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Il plan WSOP di Aldo Zambruno: “Vendo il 50% dei tornei, Musta e Sammartino i miei quotisti di lusso…”
Si allunga la lista degli italiani che tra poco più di un mese raggiungeranno Las Vegas per le 47° WSOP, col sogno in valigia di mettere al polso uno dei braccialetti dorati.
Partirà anche Aldo ‘aldinopro’ Zambruno (in foto col portiere della nazionale Mattia Perin), che ha già stilato uno schedule preciso dal momento che ha deciso di mettere in vendita il 50% del suo spending.
“Sarò schierato al Colossus, dove al massimo farò due entries, all’evento #12 di Pot Limit Omaha, dove farò non più di tre entries (565$ ciascuna), al Millionaire Maker da 1.500$, all’evento #17 di no limit hold’em da 1.000$, all’evento #19 di PLO da 1.000$, al #29 di no limit hold’em da 1.500$ e al #30 di PLO 6-max da 3.000$. In tutto fanno 13.000$ di spesa (11.000$ il totale dei buy-in), compresa una maggiorazione di 1,20 che reputo onesta. Ho deciso di vendere massimo il 50% e ciascuna quota vale per il pacchetto completo, non cedo i singoli tornei per non impazzire. I miei quotisti d’eccezione sono Dario Sammartino e Mustapha Kanit…”.
Vendere parte dell’action sta diventando col tempo pratica sempre più comune, necessaria per limitare la spesa in eventi dove la varianza, ovviamente, avrà un’incidenza elevatissima.
“Ritengo sia ottimale – spiega Aldo – per gestire bene il bankroll e darsi una disciplina. Ti permette, poi, di giocare meno scarato e prendere le decisioni corrette, talvolta magari anche osando (quando serve). Quelli delle WSOP, lo si sa, sono eventi dal field amplissimo e variegato, con il fattore ‘run’ che inciderà tanto. Il torneo in cui mi sento più confident, comunque, è il PLO da 3.000$, tra quelli scelti è il più tecnico”.
Zambruno a Vegas c’è già stato quattro anni fa, dunque sa bene come muoversi in città e dove è preferibile prendere l’alloggio.
“Il Rio è lontano dalla Strip, che è il cuore pulsante di Sin City, quindi, a meno che uno non giochi tutti i santi giorni, è meglio prendere un hotel in centro. Io sarò al Montecarlo, che ha un buon rapporto qualità/prezzo. Starò in Nevada tre settimane, in caso di profitto significativo valuterò se fare il Main Event, altrimenti tornerò in Italia a fine giugno. Per adesso sono solo, sto aspettando risposte, comunque ci saranno tanti italiani. Una volta là mi aggregherò al gruppo ‘Furie Rosse’ (Lacchinelli è in forse), che sarà al seguito di Max Pescatori”.
Il braccialetto è il sogno di tutti quelli che decidono di provarci ai campionati del mondo, ma si tratta pur sempre di un’impresa titanica, specialmente per il numero di avversari da battere.
“Nessuno credo abbia la presunzione di sedersi al tavolo e pensare di vincere il braccialetto. I fattori sono molteplici, non dipende solo da noi. Nel no limit hold’em, in eventi da 1.000$/1.500$, i field sono composti da migliaia di player, tra cui amatori, regular, top reg e la cosa brutta è che, una volta prese le misure, aver capito quindi con chi scontrarsi e chi evitare, vieni spostato di tavolo e devi ricominciare tutto da capo. Accade spessissimo”.
I costi di un viaggio del genere, specialmente extra-poker, sono elevati, dunque vendere un po’ di quote è necessario per far fronte alla vita di tutti i giorni in una città che va a mille all’ora come Las Vegas.
“Tutto dipende dal bankroll comunque. Se gioco un torneo da 500€ o 1.000€ qui in Europa posso forse swappare con un amico, ma non vendere. Discorso diverso per l’Aussie Millions e le WSOP, dove la spesa è importante. Cedere quote permette di abbattere la varianza, poter fare più tentativi e vincere comunque bei soldi, pur al 50%, se si arriva in fondo a tornei importanti. Non si sta scomodi, ecco. Credo però sia giusto mixare, io amo divertirmi e stare bene, ma con equilibrio. Non ogni sera vita da baller, piuttosto cene non esagerate, pranzi al sacco e discoteca, ma senza tavolo o sbocciate a caso. Farò delle escursioni nel tempo libero e qualche torneo del Venetian, sono pieni zeppi di amatori e decisamente +EV”.