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EPT Londra: Cody vs Erlandsson , il potere dello stack
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Una delle chiavi del successo, al poker, è l’aggressività. Aggressività che si ha buon gioco a manifestare se vi sono alcuni presupposti, come il non essere “money scared” ai tavoli in cui si gioca oppure l’avere uno stack molto più cospicuo rispetto ai propri avversari.
Quando vi sono entrambi questi fattori.. beh, si salvi chi può.
Bluff o punto fatto?
Siamo all’EPT di Londra, è il 17 ottobre del 2014. Siamo nel late stage del prestigioso torneo dal buy-in di 4.000£, e siamo 27 players left.
I bui sono 8.000-16.000, e in questa mano foldano tutti sino a Jake Cody, britannico che non ha certo bisogno di presentazioni, che sullo small blind spilla Q 10 e (con uno stack di 1,9 milioni) fa call. Sul big blind siede lo svedese Daniel Erlandsson che alza A 9 e (col suo stack di 664.000) opta per il check.
Si va al flop in due:
8 9 2
Cody fa check, Erlandsson bet 20.000 . Cody va in check-raise sino a 61.000, call di Erlandsson.
Turn:
7
Cody bet 127.000, call.
River:
3
Cody all-in, Erlandsson pensa una vita e poi passa.
L’evoluzione del board, naturalmente, dà a Cody lo spunto per bluffare: da un flop con due overcard e progetto di scala ad incastro, diventa progetto di scala bilaterale al turn, invitando a puntare ancora su quella strada. Al river, non chiusosi alcun punto, naturalmente, Cody sfrutta il suo grande stack e l’inerzia della mano, tutta a suo favore.
Quello che ci chiediamo, è se nei panni dell’avversario svedese ci fosse modo di contrastare l’iniziativa di Cody. Anche perché, con top pair e top kicker, la gestione di flop e turn sembra corretta.
Al river, nei panni dello svedese, a poche posizioni dal tavolo finale, qual è il range di chiamata? Cosa avreste fatto voi con la sua mano? Possibile che il farsi bluffare da Cody sia l’unica via possibile?
Che avreste fatto al posto di Erlandsson?