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Candio: “La mia fortuna? Aver visto poche carte”
LAS VEGAS – “Cosa farò con tutti questi soldi? Innanzitutto oggi al Venetian faremo un bell’upgrade di stanza. Ma vi pare che io mi debba svegliare tutte le mattine e vedere Galb in mutande?” ride Filippo Candio. Il sole è già sorto su Las Vegas.
Riunito fuori dal Rio c’è il gruppo di fedelissimi sostenitori che oggi, come nei giorni scorsi, ha sostenuto Pippo dalle tribune del “centrale” della Amazon Room. Dario Alioto, Gabriele Lepore, Max Pescatori, Fabio Coppola, Gianluca Speranza, Flavio Ferrari Zumbini. Tutti insieme, nella buona e nella cattiva sorte.
Soprattutto buona, va detto, specie in quel pot vinto con 5-7 facendo scala all’opponent che era avanti al 90% al flop con i suoi due assi su board 5-6-6. “Nella decisione presa in quella mano – spiega Filippo – hanno influito una lunga serie di fattori. Tra cui il fatto che sapevo che Cheong era uno “spewone”, come mi aveva confermato anche Gianluca Speranza che lo aveva trovato a lungo al tavolo. Poi ho sbagliato il momento per la giocata in check raise “committandomi”, è vero, ma non è che una mano su un milione debba far testo”.
Certo che no. Anche perché il Candio di oggi infatti ha saputo mostrare quella faccia matura e consapevole che in passato non gli avevamo mai visto tirar fuori. “Oggi la giornata è andata come l’avevo programmata. C’era da star lì, tener duro”. In altre parole, aspettare. Una cosa contro natura per il gioco di Filippo. Ma che lui è riuscito a fare comunque. “Vuoi sapere qual è stata la vera fortuna? Che per gli ultimi due giorni sono stato completamente card dead”. Non scambiatela per la solita lamentazione da player italico che si autocelebra per avercela fatta senza l’aiuto della sorte. “No, no, è stata proprio fortuna, altrimenti se avessi avuto più mani giocabili non ce l’avrei fatta ad arrivare in fondo”. Perché era aspettando con pazienza e maturità che si poteva fare November Nine.
E che, come ammette Filippo stesso, sia “maturato” lo si capisce anche nelle considerazioni di fine torneo, in cui implicitamente fa capire di non aver intenzione di buttar via quello che si è appena guadagnato. “Questa occasione la voglio sfruttare bene. Magari dopo novembre mi ritiro dal poker – ironizza forse riferendosi all’abbandono di Peter Eastgate – ma prima di sicuro voglio fare il possibile per mettere la mia famiglia nelle condizioni di poter fare a meno di lavorare, se lo vuole”. Prima, però, c’è da concedersi alle interviste di una Espn che pare proprio essersi innamorata della sua immagine da Pierino la peste. C’è da preparare un tavolo finale. Ci sono da definire dettagli con chi, nella fattispecie Full Tilt, ha creduto in lui fin da metà torneo.
E chissà quali mille altre cose. A proposito di sponsor. Voglia di togliersi qualche sassolino dalla scarpa? “No, no, non mi interessa”. E’ proprio maturato, ‘sto ragazzo. Forse ha capito anche lui che, non fosse successo quel che è successo con Pokerstars che, per chi non lo sapesse ancora, lo ha scaricato ufficialmente per un problema di account sharing, forse lui non sarebbe maturato così. E, forse, non sarebbe stato qui stamattina, a guardare il sole sorgere su Sin City sapendo di avere solo otto giocatori da battere a novembre per poterla conquistare.
Las Vegas, dal nostro inviato Rudy Gaddo