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193 bandierine: Flavio Ferrari Zumbini racconta il suo giro del mondo su Italia1
Quando le ‘bandierine’ non sono posizioni a premio in tornei di poker.
Cinque anni dopo il giro del mondo che lo aveva portato a visitare il 57% delle terre emerse, Flavio Ferrari Zumbini ha completato l’opera.
Oggi il romano è uno dei pochi esseri umani ad aver visitato tutti e 193 i paesi del globo terracqueo: per capire la portata dell’impresa, come ha scritto lo stesso Flavio sui social, nella storia dell’umanità ci sono più persone andate nello spazio di quante abbiano visitato tutte le nazioni del mondo.
Senza il tradizionale maglione a rombi tanto amato da noi pokeristi, Zumbini ha festeggiato il traguardo con un piccolo party nell’ultimo paese di cui ancora gli mancava il timbro sul passaporto, la Corea del Sud (foto in alto sotto al titolo). Tornato in Italia, ha raccontato la sua impresa a Italia Uno.
Up and down
Nel servizio di ‘Studio aperto Mag’ (che potete vedere a questo link) Flavio ha rivelato le mete che più lo hanno colpito, sia in un senso che nell’altro.
“Mi sono piaciuti molto i Caraibi che ho visto solo ultimamente. Ovviamente parlo della parte più vera e inesplorata, lontana dal turismo di massa. Poi anche l’Uganda e le Filippine”.
Sul luogo che gli è piaciuto di meno Zumbini è andato a botta sicura: “Lo Yemen, la guerriglia è pericolosa.”
Quanto ha speso Flavio
Alla giornalista di Studio Aperto Mag, Flavio ha anche dettagliato le spese del suo viaggio. Per visitare tutte e 193 le nazioni del mondo il romano ha speso in totale 300 mila euro.
Cinquemila euro sono stati spesi in soli test COVID. Flavio ha anche sottolineato le difficoltà logistiche di viaggiare durante la pandemia: in molti paesi il responso del test arrivava quando la finestra temporale di validità del risultato era già scaduta.
I bluff del viaggio
Nel corso del viaggio a Zumbini sono anche tornate utili abilità da tavolo verde. Quella del bluff, per esempio.
In alcuni paesi, stanti le difficoltà all’ingresso, si è fatto passare per chi non era.
“Per andare in Libia mi sono spacciato per un consulente petrolifero e sono riuscito a ottenere il visto. In Guinea Bissau mi sono spacciato per un missionario. Le difficoltà all’ingresso non erano tante, ma così mi hanno chiesto meno soldi durante la mia permanenza nel paese. Purtroppo in diverse nazioni ci sono forme di micro corruzione ancora molto diffuse”.