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Aneddoti da Tournament Director: i tre casi più estremi della carriera di Christian Scalzi
Carisma e personalità. Caratteristiche che, qualora spiccate, ti portano inevitabilmente a emergere e brillare.
Christian Scalzi, 45 anni da Ospedaletti (Imperia), ma Sanremese d’adozione, ha conquistato negli anni sempre più stima da parte di tutti gli addetti di settore diventando uno dei Tournament Director più ‘ricercati’ e apprezzati al mondo.
Noi che abbiamo la fortuna di aver collaborato ‘trasversalmente’ con lui in più di un evento live, abbiamo il privilegio di poterlo stuzzicare così come faremmo con un amico di vecchia data.
Nella chiacchierata odierna, abbiamo voluto indagare sui più curiosi/spinosi casi in cui si è imbattuto nel corso della sua carriera.
Con la consueta disponibilità, Scalzi ci ha raccontato diversi aneddoti singolari:
“Quello su cui dobbiamo stare più attenti e concentrati, ciò su cui dobbiamo porre massima attenzione riguarda il comportamento dei giocatori al tavolo. E’ nostro compito sorvegliare e garantire l’integrità e la regolarità del gioco, vigilando ed eventualmente sanzionando i cosiddetti ‘angle shooting’, azioni scorrette da parte di player, fini a produrre un vantaggio non lecito. Il primo episodio che mi viene in mente a riguardo risale ad un Norwegian Poker Tour di qualche anno fa. Un giocatore mi fece notare che un player al tavolo annunciava ‘raise’ per poi attendere diversi secondi prima di scegliere l’ammontare delle chips da investire. Così facendo, poteva trarre info dal body language dei giocatori posizionati dopo di lui ed eventualmente prendere la scelta in base a questa info extra.”
In quel caso bastò un richiamo verbale, ma quanto accaduto a Praga qualche tempo dopo costrinse Scalzi ad adottare misure decisamente più drastiche:
“A volte dobbiamo necessariamente essere severi nei nostri giudizi e nelle decisioni da prendere. In Repubblica Ceca, ad un satellite in cui c’erano in palio 10 ticket per il main event, diversi player locali iniziarono a parlare nella loro lingua, cercando di accordarsi per non farsi del male a vicenda. La collusion è ovviamente vietata in ogni genere di competizione e in quella circostanza, dopo aver monitorato la situazione attentamente, arrivai addirittura a squalificare il chipleader, che su all-in di 3bb da parte di un suo amico decise di foldare da bb. Tralasciando il fatto che si tratterebbe di un call pressoché ATC, in quella situazione decisi di vedere le carte passate e scoprii A-Q. Fine dei giochi e squalifica immediata.”
Il compito di floorman e tournament director ha poco a che vedere con quello di gendarmeria; serve autorevolezza, non autorità. Detto questo è chiaro che alcune situazioni non possono passare sotto traccia e i provvedimenti vengono da sé.
Un altro curioso caso è legato ad un ‘Battle Of Malta’:
“Ricordo perfettamente quella circostanza, che tra l’altro torna molto ‘attuale’, visto che il nocciolo della questione riguardava l’esagerato tanking da parte di un giocatore. Dopo aver richiamato verbalmente il soggetto in questione, il dealer al tavolo mi convocò nuovamente per segnalarmi la reiterazione dell’accaduto. Arrivai al tavolo dando l’ultimo avvertimento al player in questione, che replicò verbalmente con una risposta a tratti sconcertante: ‘Ok, Mister. Rispetto il suo operato e ogni eventuale decisione. Anche se sono noto per essere un pensatore, cercherò di accelerare.’. Poi, girandosi, verso il dealer: ‘A lui (indicando me) lo rispetto, a te dopo ti ammazzo!’ A quel punto gli diedi immediatamente 3 giri di penalità, invitandolo a chiedere scusa al Dealer. Fortunatamente, da lì in poi, decise di calmarsi. Chiaramente fu una situazione piuttosto spiacevole a cui assistere, ma in serata, in un meeting con i dealer, ci ridemmo tutti su.”
Facendo riferimento al passato più recente, Christian ammette di non aver avuto grosse problematiche da gestire, ma è sempre più consapevole dell’importanza nell’unione dello staff per evitare qualsiasi genere di ‘malumore’ ai tavoli:
“Il dialogo e il rapporto con i dealer, che va di pari passo con la fiducia reciproca, è fondamentale perché tutto scorra regolarmente. Una delle cose che mi è rimasta più impresse in tempi recenti è legata ad un evento all’Aria di Las Vegas, in cui ho lavorato al fianco di Matt Savage e in cui c’erano addirittura 5.000 iscritti. Gestire una Waiting List infinita, con tanti giocatori e differenti day1 mi ha fatto capire quanto sia importante la programmazione e la collaborazione con i colleghi ed è stata senza ombra di dubbio che mi ha permesso di maturare ulteriormente.”