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TG3: Il poker come gioco d’azzardo
L’Informazione, povera di notizie alternative a quelle di Borsa e Politica (leggesi: tagli e soldi che se ne vanno), si trova a dover sfruttare le notizie marginali, magari cavalcando l’onda emotiva di eventi di cronaca abbastanza privi di spunti, per i quali un tetro silenzio sarebbe, forse, la reazione più normale.
Così, ieri sera, il TG3 si è lanciato in un accorato approfondimento sul gioco online, con tanto di brillanti interviste di persone chissà dove trovate, sulla scia della recente storia della donna suicida per aver perso i risparmi di una vita con il videopoker. Cosa c’entrano, però le macchinette truccate con il gioco online? Bella domanda. Ieri sera abbiamo assistito alla ennesima demonizzazione del gambling.
Il tema è talmente vasto e trattarlo in poche righe riesce molto difficile, così come creare uno specchietto dei pensieri di tutti coloro che nella nottata di Venerdì hanno avuto il dis-piacere di guardare il servizio del TG3 sul gioco online, è sotto un certo punto di vista fuori luogo e d’altro canto inutile.
Ci troviamo, noi, dove con noi includo anche me stesso scrivente nella categoria dei giocatori online, nella faccia positiva del gioco online, quella pulita, fatta di studio della disciplina, applicazione, eventualmente anche editoria online, come in questo stesso momento, in un mondo distorto e che ben di rado racconta la verità così per come è.
Siamo guidati da una profonda disinformazione, che ad opera di organismi pubblici, tra le altre cose, sembra quasi rientri nella categoria dei reati, e che attanaglia i canali abituali; intendiamoci: nessuno nega che il gioco d’azzardo sia pericoloso; nessuno nega che lo Stato, tramite l’AAMS, abbia regolamentato e disciplinano un mercato potenzialmente fertile per operazioni illegali come il riciclaggio di denaro e un terreno insidioso per coloro che hanno dei problemi, la malattia, del gioco compulsivo. Fair enough.
Andare però ad associare brands internazionali sicuri e affidabili ad altre poker room sinceramente mai sentite, fatto stesso che reputo molto indicativo, e neanche lontanamente legali (perché il cosiddetto “punto it”, legale è) è sinceramente vergognoso, così come associare il giocatore di poker online ad un losco figuro che ha affermato di aver perso tantissimi soldi con le corse con i cavalli, o, ancora, un sedicente professionista che afferma, originalmente, che è “tutto rigged”, al termine di una lunga esperienza della durata di dieci lunghi.. giorni.
Quale sia il nesso, lo sa, forse, chi ha realizzato il montaggio. Sarebbe troppo facile per me, per noi, andare a smontare le assurdità che vengono dette in servizi televisivi (magari alcuni si ricorderanno la puntata delle Iene con Crisbus) di dubbia qualità, così come sarebbe inutile, perché, alla fine, quello che conta è sapere che si stanno facendo le cose bene, dove con bene non intendo solo legalmente, ma anche e soprattutto con la testa sulle spalle e organizzando una propria attività (peraltro tassata all’origine) sulle necessarie basi di intelligenza e capacità organizzativa che devono, o dovrebbero, contraddistinguere tutte le realizzazioni umane.
Un peccato, forse, non poter condividere in serenità le proprie esperienze; un peccato, forse, passare sempre per quelli demonizzati, con ripercussioni naturali sulla real life; un peccato che questo articolo verrà letto da chi già la pensa come me, da chi già paga le tasse sul gioco online, perché preferisce la trasparenza a maggiori profitti, da chi avrebbe potuto mettere per iscritto i miei stessi pensieri, magari in modo migliore.
Un peccato il fatto che solo i soggetti citati in precedenza siano in grado di comprendere il discorso buttato giù in queste poche righe. Un peccato che, invece di parlare delle regole, delle tasse che allo Stato comunque finiscono, dei limiti di posta, di versamento, di tutti quelli aspetti che contribuiscono a rendere più piacevole, ma soprattutto sicuro, e non con riferimento alla sicurezza dello svolgimento gioco, che, possiamo garantire, è affidata a criteri matematici e non alle stanze dei bottoni, ma a quella degli individui, costretti, più che mai giustamente, a muoversi all’interno di un campo molto regolamentato per la propria stessa tutela personale, per non “finire male”, un peccato, si diceva, che si vada a parlare sempre e solo del gambling.