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“Hanno tolto il sogno della patch a migliaia di giocatori!” Salvatore Bonavena e il mercato delle sponsorizzazioni
Quello di portare indosso una patch è il sogno nel cassetto di molti giocatori che da tempo hanno fatto del poker la loro professione.
In Italia, però, sbarcare il lunario è diventato piuttosto difficile, specie in un periodo di crisi in cui la stagnazione regna sovrana.
Inutile dire che il numero di player che non hanno alcun contratto con le room è sempre più alto e che sono tanti i giocatori professionisti che al momento giocano contando solo sulle proprie forze.
Fra questi c’è anche un certo Salvatore Bonavena, che in carriera ha guadagnato più di 2,8 milioni di dollari e la cui defezione dal team pro Pokerstars ha dato il la al periodo di vacche magre del mercato delle sponsorizzazioni.
Insieme a lui abbiamo approfondito il discorso.
IPC: Salvatore per cominciare raccontaci: come è cambiata la tua vita da quando non hai più un contratto di sponsorizzazione? Quali sono le differenze?
SB: Diciamo che la mia vita di giocatore è cambiata molto. E’ difficile partecipare ai tornei live senza una sponsorizzazione e senza una patch perché le spese sono tante. Anche per me, che ultimamente sto vincendo abbastanza, è diventato tutto più complicato. Ma oltre al fatto che mi manca portare una patch, vedo che il poker è sempre più in crisi anche perché il sogno di raggiungere una sponsorizzazione non esiste più.
IPC: Perché ottenere una sponsorizzazione è diventato così difficile al punto, che non è più neanche lecito sognare di indossare una patch?
SB: Perché le room in questo periodo non investono più. I problemi sono davvero tanti e di conseguenza molti giocatori hanno il morale a terra, mentre altri hanno addirittura mollato.
IPC: Secondo te sbagliano le poker room a cercare di risparmiare sotto questo aspetto?
SB: Sicuramente quella di tagliare sulle sponsorizzazione è stata una delle scelte più sbagliate che siano state fatte. Inoltre si è deciso di investire su un’immagine sbagliata, attraverso personaggi che non c’entrano niente con il mondo del poker. Capisco che parliamo di gente più conosciuta a livello mediatico, come ad esempio Ronaldo e Nadal, ma parliamo di due mondi separati.
IPC: In altre parole la scelta di tagliare su questo tipo di sponsorizzazioni ha reso ancora più difficile la nascita di uno zoccolo duro?
SB: Certo, tutto questo ha impedito la nascita di uno zoccolo duro. Per un ragazzino che si avvicina al poker, il fatto di sapere che forse un giorno potrà essere sponsorizzato da Poker Club o da Pokerstars rappresenta un sogno. E se vengono tagliati i sogni ai ragazzi, e anche a gente come me che ha vinto tanto, il morale ne risente e a lungo andare anche la voglia di giocare si affievolisce. Il sogno di raggiungere una sponsorizzazione e di portare una patch non esiste più! Stiamo attenti, non parlo di una patch tanto per portarla, ma di una sponsorizzazione vera e propria!
IPC: Per quanto riguarda il tuo caso specifico cosa sta succedendo?
SB: Diciamo che in questo momento sono costretto a giocare e anche se sto vincendo tanto è difficilissimo riuscire a sopportare il live. Se non sei uno veramente bravo e se non sei skillato per i massimi, non ce la fai. Inoltre senza l’aiuto di una room alle spalle è ancora più difficile.
IPC: Quindi possiamo dire che senza una patch tutto diventa più difficile a livello psicologico?
SB: Sicuramente a livello psicologico è più difficile anche se il live, ora come ora, ha delle enormi potenzialità che ancora non sono state espresse. Secondo me la situazione ideale per supportare al meglio il poker sono proprio i tornei dal vivo. Se concepisci una competizione come una vera e propria festa, senza proporre buy-in esagerati, il discorso è differente. Questa è la mia visione del poker: quella in cui tutti quanti, a partire dalla gente comune, possono accedere a un servizio. Altrimenti è difficile creare un bacino e ancor di più avvicinare la gente al poker.
IPC: A proposito di buy in, senza la patch hai dovuto rinunciare a qualche evento?
SB: Sicuramente ho dovuto eliminare tutti quegli eventi che non mi sembravano proporzionati alle spese che devo affrontare. Diciamo che ho fatto una cernita e d’ora in avanti sarà tutto più ponderato rispetto a prima. Tuttavia la cosa più importante che ci tengo ancora una volta a sottolineare è il fatto che hanno tolto un sogno a tanta gente che gioca. Fino a poco tempo fa questa era una delle caratteristiche del poker.
IPC: Quali sono secondo te altri ‘free agent’ che meriterebbero una patch?
SB: Ce ne sono tantissimi a iniziare da Mustapha Kanit, Dario Sammartino, Andrea Dato e altri giovani che sono bravissimi pur non essendo conosciuti come lo siamo noi. Certo, non si può dare una sponsorizzazione a tutti, ma il fatto di toglierla a quelli che la meritano rischia di diventare veramente un boomerang. Alla fine si tratta di effettuare un investimento basso in proporzione al ritorno d’immagine che può garantire. Anche in questo caso parlo di giocatori veri, non di personaggi che col poker non c’entrano niente.
IPC: Forse dovremmo prendere esempio dagli Stati Uniti dove i giocatori di poker sono delle vere e proprie star?
SB: Si, certamente: del resto lì c’è una tradizione più lunga e ora come ora qualcosa si sta muovendo. Speriamo che con la riapertura di quel mercato il nostro poker possa trarre qualche giovamento, anche se noi siamo sempre più chiusi e più restii ad aprirci. Del resto in qualsiasi ambito lavorativo prima di rinnovarci, aspettiamo di toccare il fondo e in questo modo è più difficile risalire. Anche il poker sta vivendo un periodo di stagnazione e se nessuna room fa degli investimenti mirati diventa tutto più problematico.
IPC: Prima di salutarci dicci: in questo periodo così difficile ti è arrivata qualche proposta di sponsorizzazione?
SB: No al momento non ho avuto nessuna proposta.