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Marco Valerio ci racconta Las Vegas a pochi giorni dallo shuffle up & deal delle WSOP!
I giorni che mancano all’inizio delle World Series of Poker, ormai, si contano quasi sulle dita delle mani. L’attesa è frenetica qui da noi, immaginatevi a Las Vegas, dove inizierà il tutto e le emozioni scorreranno a fiumi.
Per sapere come la città sta vivendo l’attesa di questa edizione del campionato del mondo abbiamo contattato Marco Valerio, collega del sito Quadjacks.com e istituzione del giornalismo pokeristico americano che da molti anni vive a Sin City.
“L’attesa non si sente solo a Las Vegas, ma ovunque si giochi a poker. Qualche settimana fa mi trovavo in un casinò in California e avevano organizzato appunto un satellite speciale con in premio un ticket per il Main Event al vincitore. I satelliti, dunque, stanno già spopolando, non solo quelli ufficiali pubblicizzati da wsop.com”.
In un’America che ancora non può giocare a poker online, ogni anno, si teme che i numeri delle WSOP possano subire dei cali sostanziali ma, puntualmente, queste paure si rivelano vane. Chiediamo a Marco quali siano le sensazioni riguardo questo 2014.
“Ricordo benissimo quando ci fu il Black Friday, diversa gente temeva che lo scandalo avrebbe dimezzato i partecipanti alle World Series, invece la risposta fu ottima, vedendo l’affluenza al Rio non si poteva immaginare cosa fosse successo appena pochi mesi prima. Nel 2012 i soliti pessimisti fecero la stessa previsione e i numeri la smentirono nuovamente con numeri da record. Ogni anno, dunque, si aspetta questo crollo che però non è mai avvenuto, e nulla fa pensare che ci sarà nel 2014”.
I rumors negli ultimi mesi si sono fatti assordanti, così abbiamo chiesto a Valerio di Chris Ferguson e Howard Lederer: i due torneranno nuovamente a varcare le porte del Rio Casino?
“Sono anni che la gente si chiede se Chris e Howard si faranno rivedere in pubblico, specialmente alle WSOP. Su Ferguson non ho davvero idea. Avrebbe interesse a tornare a giocare a poker in pubblico? Chi lo sa? Io di certo no. Howard, invece, è risaputo che voglia rimettersi in gioco. Lo ha dichiarato in diverse interviste, ha giocato alla Bobby’s Room e mi pare abbia partecipato anche a un evento del WPT. Non è stato però accolto bene, è stato mortificato dalle reazioni di molti giocatori e, si pensa, abbia voluto ritirarsi una seconda volta, almeno fin quando non sarebbero stati rimborsati tutti i player americani, cosa che peraltro è accaduta proprio quest’anno, quindi…”
Las Vegas è conosciuta come la città della perdizione, dunque bisogna effettuare un grande sforzo per pensare che i giocatori, tra un evento WSOP e l’altro, non cedano alle (troppe) distrazioni offerte e a portata di mano. Ma è poi realmente così?
“Mettendo da parte alcuni giovani, soprattutto spettatori, che colgono ogni occasione per bere, credo che molti dei giocatori professionisti e semi-professionisti prendano i campionati in maniera decisamente seria. Tutti sanno, per esperienza, che questo viaggio ha molti costi tra alloggio, cibo, volo e spese extra. E’ un evento che capita, poi, una volta l’anno, quindi bisogna sfruttare nel migliore dei modi questo lasso di tempo. C’è da aggiungere che molti di loro sono ‘sponsorizzati’, quindi se non dimostrano che si danno da fare, perdono la fiducia e i soldi concessi loro dai finanziatori. A Las Vegas, certo, ci sono distrazioni, ma il poker è duro e questi ragazzi sanno bene che le WSOP non sono una vacanza. Per fare un esempio sulla città, poi, dove vivo io si sta tranquilli, si lavora e la gente si fa i fatti propri, quindi non c’è solo divertimento che, alla fine, è relegato in centro ed è la calamita per i turisti. I pokeristi italiani, comunque, potendo frequentare Las Vegas una volta l’anno, è normale che si facciano anche attrarre dai divertimenti e che siano vinti dalle molte tentazioni, dando al viaggio i connotati di una vacanza”.
Sfruttando l’analisi appena fatta da Marco, gli chiediamo chi è, per lui, il professionista per eccellenza e chi, invece, il George Best del poker odierno.
“Mi viene in mente Phil Galfond: guardatelo quando parla, come è pacato. E’ calmo, dice cose ragionevoli, non è un cazzone. Poi, negli anni recenti, è diventato proprio un bel tipo. E’ molto dimagrito, fa ginnastica… anche questo dimostra la sua disciplina. Preferisco non parlare del George Best del poker: dovrei almeno pensarci un po’ senza sparlare del primo che mi passa per la testa”