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Mustapha Kanit sulla cavalcata di Dario Sammartino al Main Event WSOP: Il suo risultato? Un bene per tutti
Immaginate di trovarvi assiepati dietro al rail del tavolo finale del Main Event WSOP a tifare uno dei vostri migliori amici che si trova lì a lottare per il titolo di campione del mondo.
Che sensazioni si provano nel vedere un sogno realizzarsi, nel condividere un momento così importante per la carriera e per la vita di entrambi?
Nel nostro incontro in quel di Barcellona durante l’EPT di fine agosto, abbiamo chiesto a Mustapha Kanit di raccontarci la cavalcata di Dario Sammartino dalla sua prospettiva. Ed ecco cosa ne è uscito fuori…
Uno per tutti, tutti per uno
“E’ stato bellissimo, un’avventura fantastica. Un po’ il sogno di tutti quanti. Dario è un fratello, ci conosciamo proprio dall’inizio e il fatto che fosse lui a giocare non ci impediva di vivere il sogno con lui. Eravamo tutti lì ed è stata un’esperienza davvero particolare, a prescindere dal ritorno economico.”
E se il secondo posto di Dario, paradossalmente, fosse da stimolo a tutti gli italiani che sognano di compiere l’impresa al Main Event?
“Non è che se qualcuno lo vince prima di te ti toglie il sogno o mette la tua esperienza in secondo piano. E’ un’esperienza talmente unica che…Ad averceli dieci italiani campioni! E’ una cosa che fa bene al movimento e fa bene alla liquidita di tutti, perché il Main è uno dei tornei dove si swappa di più. Quindi ben venga che ogni anno ci sia un italiano al tavolo finale per entrambe le ragioni.”
La vittoria? Un bene per tutti
“Sarebbe stato fantastico se Dario avesse centrato la vittoria perché avrebbe avuto un risalto migliore, ma purtroppo viviamo in un paese in cui le eccellenze italiane non vengono apprezzate. Io e Dario, nel poker, abbiamo fatto cose che sono fuori da ogni cognizione di logica e non siamo mai stati apprezzati dal nostro Stato.
Io ci speravo sinceramente, speravo che Dario potesse avere un buon risalto mediatico perché all’estero questo è accaduto molto più che in Italia, soprattutto in America. E’ un vero e proprio paradosso perché ci sono poche attività nelle quali gli italiani hanno avuto così tanto successo oltre i confini nazionali, specialmente attività che hanno bisogno di uno skill set.”
Il ricordo degli inizi
“Siamo partiti che io giocavo i 5 euro e Dario ricordo che alla prima trasferta aveva 3K di bankroll. E’ assurdo che nessuno dei due sia stato in alcun modo spinto o supportato dal proprio Stato. Non solo, perché il paradosso più grande è il pregiudizio che si ha sul gambling, anche se noi professionisti sappiamo benissimo di non essere dei giocatori d’azzardo. Per fare un esempio molto banale, se parli con un giocatore di scacchi e lui sa che giochi a poker hai un rispetto incredibile, il che spiega bene la dimensione di ciò che facciamo.”
Da quei giorni al presente di cose ne sono cambiate tante. Mustapha Kanit e Dario Sammartino sono stati i primi italiani a calcare la scena high roller, quando ancora il fenomeno dei tornei a quattro o cinque zeri di buy-in stava prendendo piega, collezionando splendidi risultati in giro per il mondo.
Ma se prima gli high roller costituivano un’eccezione all’interno del palinsesto in un festival, oggigiorno la scena pokeristica risulta essere spaccata in due: da un lato i tornei “normali” e dall’altro quelli per l’elite del poker.
E’ ancora + EV giocarli o il rischio è troppo elevato?
“C’è ancora la possibilità di fare profitto, solo che più maturi, più diventi grande e più trovi altre cose che ti danno ritorni più alti con rischi minori. E’ un po’ insito nella natura umana, più cresci e meno tendi a rischiare.
Ora non penso che Dario, dopo aver fatto secondo a Vegas, si butti a tutti gli high roller, semplicemente perché siamo persone diverse rispetto a quattro, cinque anni fa. E c’è un EV diversa…”
Se vi siete persi la “lezione di business” di Mustapha Kanit DATE UNO SGUARDO QUI
Photo Credits: Partypoker Live