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A lezione di business da Mustapha Kanit: Focus ancora sul poker, ma metà dei miei investimenti sono altrove
Per chi ha cominciato a giocare a Texas Hold’em una decina d’anni fa, o forse più, personaggi come Dario Minieri o Filippo Candio sono stati la proiezione di quel che noi ex-ventenni avremmo voluto essere, pokeristicamente parlando s’intende.
Giovanissimi, spregiudicati, ricchi e pure un po’ famosi, perché in quegli anni il poker sembrava un fenomeno di massa che non voleva saperne di arrestarsi.
In pochi però si sono rivisti in quel che, a furor di popolo, è indubbiamente il miglior pokerista italiano assieme a Dario Sammartino: Mustapha Kanit.
La questione è molto semplice: Dario e Filippo si sono trovati al posto giusto e nel momento giusto, hanno scritto la storia ma non hanno mai dato l’impressione di essere degli alieni.
Questo ha sicuramente aiutato l’appassionato comune a immedesimarsi in loro, a pensare che in fondo con le dritte giuste e una buona dose di fortuna l’Eldorado non fosse poi così lontano.
Mustapha Kanit invece ha sempre fatto terra bruciata attorno a sé. E’ stato il numero uno nei tornei online in Italia quando ancora non aveva vent’anni ed è stato tra i primi ad essersi trasferito all’estero per confrontarsi sul “dot com”, affermandosi nel tempo anche lì come uno degli uomini da battere.
Insomma, immedesimarsi in lui non è la cosa più facile del mondo, semplicemente perché inarrivabile.
In quel di Barcellona abbiamo avuto il piacere di parlarci a quattrocchi per farci raccontare qualcosa sulla sua vita negli ultimi tempi. E lo abbiamo fatto con estrema disinvoltura, cominciando da un semplicissimo…
Ciao Musta, come te la passi?
Me la passo bene, sto facendo tante cose, da novembre sono tornato a Londra dopo esser stato 3 anni a Vienna.
Motivo del cambio?
Perché la maggior parte dei miei investimenti sono in UK e anche a livello di network il migliore era lì, quindi penso che a livello di opportunità e crescita Londra sia l’ideale per me. Sia perché ormai parlo la lingua fluentemente, sia perché anche la mia ragazza, con cui mi sono trasferito, non voleva più vivere in Austria e Londra era la scelta giusta per entrambi insomma.
Un bel ritorno o lo stacco è stato difficile?
Bellissimo. Vienna è una città che personalmente non mi è mai piaciuta troppo, artisticamente è splendida ma è una città che vive di giorno, molto “on the clock” mentre io sono più dall’altro lato, ho orari miei e più in generale non era la mia situazione ideale.
A Londra vivo meglio, è una città che dà mille opportunità. Chiaro, superati i trent’anni magari non vivrei più lì perché è troppo caotica, ma quando hai tra i 20 e i 30 è una delle migliori possibilità che ci sono in Europa.
E le tasse?
Londra è l’unico posto in Europa dov’è scritto per legge com’è la tassazione sul poker, mentre Vienna è “grey” ovvero è free-tax ma non c’è una legge vera e propria. C’è un precedente dove il giocatore non ha dovuto pagar tasse perché per loro è così e quindi fa legge, mentre a Londra è tutto regolamentato.
A livello di contatti invece?
Se il tuo focus è essenzialmente il poker, Vienna è un ottimo posto dove stare, perché comunque c’è un’ottima community, ci son tanti tedeschi, c’è possibilità di crescita nel poker. Overall non era una scelta ottimale perché non parlare la lingua per me era un handicap. Sicuramente è molto più facile parlare di qualsiasi cosa, vedere numeri e analizzare in lingua inglese rispetto al tedesco.
Piccoli Musta crescono
Sono tanti i poker player che, una volta messo da parte qualcosa, hanno cominciato a diversificare gli investimenti con maggiore o minor successo, svincolandosi progressivamente dal poker giocato.
Mustapha Kanit non fa eccezione, anche se lungi dal voler appendere le carte al chiodo sotto i trent’anni come alcuni suoi illustri colleghi:
Il mio focus è ancora sul poker, al momento diciamo che è 50/50, forse 60/40 dai. Ma perché penso che il poker sia incredibile per fare da zero a tanto in poco tempo, è uno dei migliori metodi che ci sono, poi però bisogna imparare a investirli, i soldi. Bisogna imparare a “buildare equity”. Il poker ti da tanti asset che poi devi coltivare e far crescere in qualcos’altro. Come tanti altri giocatori stanno facendo tra l’altro, dopo aver fatto il mio stesso percorso, perché il poker penso sia limitativo a livello di liquidità.
Ha un alto rischio relativo, perché comunque i ROI sono buoni anche se non sono costanti come potrebbe essere nel business e il rischio è sostanzialmente più alto. Poi certo, faccio anche altre cose a ROI basso e rischio alto, perché comunque quella è la mia tendenza, ma faccio anche cose più sul long term, quindi è tutto molto relativo.
Quale insegnamento che hai tratto dal poker riesci ad applicare in altri campi?
Il long term applicato a qualsiasi business. Pensare al long term, pensare al concetto di “building equity” che è una cosa importante e anche il metodo di studio è importante. Specialmente per me, perché quando sono cresciuto io nel poker si viveva un momento in cui l’esigenza era quella di pensare fuori dagli schemi, poi analizzavi e cercavi di trovare delle risposte…Ed è una cosa che ho trovato utile anche in altri campi.
Il discorso è che nel poker, raggiunto un certo livello, per compiere un ulteriore passo in avanti devi studiare davvero tante ore quando in altre cose puoi dedicare lo stesso tempo per avere una curva d’apprendimento molto più alta. Non voglio trovarmi a 50 anni a giocare live o a girare perché non è la vita che vedo per me, piuttosto se a quell’età vorrò farmi un Main andrò a farlo, ma non voglio fare il grinder per il resto dei miei giorni. Se pensi a sistemarti con famiglia o altro devi diversificare.
E tu hai questa intenzione?
Nel giro di 3 /5 anni potrebbe essere, ma ora ho 28 anni e non ci penso. E’ comunque un grosso impegno in termini di tempo e deve esserci il momento giusto per farlo, ora non è questo il momento ma in futuro sicuramente.
Se vi siete persi il Musta-pensiero sulla liquidità condivisa, DATE UNO SGUARDO QUI