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Marco Bognanni bacchetta la new generation: “Manca l’umiltà e per sentirsi grandi sanno solo denigrare gli avversari!”
A differenza di ciò che accade oltre confine, in Italia pare esserci una continua ‘lotta’, o meglio confronto, per stabilire chi sono i poker player più forti del panorama nostrano.
Sui social il dibattito è stato più volte acceso e, di fatto, mai si è arrivati a una conclusione. Sempre che ce ne sia una.
Il ‘celodurismo’, insomma, è sempre lì dietro l’angolo, pronto a spuntare come il più malefico dei river.
Basarsi solamente sul profit parrebbe troppo superficiale, ma allo stesso tempo è difficile stabilire quali possano essere i criteri per stilare una classifica di merito o qualcosa di simile.
Qualche giorno fa, sfruttando la propria fanpage, Marco Bognanni ha chiesto: “Per stilare una classifica, quali sarebbero i 5/6 criteri per valutare oggettivamente un giocatore di texas hold’em?”.
Abbiamo colto la palla al balzo e il buon ‘MagicBox’ ha risposto a qualche nostra domanda.
IPC: Innanzitutto, Marco, chiediamo a te quali sarebbero i criteri per valutare un poker player.
Marco Bognanni: E’ un discorso molto particolare, per comprendere la forza di un giocatore ci sono diversi criteri soggettivi, ma per stilare una classifica bisognerebbe trovarne alcuni oggettivi sui quali poter valutare veramente la totalità delle qualità di un player. Da tenere in considerazione sarebbero: mindset, bankroll management, talento, capacità di adattamento, autocritica e autovalutazione, capacità di apprendimento, commettere meno errori possibili.
IPC: Sulla base di tali criteri, chi sono in Italia, per te, i giocatori più completi/forti?
Marco Bognanni: Il tutto nasce come divertimento, o passatempo che dir si voglia, dal momento che ho letto diversi post di ragazzi pokeristi che millantavano conoscenze di gioco profonde, oppure che idolatravano professionisti high stakes, o ancora peggio che tendevano a classificare i giocatori in base alle loro vincite su Hendon Mob. Ci sono un sacco di valutazioni da fare, ma mi sento di poter dire, dopo otto anni di professionismo, che le vincite lorde live od online debbano essere l’ultimo o il penultimo criterio per valutare un player. Se dovessi farti tre nomi di giocatori italiani che stimo e che mi hanno impressionato quando li ho trovati al tavolo direi Sergio Castelluccio, Armando Graziano e Alessio Isaia.
IPC: Momento autocritica. Dove credi di esser stato carente in carriera? Invece il tuo punto di forza?
Marco Bognanni: Diversi difetti hanno attraversato la mia carriera, alcuni sono riuscito a sistemarli, altri sono nati col tempo e altri fanno parte della mia natura. Primo fra tutti: l’essere stato sempre troppo attaccato alla realtà, perciò nel live non mi sono mai espresso al 100% delle mie potenzialità. Per farti capire meglio, quando giocavo da sponsorizzato sapevo che ogni torneo live avrebbe potuto cambiarmi la vita e ragionando in questa maniera sbagliata mi sono precluso delle possibilità. Pensavo più alla sostanza che alla forma. Altra pecca di cui mi pento tutt’ora, il non essermi applicato a dovere per switchare il mio gioco da MTT a cash game nel periodo dell’avvento del cash online nel 2011. Ho lasciato passare del tempo preferendo sempre gli MTT e ho cercato di imparare questa nuova formula da autodidatta, lasciando alle mie spalle la possibilità di vincere parecchi soldi. Non sono stato lungimirante e nemmeno troppo ambizioso. Mi sono crogiolato nel mio brodo di giuggole (ride). Per quanto riguarda il punto di forza: 100% mindset. Potrebbe capitarmi qualsiasi cosa, eppure riuscirei a essere sempre razionale e a riflettere sugli aspetti costruttivi. Troppo facile attaccarsi alla sfortuna…
IPC: Ultimamente aleggia un po’ di critica riguardo la sopravvalutazione, tale o presunta, dei giocatori italiani: qual è il tuo punto di vista?
Marco Bognanni: C’è sempre stata e sempre ci sarà in questo mondo una percezione completamente sbagliata degli avversari. In Italia vedo molti ragazzi che cercano di sminuire gli altri giocatori postando le loro mani su Facebook… Che razza di comportamento è questo?! Riuscireste a immaginarvi Federer, eliminato ai quarti di un torneo Grande Slam, postare sui social il punto in cui l’avversario vince grazie all’aiuto della rete? Oppure LeBron James che perde una partita e dà la colpa alla sfortuna? A questa generazione di giocatori di poker italiani manca l’umiltà, vogliono tutti stare al centro dell’attenzione e vogliono sentirsi il Phil Ivey o il Fedor Holz della situazione. E tutto quello che fanno per sentirsi grandi è semplicemente denigrare i propri avversari, come se fosse un merito essere mediocre tra gli scarsi. Spezzo una lancia a favore dei cashgamer, la maggior parte di loro vive e lavora in tranquillità senza dover dimostrare niente a nessuno, pensando solo al miglioramento e al profit. Infatti questa sopravvalutazione insita nei giocatori italiani riguarda soprattutto i torneisti. Può sembrare un controsenso, ma ringrazio il destino che mi fece finire in settima posizione il mio primo IPT da 2.200€ nel lontano 2009, dopo solo sei mesi che avevo intrapreso questa difficile strada. Se non si ha la testa sulle spalle, vincere un torneo equivale a montarsi la testa e a sentirsi onnipotenti. Molti giocatori cui capita la fortuna di vincere quando sono alle prime armi capiscono i propri errori solo una volta che hanno dilapidato il bankroll.
IPC: Marco, è così ampio il gap tra grinder italiani e stranieri?
Marco Bognanni: La differenza c’è e non è nemmeno troppo sottile, sia nel gioco sia nei comportamenti. Inoltre un fattore decisamente importante è la vastità del field dot com. Un giocatore ben preparato e vincente sul punto it potrebbe trovarsi davvero in difficoltà a combattere con gli swing e la varianza che il dot com cela dietro i suoi montepremi faraonici. Non penso comunque che la colpa di tale differenza sia da attribuire solamente alla poca voglia di studiare e migliorarsi dei player nostrani, piuttosto penso che il limitato bacino d’utenza di cui dispone l’Italia non permetta di confrontarsi con un livello così avanzato, funzionale a dare spunti per riflessioni costruttive.