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Lo slowplay: la prima vera tattica che impariamo da novizi
La tecnica dello slowplay è una delle prime che si imparano per provare a intrappolare i nostri avversari avendo una mano fortissima e sperando di mascherarla agli occhi di quei giocatori che si pensa siano i mal capitati di turno.
Ovviamente non è sempre così e lo slowplay andrebbe commisurato alla capacità di lettura del tavolo, prima ancora di tutte quelle che sono le dinamiche di posizione, stack ed effettivo valore della mano.
Analizziamo in questo articolo alcuni casi in cui tale tecnica può essere profittevole.
Cosa è lo slowplay
Se avete dimestichezza, anche minima, con la lingua inglese, il significato della terminologia, almeno questa volta, fa capo all’esatta traduzione immediata, “giocare lentamente”.
Giocare una mano lentamente, significa mascherare la forza della propria mano attraverso il mancato utilizzo di una condotta attiva/aggressiva, come ad esempio una puntata o un rilancio.
Questo tipo di dinamica di gioco è ovviamente consigliabile solo quando abbiamo un punto di estremo valore, qualsiasi sia la street in seno alla quale stiamo giocando, per provare a sorprendere il nostro avversario, invogliandolo a puntare.
Ma quando è corretto utilizzare lo slowplay?
Quando i nostri avversari sono molto aggressivi
Ci viene in soccorso il blog di PokerStars, dove qualche mese fa è uscito un pezzo che ci aiuta nell’impresa di capire quali sono i momenti più propizi per lasciarci convincere dalle sirene dello slowplay.
Una delle situazioni più adatte affinché una giocata di questo tipo risulti efficace, è quella che ci vede giocare contro avversari molto aggressivi.
Tale situazione fa sempre capo a quell’indecisione che ci fa pensare se sia meglio costruire il piatto fin dal suo inizio con una mano forte, visto che siamo di fronte ad un player aggressivo, oppure incastrarlo per indurlo a prendere l’iniziativa.
Ciò, dunque dipende esclusivamente da un fattore: abbiamo lettura sul nostro rivale? Ha una mano forte per non abbandonare il piatto?
Potrebbe foldare se rilanciamo, il che sarebbe un disastro se avessimo una mano forte. Pur non aumentando la quantità di fiches che il nostro avversario deve mettere nel piatto, forse chiamare le sue puntate ci fa guadagnare più fiches a lungo termine in quanto può continuare a sparare al turn e al river.
Aspettare l’ultima strada per rilanciare o puntare forte, potrebbe essere la strategia giusta, ma, ovviamente, dobbiamo avere la certezza di essere rimasti buoni anche al river.
Giocare in slowplay significa infatti assumersi il rischio che le carte comuni possano mettere in condizione il nostro rivale di superarci, per cui la lettura della texture del board diventa fondamentale, associata alle informazioni che abbiamo su di lui.
Il momento della bolla
Vincere un torneo di poker è sempre e comunque l’obiettivo di tutti i giocatori che si iscrivono a un torneo, ma per mantenere un bankroll adeguato, i piazzamenti, anche di poco conto, diventano importantissimi.
Giocare solo ed esclusivamente in modo aggressivo, prendendosi dei rischi eccessivi, porta spesso a subire dei contraccolpi alla nostra capacità di spesa, che alla lunga potrebbero metterci in difficoltà.
Se stai giocando in bankroll e non ti interessa semplicemente arrivare a premio, in alcune occasioni non è poi così male abbandonarsi allo slowplay per massimizzare la nostra equity nei piatti importanti.
Supponiamo che tu ti sia qualificato per un grande evento tramite un satellite. Si tratta di un torneo con un buy-in che normalmente non giocheresti mai e un buon risultato avrebbe un impatto importante sul tuo bankroll, forse anche sulla tua vita al di fuori del poker.
Giocando in slowplay, aiuti te stesso a controllare le dimensioni del piatto e ti assicuri di non mettere a rischio la tua vita nel torneo. Quindi, non appena la bolla è scoppiata, puoi tornare a sviluppare il tuo gioco normale.