’ipotesi concreta, così come qualche progetto di scala. In questa situazione non è sbagliato uscire in puntata, dopo il suo check. Ma se veramente ha progetti in mano chiamerà. Quindi preferisco controllare ancora una volta il piatto e non sento la necessità di affondare il colpo. Con il check dietro acquisto valore per un possibile call al river”.
In quinta strada scende un 3 e qui il piccolo buio esce a 225. Little adesso ha diverse opzioni davanti a se.
“Finalmente il mio rivale è uscito allo scoperto. Credo che il river non cambi molto la situazione. Dunque, o aveva un punto già chiuso prima del river, oppure il suo è un bluff per incamerare il piatto. Raramente ha 3-3 in mano. La sua bet è importante, considerando che esce a 225 su un pot complessivo di 350. Nella mia testa però continuo a pensare che il suo possibile progetto non è andato a buon fine. Insomma il range a mio avviso è sempre quello che avevo ipotizzato in precedenza”.
Little chiama e il suo rivale mostra K 10 per una scala mancata. Asso alta basta per prendersi il pot da 800 pezzi.
“La mia previsione si è rivelata giusta e porto a casa un piccolo piatto. Molti potrebbero dire che sono stato eccessivamente passivo, soprattutto dopo il check al turn del mio avversario. Ma continuo a credere che nelle prime battute di un torneo, soprattutto alle WSOP, non ha molto senso creare grandi piatti con A-K se non abbiamo hittato. Non dobbiamo sempre forzare la mano, o comunque estremizzare il concetto di A-K. In queste situazioni vedo troppo spesso giocatori non controllare in modo corretto ne la mano e ne il pot“.
“Abbiamo entrambi stack profondi e quindi non siamo obbligati a fare determinati azioni in questo spot. A maggior ragione, se davvero abbiamo ancora pochissime info sul nostro rivale. In un altro momento del torneo, probabilmente avrei cambiato la mia condotta della mano, ma con 150 big blind dietro e il primo livello in corso, non credo che l’aggressività paghi. Per questo motivo penso che il corretto utilizzo di A-K possa essere questo, unito ad una buona lettura sull’avversario“.