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il 8 Mar 2015

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Mike Sexton contro il final table WSOP a novembre. Filippo Candio: “Si vede che non è mai stato N9!”

Mike Sexton contro il final table WSOP a novembre. Filippo Candio: “Si vede che non è mai stato N9!”

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Mike Sexton, una delle leggende del Texas Hold’em, si scaglia contro la decisione di posticipare a novembre il tavolo finale del Main Event WSOP come da tradizione recente.

Trovo inconcepibile – ha affermato Sexton – che il gioco si fermi per quattro mesi regalando ai finalisti la possibilità di allenarsi per l’occasione. Inoltre non ha senso costringere chi è rimasto corto al tavolo con pochi big blind a fare tutta quella strada per tornare a Vegas e magari prender parte soltanto a un paio di mani. Senza considerare, sembra quasi brutto dirlo, che qualcuno potrebbe morire: a quel punto che succederebbe?

La notizia, riportata dal portale ‘cardschat‘, va in controtendenza con la volontà degli organizzatori votata a spettacolarizzare l’evento, ma secondo Sexton si tratta di “mettere in primo piano i giocatori e non l’aspetto commerciale“.

Per far chiarezza sulla questione siamo andati a chiedere l’opinione a qualcuno che il tavolo finale del Main Event WSOP l’ha vissuto in prima persona, nonché uno dei personaggi più illustri del panorama italiano fino a qualche anno fa: Filippo Candio.

IPC: Filippo, pensi che con questa formula i giocatori vengano tutelati meno, o sei del parere che le WSOP siano un evento ‘per il pubblico’ e come tali sia giusto dare risalto ai finalisti posticipando l’evento di qualche mese? 

FC: I giocatori sono al primo posto proprio perché giocano a novembre. Questo permette loro di fare business su ciò che devono giocare sia in termini di immagine che di eventuali accordi economici. Inoltre consente al pubblico di appassionarsi alle loro storie e regala un tocco di magia al tutto, spettatori, giocatori e appassionati. E poi una curiosità, Sexton ha mai fatto November Nine? (ride) La domanda ovviamente è retorica in quanto quella adottata è una soluzione moderna, con l’intento di dispensare un poco di gloria ai finalisti a prescindere dall’esito del torneo.

IPC: Riguardo alle dichiarazioni di Sexton sei in completo disaccordo o pensi che in una certa misura possa aver ragione?

FC: Assolutamente no. Uno che fa November Nine è felicissimo ed è ancora più contento di dover tornare a Las Vegas, mica lo stanno mandando in una colonia punitiva! E poi prendiamo il mio caso: il Day 8, perché quell’anno si arrivò all’ottavo giorno, è durato 24 ore filate, e dopo una settimana a quei ritmi devi fermarti, è indispensabile. 

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IPC: Non pensi che una pausa così prolungata possa influire negativamente sulla ‘trance agonistica’? Se ti avessero proposto di fare il final table a novembre o due giorni dopo il Day 8 che avresti risposto?

FC: Novembre senza ombra di dubbio. In quei mesi uno si può allenare ed è bellissimo, nonché paritario perché tutti hanno la stessa opportunità. Temo che il pensiero di Sexton sia simile a quello delle persone che non hanno avuto un’esperienza diretta. 

IPC: Una battuta sulla nuova struttura del payout che premia più giocatori rispetto allo scorso anno?

FC: Mah, ogni struttura premia una diversa tipologia di gioco. Di solito i perdenti fanno tanti itm ma non vincono mai, ecco perché stanno li a chiedere più posti pagati. Un vincente punta ai premi grossi e di andare itm non gliene frega nulla. In sostanza chi vuole un payout spalmato è perché non ha l’indole del vincente, e per me arrivare al final table equivale quasi sempre ad essere un vincente.

IPC: Anche nel caso di Newhouse? Tu avresti preferito un sesto posto o due noni? 

FC: No, no, un incubo. Meglio sesto una volta che due volte nono. Il mio unico terrore al final table era proprio il nono posto, poi ovviamente sono sempre tanti soldi e non ha quasi senso stare a discuterne.

 

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