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il 20 Mar 2024

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Un fattore da non sottovalutare: da cosa viene originata la paura

Un fattore da non sottovalutare: da cosa viene originata la paura

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Nel suo blog di PokerStars, Jared Tendler, oltre che affrontare i vari aspetti mentali di un gioco come il poker, ha spesso messo l’accento su ciò che blocca i giocatori durante le loro sessioni: la paura.

La paura nel poker

Non si parla certo della mera paura di giocare a poker, tutt’altro, qui stiamo provando a entrare in quell’universo mentale nel quale si ha il timore di affrontare determinate parti della nostra sessione.

Essa va affrontata nel migliore dei modi, per prendere i corretti provvedimenti e dare le giuste risposte a chi ne soffre.

L’importante è affrontarla con i metodi corretti per evitare di peggiorare le cose.

Questi stati d’animo derivano, esattamente come il tilt, da piccoli frammenti che si sedimentano nella nostra mente e nella nostra psiche e che alla fine prendono le sembianze del paradigma dal quale è difficile uscire. 

Essi possono presentarsi sotto dorma di domande, come ad esempio “qual è la giocata giusta?“, che in precedenza abbiamo sbagliato in più di un’occasione e che può diventare il nostro punto debole per quando ricapiterà in futuro, soprattutto se non siamo venuti a conoscenza del motivo per il quale abbiamo sbagliato nelle circostanze precedenti. 

Queste domande, come scrive Tendler,  possono essere grandi o piccole. In effetti, le domande più grandi come “diventerò mai un professionista?” possono pesare sulle domande più piccole come “dovrei rilanciare qui?” In questo scenario, una domanda “piccola” diventa improvvisamente un punto di rottura per la domanda più grande, che di conseguenza aumenta la pressione sulla situazione e produce paura.

Quali soluzioni?

L’antidoto alla paura, scrive ancora il mental coach, è la certezza, e la certezza avviene quando si ha una risposta.

Potresti essere ancora nervoso, ma l’ansia e la paura più grandi che danneggiano davvero il tuo gioco non ci saranno. Ovviamente ad alcune domande come “sarò mai un professionista?” non ci saranno ancora risposte, quindi per questo tipo di domande devi capire il motivo per cui te le stai ponendo.

Per la maggior parte dei giocatori, una parte importante del motivo per cui le persone fanno questo tipo di domande è perché vogliono prevedibilità.

Tuttavia, la natura del poker non consente la prevedibilità e quindi cercando la prevedibilità si sta essenzialmente chiedendo di eliminare il rischio dal gioco, cosa che alla fine renderebbe il gioco non redditizio.

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Inoltre il poker perderebbe una parte importante della sua natura e, di conseguenza, del suo fascino.

Provare a mettere in secondo piano la pressione e la paura, significa cominciare ad evitare di farsi troppe domande “in game“, cosa che accentuerà la vostra insicurezza nelle sessioni successive e questo deriva essenzialmente dall’incapacità di agire nell’immediato, cosa che va risolta con l’applicazione e lo studio.

Troppi fattori

Pensare troppo a una situazione è un altro sintomo importante della paura.

Questo accade quando inizi a pensare a troppi fattori contemporaneamente e metti troppa pressione su una situazione. In questi casi la tua mente corre costantemente alla ricerca di risposte, ma non riesce a trovarle.

Così, per esempio, in un punto in cui sei stato messo all-in al river per una grossa somma di denaro, inizi a chiederti cose come: quanto vale questo denaro nella vita reale? L’altro giocatore mi criticherà per aver fatto una mossa sbagliata? Questo giocatore mi sta solo bullizzando?

Per non parlare dell’analisi di tutti i dettagli della mano: azione precedente, la tua storia con loro, ecc.

Alla fine questo tipo di pensieri supplementari diventa una sorta di pentola a pressione che ci proibisce di pensare con serenità alla decisione da prendere, facendocela sbagliare la maggior parte delle volte.

Questo desiderio di controllare eccessivamente i propri risultati nel poker, si riflette nelle singole decisioni da prendere, alla fine fallisce e così il giocatore finisce per temere il proprio processo decisionale stesso, perché presume che sia stata la causa del motivo per cui ha fallito, piuttosto che rendersi conto di non aver mai avuto così tanto controllo in primo luogo.

 

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