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La tolleranza al rischio dal poker al Covid: la CNN intervista Maria Konnikova
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Pochi giorni fa la CNN ha intervistato Maria Konnikova, approfittando delle sue competenze nel poker per parlare della gestione del rischio nella situazione di pandemia che stiamo affrontando.
Se non conoscete la Konnikova, è una scrittrice russo-americana, con un dottorato in psicologia, autrice di molte pubblicazioni per riviste cartacee e online, e soprattutto di tre libri, di cui l’ultimo è dedicato al poker e si intitola “The Biggest Bluff“, pubblicato a gennaio 2021.
Sì, perché nonostante l’ironia del solito Doug Polk (che quando ha letto il titolo dell’articolo della CNN ha criticato le parole “Poker Pro” accostate al nome di Maria), la Konnikova è anche una giocatrice di poker dal 2017, coachata da niente meno che Erik Seidel, ex ambasciatrice di PokerStars, vincitrice di un evento PCA e un totale di vincite di $311.368 su HendonMob.
La tolleranza al rischio
“La tolleranza al rischio è quanto sei a tuo agio a fare calcoli rischi/ricompensa, e se effettivamente utilizzi la risposta razionale per fare questo calcolo o meno.
Ci sono persone che fanno questo calcolo e dicono ‘Anche se dovrei prendere questo rischio non lo farò per ragioni emotive o personali’, (avversi al rischio) e ci sono persone che capiscono che un’idea può essere cattiva, ma vogliono farlo lo stesso per ragioni emotive, e sono alla ricerca del rischio.
Poi c’è chi utilizza davvero il calcolo razionale del rischio, ma sono pochi. La maggior parte delle persone pensa di essere razionale, e in realtà sono soggettivi ed emotivi.”
E cosa c’entra tutto questo con il covid-19?
“Ora dobbiamo concentrarci non tanto sulla tolleranza al rischio personale, quanto a rendere più gente possibile razionale, capace di valutare i rischi il più possibile. È difficile perché la gente è molto scarsa in questo. Noi valutiamo costantemente il rischio, ma spesso non ce ne accorgiamo e i risultati sono troppo condizionati dalle emozioni soggettive.”
Maria Konnikova poi sottolinea come il poker, da buon insegnante di tolleranza al rischio, abbia aiutato i player anche nella situazione di pandemia.
“Tra quelli che conosco, le prime persone che hanno realizzato cosa stava succedendo con il covid e quanto bisognasse stare attenti sono stati i poker player, che hanno guardato i numeri e hanno detto: ‘Ah, questa sarà brutta’. Lo hanno realizzato immediatamente perché capiscono come funzionano i numeri, la crescita esponenziale, la statistica, la probabilità.”
Le differenze con il poker
“A differenza del poker, dove riguarda solo te, le decisioni e i rischi riguardo al covid-19 riguardano tutta la società, tutto il mondo. C’è un’enorme differenza parlando di tolleranza al rischio.
Se decidi di guidare dopo aver bevuto perché accetti il rischio di fare un incidente non stai considerando che puoi fare male a qualcun altro. Non è una decisione che si limita a te stesso. Bisogna pensare alle conseguenze di tutte le tue scelte sul rischio.”
In questi 15 mesi abbiamo visto l’impatto delle emozioni sulle persone, a partire da chi non poteva più stare chiuso in casa a chi aveva paura di uscire. A proposito di paura, è importante imparare a valutarla.
“Bisogna diventare bravi a riconoscere le proprie emozioni. Molte persone non capiscono nemmeno di avere paura. Quando si riconoscono bisogna spingersi ancora un po’ più in là e chiedersi da dove vengono, perché abbiamo paura, e se la ragione è correlata alla decisione.
Spesso la risposta è che sono incidentali, ma va comunque realizzato che le emozioni influenzano la tua capacità di giudizio. Se riconosci cosa le origina, diventa più facile non contemplarla quando prendi le tue decisioni.
A volte però la paura è importante e le emozioni cercano di dirti qualcosa. Se non hai un po’ di avversione al rischio nel poker, perderai soldi.”