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Il reportage di Wired sul boom del gioco online illegale: ben fatto ma non chiarisce il ruolo del ban advertising
Nell’ultimo anno su queste pagine abbiamo toccato con mano gli effetti della pandemia sul poker online legale.
I giorni scorsi il mensile ‘The Wired’ ha invece approfondito gli effetti della emergenza pandemica sul gioco online illegale, che durante il periodo di restrizioni ha vissuto un vero e proprio boom.
Come scrivono gli autori Raffaele Angius e Luca Zorloni, il reportage è partito da una segnalazione anonima sulle regole di ingaggio delle bische online: “Una zona grigia dove, come confermano indagini della Polizia e della Guardia di Finanza, la malavita ha vita facile per riciclare denaro”.
A seguito della segnalazione i due giornalisti hanno cercato di sedere ai tavoli da gioco per verificare “schemi ed escamotage adoperati per organizzare le partite di poker fuorilegge”.
Si entra dai gruppi social
Angius e Zorloni scrivono che per partecipare alle partite illegali di poker online bisogna passare dai gruppi social in cui si riuniscono organizzatori e partecipanti.
In alcuni casi per essere accettati è necessaria una lunga opera di convincimento, in altri invece basta esprimere la volontà di giocare online per ricevere le istruzioni di ricarica.
Il reportage approfondisce il problema della tracciabilità di questo denaro, che è invece garantita sulle piattaforme AAMS:
“Versamenti via Paypal, buoni regalo, ricariche telefoniche o carte ricaricabili, senza nessun controllo dell’identità di chi versa e nessuna trasparenza su chi incassa – si legge – Noi abbiamo adoperato un profilo e generalità false per assicurarci il corrispettivo di crediti da giocare online.”
Un monitoraggio difficile
Gli autori del reportage di Wired spiegano di aver tracciato i dati della piattaforma illegale presso cui sono stati indirizzati nel gruppo WhatsApp.
Questa società agisce nel paradiso fiscale inglese dell’isola di Man, è di proprietà di un 34enne di nazionalità cinese ed è diretta da un suo connazionale che è domiciliato nel paradiso fiscale di Anguilla.
Nel 2018 ha totalizzato un giro di affari di tre milioni di sterline e per chiedere l’autorizzazione ufficiale a operare alle autorità che regolano le scommesse dell’isola di Man, si è rivolta a uno studio legale locale che ha inserito nell’organico della società altri due direttori.
I loro nomi sono però strani: Paul Williams e Neil Young, proprio come i musicisti degli anni ’70. Che sia un caso di omonimia è piuttosto difficile. Ma si capisce come, in un quadro simile, per le Autorità sia estremamente difficile seguire l’adagio ‘follow the money’.
“Il frazionamento delle scommesse consente di far sparire denaro – dice a Wired il commissario capo del Servizio centrale operativo della Direzione centrale anticrimine della Polizia, Cristian Maffongelli, che rileva anche uno dei problemi attuali della situazione italiana:
“In attesa di un nuovo concorso le concessioni sono ferme e il giocatore non si rende conto se la piattaforma è illegale”.
Il ruolo non esplicitato del Decreto Dignità
Queste parole di Maffongelli potevano servire ad approfondire le problematiche scaturite dal Decreto Dignità. Vietando ogni forma di pubblicità alle piattaforme con regolare licenza AAMS, di fatto il Decreto approvato dal Governo giallo-verde a luglio 2018 impedisce agli utenti di capire se, chi gli sta offrendo gioco, lo stia facendo nel rispetto delle normative italiane o in barba a loro.
Un punto che non è affatto di secondo ordine. Anzi. A rigor di logica, se durante il periodo pandemico le piattaforme che operano regolarmente in Italia avessero avuto la possibilità di pubblicizzare la loro offerta, il boom delle piattaforme illegali sarebbe stato più contenuto, coi benefici del caso per le casse erariali (lo stesso reportage di Wired spiega come i soldi delle piattaforme che operano illegalmente vengono ‘distratti’ allo Stato).
Invece il Decreto Dignità viene menzionato una sola volta in tutto il reportage, spiegando che dal 2018 vieta la pubblicità sui giochi e che per questo nei gruppi social gli eventi di poker vengono pubblicizzati con diciture come “buy in 20”, senza specificare che il numero sia riferito agli euro.
Una mancanza che mina le fondamenta di un reportage che altrimenti sarebbe davvero ben curato, in particolare se pensiamo alla copertura superficiale e approssimativa che in passato i media generalisti hanno dedicato al nostro amato gioco.