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il 10 Nov 2015

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Federico Butteroni: “Stacco un po’ dal poker, poi potrei trasferirmi a Vegas per cash game e tornei…”

Federico Butteroni: “Stacco un po’ dal poker, poi potrei trasferirmi a Vegas per cash game e tornei…”

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Gli abbiamo dato il tempo di assorbire la delusione per l’eliminazione dal Main Event WSOP, anche se le cose non sono andate poi troppo male per il nostro Federico Butteroni in quel di Las Vegas.

Un ottavo posto certo fantastico, ma che lascia inevitabilmente un po’ di amaro in bocca. Perché il braccialetto era lì, a un passo.

 

IPC: Com’è stato il risveglio, Federico? Più dolce o più amaro?

Federico Butteroni: Il risveglio è stato un po’ amaro, perché dopo quattro mesi di speranze e sogni ti rendi conto che è tutto finito. Poi ti guardi intorno, pensi all’esperienza che hai fatto, alle emozioni provate in questi giorni e non puoi che essere felice. C’è un milione di motivi per esserlo.

IPC: Cosa ti portava a credere che avresti potuto farcela nonostante lo stack esiguo?

F.B.: Vedere il tavolo finale dello scorso anno, quando Martin Jacobson è rimasto con sette bui in six-handed ed è sopravvissuto un’ora e mezzo con quello stack. Parliamoci chiaro, la run conta specialmente in un tavolo finale dove può succedere di tutto e la situazione può capovolgersi da un momento all’altro. Non ho mai mollato, non ho buttato alcuna chip, perché talvolta bastano un paio di showdown, un paio di premium hand per far cambiare la situazione. Purtroppo però non era il mio tavolo finale, mi accontento quindi del risultato. Non ho rimpianti, personalmente credo sarebbe stato peggio pushare mani trash senza equity.

IPC: Hai fatto qualcosa in particolare ieri sera per ‘detiltare’?

F.B.: Tra i tre eliminati ieri credo di essere quello meno rammaricato. Ho recuperato una posizione, sono stato tre ore al tavolo e ho combattuto. Per Pierre Neuville, che partiva terzo in chips ed è uscito settimo, credo invece sia stato un fallimento. Mi accontento di quanto fatto, ringrazio anche gli americani che mi hanno supportato, hanno creato un’atmosfera fantastica e mi hanno fatto sentire come a casa. Gli amici, poi, sono stati la ‘medicina’ per farmi passare il tilt e non farmi perdere il sorriso.

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IPC: Continuerai a seguire il final table dal vivo?

F.B.: Si, lo seguirò e spero vinca Steinberg. Guardarlo e non vedersi, comunque, fa un po’ male. Non trascorrerò quindi tutto il giorno là, magari farò un salto per salutare i miei colleghi coi quali ho un buonissimo rapporto. Che possa vincere il migliore!

IPC: Qual è, Federico, il plan per i prossimi mesi? Cosa servirà per ritrovare le motivazioni?

F.B.: Staccare la spina. Non giocherò per i prossimi due mesi, ho bisogno di stare in tranquillità. Vediamo dopo che schedule posso farmi, potrei addirittura spostarmi a Las Vegas per dedicarmi di più al cash game e ai tornei. Per un professionista di poker è senza dubbio il posto migliore dove poter vivere. Adesso vacanza, sono molto contento e… non voglio pensare al poker!

IPC: C’è qualcuno che ti ha particolarmente impressionato al tavolo?

F.B.: Eravamo tutti ottimi giocatori, ma nessuno che temevo. Credo che con uno stack importante avrei potuto dire la mia. Ho il rammarico di non aver avuto chance di fare azione, di giocarmi qualche board e fare qualche mossa. Questo è l’unico piccolo rimpianto che ho. Il tavolo, senza dubbio, era abbordabile.

IPC: Che vi siete detti tra di voi dietro le quinte prima di iniziare?

F.B.: Eravamo tutti abbastanza amichevoli, c’era un’atmosfera bellissima. Ho avuto l’occasione di conoscere le famiglie degli altri player e queste hanno apprezzato molto la mia personalità. E’ stata veramente un’esperienza incredibile.

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