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Flop azzurri, stanchezza e quel “welcome” che mette tristezza
LAS VEGAS – “You are welcome” ti rispondono cortesissimi da queste parti camerieri, benzinai o giocatori a cui chiedi a che limite si sta giocando al tavolo in cui vorresti sederti.
“Welcome to the fabolous Las Vegas” recita il mitico cartello che sulla Strip dà il benvenuto al viaggiatore in arrivo dall’aeroporto.
Il concetto è chiarissimo, l’abbiamo capito: se sei un turista o un giocatore di poker che porta dei soldi, in questo lembo di deserto del Nevada sei persona gradita. Lo sono di certo i rounder nostrani, arrivati a queste World Series of Poker 2009 con grandi ambizioni, ma per ora rimasti per lo più a bocca asciutta. Il saldo entrate-uscite, per tutti o quasi, è ampiamente negativo, con note di demerito particolari, spiace dirlo, per Dario Minieri e Alessio Isaia, che in questi tornei di flop (e purtroppo non nel senso “pokeristico” del termine) ne hanno inanellati a dozzine senza avvicinarsi nemmeno a una parvenza di tavolo finale.
Facile quindi capire come non tiri una grande aria nella truppa azzurra a meno di ventiquattr’ore dallo shuffle up and deal del Main event. Per tutti c’è la voglia di riscatto, certo, ma l’entusiasmo è un’altra cosa. In queste ore i nostri occupati sono per lo più a completare, per dirla con termini rubati all’economia, la diversificazione del proprio portafoglio di rischio scambiandosi quote del main con i connazionali più affidabili.
Oppure ad assicurarsi la possibilità di volare a casa quanto prima qualora già dal day1 di “The Big One” le cose dovessero mettersi male.
“Sono qui da un mese, sono proprio stanco” dice Andrea Benelli, che pure due piazzamenti in the money per limitare i danni li ha fatti e che oggi si farà una dormita epocale per ritrovare energie in vista dell’esordio. “Ho scelto di giocare subito nel day1A perché penso ci saranno i giocatori di livello più basso. L’anno scorso trovai un tavolo facilissimo e volai tra i chip leader delle prime giornate di torneo quindi penso ne valga la pena. E poi così, se le cose dovessero andare male, avrò la possibilità di tornarmene a casa prima anticipando il volo di rientro”.
Altro player, stessa musica. “Se esco subito dal main, anticipo l’aereo e rientro. Non ne posso proprio più di stare qui”. A parlare stavolta è Claudio Rinaldi. Anche per lo svizzero le tre bandierine conquistate quest’anno, più una bolla in coraggioso semibluff nel six-handed che oggi assegnerà l’ultimo braccialetto di questa edizione prima del grande ballo, non sono bastate a fare pari nel bilancio dell’edizione.
“Non ne posso più di Las Vegas” sbraita invece Isaia, da giorni sull’orlo di una crisi di nervi per la perdurante assenza di risultati. Più sereno a casa Sisal, impegnato nel più totale relax tra piscina, uscite serali e gite, Dario Alioto, che comunque il suo lo ha fatto conquistando due tavoli finali.
Di altro umore invece Dario Minieri, che come l’omonimo Ryu in giro in questi giorni si vede pochino. Benelli confida d’averlo visto un po’ giù. Capiamo. “Sta molto in camera, al Bellagio. Ma non sta facendo altri tornei in giro né va a giocare del cash. Penso giochi on line, come d’altronde sto facendo io”.
Altri italiani, in questi giorni pre-Main, si stanno invece concentrando sulla clamorosa offerta di tornei che in questi giorni anima Sin City. Alfonso Amendola con il suo fare spaccone da siciliano alla conquista dell’America dichiara di voler fare rotta sui tornei del World Poker Tour che sono iniziati ieri al Bellagio. Comunque gli vada, lui l’America l’ha già conquistata coi suoi ristoranti. Salvatore Bonavena e moltissimi altri fanno spesso tappa ai tornei del Venetian, che tra il 500$ giornaliero e il 2.000$ della scorsa settimana ha distratto l’attenzione di tanti azzurri dal Rio.
E Luca Pagano? Lui, silenziosamente, è arrivato, ha fatto un paio di “eventini” Wsop tanto per ambientarsi, oggi giocherà l’Ante Up for Africa, torneo di celebrità organizzato a fini benefici che si concluderà già in giornata, e poi punterà tutto sul Main.
Che quella del trevigiano sia la strategia giusta per arrivare freschi a un torneo con struttura sconfinata e davanti dieci giorni di battaglia verso il tavolo finale che può cambiare una vita? Speriamolo, anche se Luca da queste parti non ha mai fatto granché. Perché altrimenti da queste parti saremo sempre più “welcome”. Nostro malgrado.
Rudy Gaddo