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Nicola Valentini sulla sicurezza nel poker online: “Siamo sicuri di esser pronti alla liquidità condivisa?”
Nicola Valentini, in arte ‘quattroganci’, non un tipo banale.
Sia per i risultati ottenuti ai tavoli nel corso degli anni con una costanza invidiabile, sia per le sue esternazioni su ciò che accade nel mondo del poker online.
Sarà per via della sua attitudine all’analisi, anche in virtù della professione da psicoterapeuta, ma difficilmente gli sfugge qualcosa quando si parla di argomenti rilevanti come quello che andremo a trattare oggi.
Già, perché dopo aver fantasticato per mesi sulla possibilità di avere una liquidità condivisa, immaginando addirittura un ipotetico palinsesto, per il grinder novarese l’Italia del poker avrebbe da lavorare su altri aspetti prima di tuffarsi in un mercato di più ampio respiro:
“Io ho il sospetto che ci sia una parte del poker italiano, o meglio dei player con nome e cognome, che sia marcia fino al midollo, e penso che presentarci in queste condizioni in uno scenario nuovo come quello prospettato dalla liquidità condivisa sia semplicemente ridicolo. Tuttavia, essendoci in gioco soggetti differenti, magari è possibile che qualcuno finisca davvero davanti a un tribunale invece del canonico ban a cui segue l’apertura di un altro account.”
Nicola parte subito a muso duro scagliandosi contro chi, negli anni, ha dimostrato di non essere in grado di rispettare le regole arrecando un danno agli altri utenti:
“Se qualcuno presentasse un esposto alla Repubblica (e so questo per fonti certe) ci sarebbero già gli estremi per spostare la discussione nelle aulee dei tribunali, ma nessuno muove un dito. Insomma, non serve una nuova legge ad hoc, basterebbe semplicemente che la community si prendesse la responsabilità che gli spetta, ovvero denunciare sul serio gli episodi sospetti. E non per far un torto a qualcuno in particolare ma per tutelare se stessa. Ormai pare essere troppo tardi, perché tutti in qualche modo sono coinvolti nella misura in cui hanno l’amico, la sorella, lo zio, il vicino di casa e via dicendo, ha combinato qualcosa di poco trasparente almeno una volta. Le persone disoneste sono ovunque, intendiamoci, ma un sistema così endemico come accade in Italia non sono sicuro che esista negli altri paesi. ”
“Noi per mentalità siamo troppo poco inclini ad escludere le persone disoneste trovando mille scusanti per giustificare i fatti: ‘sai è giovane, sai non voleva davvero imbrogliare’. Un po’ come accade con la nostra classe politica che infatti, per quanto sempre sotto accusa, ci rappresenta alla perfezione. Sempre il piede in due scarpe, sempre posizioni ambigue all’insegna del ‘si,ma…’ o del ‘non sono affari miei…’”
Eppure esistono diversi casi in Italia per cui PokerStars ha avuto tolleranza zero anche a fronte di episodi di poco rilievo. Cosa risponderebbe ‘quattroganci’ a questa frangia di persone?
“Beh intanto definiamo il concetto di ‘piccolezza’, ovvero ciò che comunemente si intende con un’infrazione fatta senza un vero e proprio intento truffaldino. Io sono il primo a dire che il ban non sia l’unico strumento attuabile o il più efficace: è vero che esistono circostanze e circostanze, alcune sicuramente più dannose di altre. Per intenderci, fare collusion o fare chip dumping non è la stessa cosa, seppur entrambe vietate dal regolamento. Tutti quanti in fondo abbiamo accettato un contratto sottoscrivendo un account, ma alla luce dei fatti pare che io sia uno dei pochi ad averlo effettivamente letto. Battute a parte credo che sia ora di introdurre sanzioni pecuniarie per chi viola le regole, ma anche tra quelli che si lamentano nessuno si è mai azzardato a proporre questa cosa.”
“L’impressione non è che non sia possibile farlo, ma che questa strada non sia proprio stata presa in considerazione. L’idea di presentarsi davanti a un tribunale implica che ci siano dei soggetti esperti in materia in grado di saper valutare il da farsi, il che non è semplicissimo. Senza stare troppo a girarci intorno, la questione è molto concreta: se io gioco contro qualcuno devo sapere con certezza che dietro quel computer ci effettivamante quella persona. Stop.”
Alcuni tuttavia criticano il modo di operare della security, sostenendo che i controlli non siano affatto mirati ma vengano fatti a pioggia e ogni tanto alcuni player paghino anche per gli altri, diventando così dei capri espiatori:
“Questo viene detto generalmente da chi viene bannato. Per esperienza so che il mio account, almeno una volta, è stato controllato mano per mano a seguito di un’indagine condotta dal reparto di sicurezza. Ecco, in quell’occasione venni contattato e mi vennero poste delle domande ben precise sul perché avessi delle frequenze diverse di 3-bet contro alcuni giocatori in particolare. Mi è stato inviato un file dettagliato, scritto da qualcuno che comprende il poker molto a fondo, con diversi punti nei quali mi si chiedeva una spiegazione tecnica. Io a tali domande ho dato delle risposte tecniche, argomentando a fondo i motivi delle mie scelte, e non ho avuto nessun tipo di ban o ripercussione. Quindi io alla storia del ‘ho misscliccato e m’han bannato’ credo davvero poco. La poker room sa tutto sui giocatori su sample di milioni di mani, perché un errore può capitare a chiunque ma una tendenza ha radici ben diverse. Per concludere, dubitare della security è una vera assurdità perché le verifiche sono molto approfondite e prima di prendere un provvedimento significa che sono state fatte indagini mirate.”
E voi cosa ne pensate delle osservazioni fatte da Nicola Valentini? Scriveteci un commento sulla nostra Fanpage!