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Quando funziona bene fare una piccola continuation bet
Le size nel poker sono come le mode, alcune passano in fretta per poi ritornare, altre spariscono del tutto soppiantate dalle nuove.
Tra tutte, quelle che riguardano l’apertura preflop e la continuation-bet sono le più esposte ai cambiamenti semplicemente perché più
frequenti rispetto alle altre.
Quest’oggi andremo a focalizzarci proprio sulle continuation–bet di piccola entità, che negli ultimi anni hanno preso il largo tra i regular e pian piano si stanno facendo largo anche tra gli amatori.
Perché optare per una small c-bet
In passato le size delle continuation–bet arrivavano di default a mezzo pot e in molti casi lo superavano abbondantemente. Con l’avvento del gioco “small ball”, di cui Daniel Negreanu si è sempre proclamato pioniere, le size delle continuation-bet si sono ridotte.
Con l’avvento dei solver il fenomeno ha preso dimensioni impensabili una decina d’anni fa e al giorno d’oggi è abbastanza comune trovarsi a fronteggiare una c-bet con size inferiori a 1/3 del piatto, talvolta addirittura 1/5 o 1/6…
Il motivo si può riassumere nella tendenza generale a giocare di più il postflop, da cui l’esigenza di controllare le dimensioni del piatto in vista delle street successive.
Se consideriamo che nella maggior parte dei tornei presenti sui palinsesti ‘punto it’ l’average di un torneo nella middle/late stage è compreso tra i 30 e i 50 big blind, ne consegue che l’adozione di size più contenute lascia maggior spazio di manovra ai giocatori.
Il che significa anche che la fold equity sarà inferiore: assieme ai call aumenteranno anche i check–raise dei nostri avversari, rendendo lo sviluppo della mano più complesso da gestire ma non per questo meno profittevole. Anzi…
Un esempio per capire
Lo spunto proviene dall’analisi di Carlos Welch pubblicata su pokernews.com e riguarda proprio l’argomento trattato quest’oggi.
Ci troviamo ad aprire da UTG1 in un tavolo 9-handed con A 10 e uno stack effettivo di 40 big blind. Foldano tutti tranne il BB e si va al flop: K 10 7. L’opponent checka e la parola sta a noi. C-bettare o non c-bettare e se sì, quale size scegliere?
Nella sua spiegazione Welch include un rapido calcolo fatto attraverso il software Pokersnowie, riscontrando come la c-bet 1./4 pot avesse una EV di 2.65BB rispetto ai 2.34BB di 1/2 pot, che però viene suggerita come size ottimale in caso di c-bet. Un valore atteso addirittura superiore al check, la mossa che secondo il software garantisce 2.51BB EV.
Il motivo di questa incongruenza risiede nel fatto che Snowie cerca di elaborare una strategia più semplice possibile per evitare complicazioni nelle strade successive. Perciò, sebbene optare per una small c-bet risulti essere la scelta ottimale, la preferenza cade su una size più corposa che realizza un’equity inferiore al flop ma potrebbe essere più facile da gestire.
Esulando dal ragionamento proposto dal collega di pokernews.com, possiamo facilmente intuire come una size più piccola allarghi enormemente il range di call avversario mettendoci nelle condizioni di estrarre valore da mani che, a fronte di una size più grossa, avrebbe passato più che volentieri.
In linea generale il ragionamento da applicare si basa sui range in gioco: più il board agevola il nostro percepito e meno sarà necessario sparare una bordata, salvo history particolari o info specifiche sull’avversario.
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