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il 1 Apr 2022

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Come ha pensato Darren Elias nella mano più importante della sua carriera pokeristica

Come ha pensato Darren Elias nella mano più importante della sua carriera pokeristica

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Questione di sliding doors. Nel poker una mano può cambiare non solo la singola sessione, ma nel caso dei tornei anche una intera carriera.

Lo sa bene Darren Elias. Lo statunitense da oltre nove milioni di vincite in tornei live ha raccontato ai colleghi di PocketFives come ha pensato nella mano più importante del suo percorso pokeristico.

Settembre 2014, al casinò Borgata è in corso il 3.500$ Championship WPT che ha registrato 1.226 iscritti, Elias è al tavolo finale con il secondo stack in gioco e si scontra con il mega-chipleader Kane Kalas.

“Avevo giocato contro Kane in un altro torneo, prima di quel giorno – dice Elias – Il Borgata Open era una maratona di sei giorni, con lui ero stato al tavolo un paio di giorni e lo avevo inquadrato come un giocatore competente, come qualcuno che sapeva sempre cosa stava succedendo. Aveva ben chiare le dinamiche ICM che sottostavano al giocare per un sacco di soldi con grandi scalini di premio e giocava molto bene con la chiplead”.

 

La mano

Come detto è il tavolo finale del 3.500$ WPT Borgata Open Championship, Kalas è mega chipleader, Elias è il diretto inseguitore ma a distanza siderale.

Kalas apre T4 da small blind, Elias chiama con Q6 da big.

Flop K52 su pot da 1,35M Kalas cbetta un milione, Elias chiama.

Turn 8 Kalas bet 1,7M, call.

River T Kalas shova, Elias chiama e raddoppia!

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Come ha pensato Elias

“Ci sono tante dinamiche ICM per cui sta provando a mettermi pressione su grande buio e io chiamo preflop con la mia mano suited in posizione perché so che lui è molto largo.

Al flop lo metto su un range molto largo, credo che prosegua in puntata più o meno con tutto il suo range. Cerco di estrarre ogni informazione possibile da lui, ma a questi livelli i giocatori sono abbastanza abili da non lasciare andare alcun tell.

Al turn lo metto su tanti bluff con una carta a cuori perché con mani come qualche top pair forse avrebbe rallentato. Quando betta il turn o sta bluffando o ha un colore o mani molto forti. Qui per me andare all-in è un incubo per quanto riguarda l’ICM e voglio dargli spazio per un bluff al river. Se shovo il turn quasi sempre avrò il nuts e sarò sbilanciato. La mia mano può essere vulnerabile se dovesse arrivare un altro cuori in ultima strada ma mi sento abbastanza sicuro da trappare questo turn con una carta che deve ancora scendere.

Anche se avessi un re non dovrei mai shovare il turn. Se shovassi il turn decapiterei il mio range quando non ho tante mani forti al river. Quando ci sono due big stack e il tuo è il secondo più grande non hai troppa libertà di movimento.

Come da programma shova river e chiamo. Questa mano ha dato una scossa agli stack. Mi ha portato in prima posizione con diversi giocatori più short al tavolo. Ha cambiato le dinamiche. Mi sono trovato nella posizione di poter aprire di più, poter puntare di più e mettere più pressione“.

 

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